
Inutile negarlo: tra gli stati europei, l' Italia è quella messa peggio. E' una balla stratosferica, ad esempio, quella di dire che Francia e Germania hanno più immigrati di noi. Non è vero. Da loro c'è stato un gradualismo e anche un assimilazionismo che noi ce lo sognamo. E se è vero che a Lione ho visto parecchie donne imbacuccate fino agli occhi che per un momento credevo d'essere a Teheran o a Riad, non esiste un fenomeno analogo nelle provincie agricole francesi, le quali conservano intatte la loro identità. E poichè la Francia è un'immensa provincia agricola fatta di piccoli villaggi, di piccole e medie città che ruotano intorno a Parigi, è proprio grazie a ciò che se la cava assai meglio di noi, i quali siamo il Paese delle Cento Città e dei mille piccoli borghi che, dall'età dei Comuni a oggi, sono sempre più estesi e densamente abitati. Ma guardate, ad esempio, Padova e Vicenza come si sono degradate, a causa delle migrazioni incontrollate!
"
Vous etes en prémière ligne, c'est dommage pour un si beau Pays", mi dicono gli amici francesi commiserandoci

un po' a proposito di immigrazione. E io lì ogni volta a spiegar loro che così vuole l 'Ue (trasformarci nella
Poubelle d'Europe, la pattumiera d'Europa). Che così vogliono le associazioni benefiche che ruotano intorno alla Chiesa; che così vuole la nostra
gauche (che poi è un'altra chiesa, ma
rossa) e i nostri
syndicats (per ottenere voti e tessere); che non abbiamo governi decisi e a muso duro che sappiano farsi rispettare nelle loro decisioni.
Certo le grandi metropoli come Parigi e Marsiglia hanno molti immigrati e il fenomeno delle pericolose
banlieues. Ma le
fermes (fattorie francesi) sono quasi tutte a gestione familiare autoctona. L'allevamento dei bovini pure. I grandi "
vignobles" sono tutti patrocinati da francesi e la ristorazione con le ricette tipiche della loro cucina (che varia da regione a regione come avviene anche da noi) vengono tramandate di generazione in generazione. Nella Borgogna non ho visto negozi di
kebab nemmeno a pagarli a peso d'oro e le aziende vinicole sono saldamente nelle mani dei francesi. E dato che il turismo "rurale" (
gites de charmes,
chambres d'hotes, situati in luoghi incantevoli) lo hanno inventato proprio loro, anche questa fetta di commercio e di industria è più che mai nelle loro mani. Nelle loro città del Centro e del Nord (Macon, Chartres, Orléans, Rouen) non ho visto botteghe e negozi con orrende insegne in cinese come a Milano. E nemmeno con scritte arabe. Tanto meno in Bretagna e in Normandia.
Sconfinate distese di grano e di cereali dappertutto creano un paesaggio certamente più uniforme e noioso a guardarsi, del nostro il quale ha un'orografia assai variegata e pittoresca di regione in regione e di zona in zona (monti, colline, laghi, fiumi, isole,vulcani, coste, ecc) . Ma una cosa è certa: questa gente ha risorse agricole proprie e di fame non morirà mai:
rien que du blé et des vaches, come essi stessi dicono prendendosi un po' in giro. Inoltre nei loro supermercati non espongono molti alimenti stranieri:
d'abord, les produits français. In particolare frutta e verdura.
Passiamo al capitolo 2
: l'energia nucleare. In queste vaste distese non è diffic

ile imbattersi in centrali nucleari (ne hanno già 55), e i loro piani energetici prevedono altre nuove installazioni per far fronte alla crisi petrolifera mondiale. Il risultato di tutto ciò è sotto gli occhi di ciascuno di noi: importiamo energia da loro pagandola a caro prezzo e - alla faccia degli utili idioti ecologisti di casa nostra - subiamo gli stessi rischi che averli a casa nostra. Tanto vale, allora, avere centrali e risorse energetiche proprie. Siccome le loro pianure sono esposte ai venti del Nord provenienti dalla Manica, sfruttano anche, laddove è possibile,
l'energia eolica e non è raro vedere piccole centrali eoliche disseminate qua e là nel territorio.
Un'ultima piccola cosa: libri e dischi. Nelle librerie che ho visitato c'erano innanzittuto libri francesi e meno
best seller angloamericani che da noi. E alla radio hanno una legge che obbliga a trasmettere il 70% di musica leggera francese e il restante 30% straniera. Chiamatelo se volete "colbertismo" o "protezionismo", ma è così. Poi si ripassa il valico del Monte Bianco e allora, insieme a desolanti bollettini sulla viabilità e sulle code, si sente musica americana a gogò, perfino con orrendi
rap:
buongiorno Italia!