In Gennaio si propiziano riti agricoli arcaici un tempo pagani, opportunamente assorbiti dalla Cristianità come i falò di San Antonio Abate, protettore dei contadini e degli animali agricoli che cade 17 gennaio. In alcune località della bassa padana sopravvive la tradizione della Giöbia, la vecchia strega, e permane ancor oggi il simbolo dell’inverno da scacciare mediante un enorme falò per far sparire i mali, affinché possa nascere e germogliare rigogliosamente la nuova stagione con i suoi doni di opulenza. E’ un altro rito di passaggio propiziatorio di origini agricole molto sentito. In particolare a Busto Arsizio, Legnano, Turbigo, nel pavese e nella bassa lodigiana, dove la Giöbia è impersonata da una vecchia fatta di paglia, di stracci, di pezze e di altro materiale combustibile, rivestita di vecchi abiti dismessi, che viene issata su cataste di legna e bruciata in piazza l’ultimo giovedì di gennaio. Forse il suo nome trae per l’appunto origine da Giovia in riferimento al giovedi, storpiato poi nel dialettale Giöbia . Ma ci sono altre versioni etimologiche, altri modi di chiamare "la vecchia" e altre varianti della vecchia strega da bruciare, a seconda delle località. Basta pensare alla Fogheraccia a Rimini immortalata da Fellini in "Amarcord" che però slitta al 19 marzo, alle porte della primavera. (qui il video).
Quel che è certo, è che la Giöbia rappresenta la brutta stagione invernale da bruciare, col fuoco che crepita e scintilla portando via ogni elemento negativo: le malattie, i fardelli della vita ed altro. Era ed è una “festa” pubblica, collettiva, nella quale si mangiavano (e si mangiano) piatti tradizionali costituiti da risotto con luganega (salsiccia) e polenta con i “brüscitt” (l'umido che si fa con la carne trita) ; poi seguiva il “falò”.
Non esiste, pertanto, che un'antica sagra agricola anticipatrice del vicino Carnevale (nelle scuole elementari del basso varesotto e dell'alto milanese questo rito del fuoco viene accompagnato dalle grida festanti dei bambini, con chiacchiere e frittelle da gustare per l'occasione), si stia trasformando in questa miserabile gazzarra polemica solo perché hanno messo la faccia della Boldrini alla vecchia fatta di pezza e stracci.
Parliamoci con franchezza: quante caricature di pessimo gusto sono state fatte contro i politici della Prima Repubblica in passato? Ricordate Andreotti, sempre più ingobbito con orecchie pipistrellesche su tutti i carri allegorici? Eppure non esisteva questa canea. E quanto vilipendio nei confronti di Berlusconi quand'era premier legittimamente eletto usato addirittura come faccia da tiro al Poligono? Con titoli di film che inneggiavano alla sua morte? Altro che "discorsi sull'odio" e Hate Speech! Eppure quest'eco di indignazione a senso unico, con una pletora di giornali servi prezzolati a disposizione della "lesa maestà" come è avvenuto per la Boldrini, non l'abbiamo sentita. Male ha fatto la Lega e Salvini a prendere le distanze mostrando debolezza intrinseca. La verità è che è da tempo che si vuole fare sparire la Giöbia definita "festa sessista" (in realtà festa identitaria) e quanto è avvenuto è solo un miserabile pretesto per cancellarla. Quando si dice acchiappare i classici due piccioni con una fava: da una parte impedire la satira, ma solo a senso unico (quando c'è di mezzo la sinistra e i suoi esponenti), dall'altra cancellare una festa identitaria fortemente legata al territorio. E quando sento papaveri istituzionali lontani mille miglia dal popolo, che vogliono paragonare una sagra paesana con fantoccio, alla stregua del rogo dei libri effettuati dai nazisti, mi vien solo da ridere. Un conto è bruciare opere passate alla posterità per impedirne la libera circolazione e lettura, un altro conto, bruciare l'effige (di carta) di un politico, personaggio di passaggio e dunque effimero per antonomasia (o almeno si spera).
A questa stregua, perché non vietare anche i carri allegorici di Viareggio? Ma in quest'epoca demenziale, va a finire che arriveremo anche a questo, poiché hanno deciso di toglierci tutto, perfino l'arma del sorriso e dello sberleffo!
I romani praticavano il classico panem et circenses; gli attuali politicanti, invece, vorrebbero solo martoriarci di tasse, di espropri e di repressione circa l'uso d' ogni critica e del diritto alla satira. Ma non erano proprio loro quelli del "vietato vietare"? Sì certo, quand'erano all'opposizione, però. Ipocriti che non sono altro.