Ero a Londra proprio nell'ultima settimana della chiusura della campagna elettorale che poi avrebbe portato alla vittoria Cameron. Avevo lasciato simpatici e stravaganti ricordi della
Swingin' London quando la visitai per la prima volta, ma l'ho ritrovata trasformata. In peggio, naturalmente. Cominciamo dalle cabine telefoniche, nel migliore dei casi chiuse col lucchetto e pasticciate con le bombole spray. Quei poveri
double decker bus, simbolo della Londra allegra e spensierata che fu, arrancano penosamente senza nemmeno una corsia preferenziale in una marmellata di traffico. E allora sbuffano ansimano e si fermano ogni due per tre ad ogni semaforo rosso. E Dio sa se ce ne sono di semafori. Al cambio della guardia, i granatieri di sua Maestà si fanno le linguacce da sotto il colbacco di pelo, e si mettono a sghignazzare tra di loro come fossero dei goliardi alla festa di laurea, segno tangibile dell'insofferenza dei tempi per ogni tradizione. Biblioteche antiquarie, vestiti tradizionali in tweed, tessuti scozzesi Mc Gregor se ne vedono sempre meno nella Regent Street. Sì beh, c'è lo show-room di
Burberry e di
Aquascutum con il solito altissimo negrone in livrea, addetto alla sicurezza e le
vendeuses giapponesi, un po' come avviene da noi per Gucci. La famosa biblioteca antiquaria del N.
84 Charing Cross Road da cui trassero il film con Anthony Hopkins e Anne Bancroft è chiusa da tempo e sopravvive malapena una libreria con testi fuori catalogo, lì nei pressi, a pochi abitati dopo. Ma a gestirla, manco a dirlo, è un italiano di nome
Gino, persona simpatica e accogliente quando bagnata fradicia per l'immancabile acquazzone, andai a rifugiarmi là dentro a curiosare tra volumi obsoleti. I londinesi invece, fanno fatica a essere gentili e chiedere loro informazioni sul nome di una via o di una strada significa rassegnarsi a ottenerne un breve segmento. E allora ti tocca fermare almeno un paio di altri passanti per completare il mosaico attraverso altri segmenti di info, e venirne a capo. Eravamo in tre: mia sorella, sua figlia e io e se ci ripenso ce n'erano cose che non quadravano fin dall'inizio. Al Bed & Breakfast sito in St. Pancras ci hanno subito chiesto, non appena arrivate, il pagamento anticipato del soggiorno settimanale. Pezzenti, pensai tra me, il conto si chiede dopo il servizio. Ma dato che il servizio era piuttosto scadente, questi si sono cautelati subito, intascando. La porta della nostra stanza si chiude dall'interno con un vecchio pomello di ceramica, ma non si riapre. Così nella nostra prima mattina di risveglio in Inghilterra, dopo ripetuti goffi tentativi di aprire, siamo rimaste chiuse dentro. Mi affaccio alla ringhiera del balcone per cercare aiuto: inutile, perché gli inglesi tiran dritto senza alzare gli occhi. Chiamo HELP! e mi vengono in mente le parole dei Beatles (
I need somebody help...) Finalmente quell'Alì Babà di magrebino inglesizzato che se ne stava flemmatico alla
reception, si affaccia e gli spiego la faccenda dalla finestra. La padrona arriva sul pianerottolo con un passepartout, ci apre e ci spiega che c'è una sicura che scatta automaticamente. Insomma, una serratura che era un vero gioiello della tecnica. Poi c''è la faccenda ben nota del bidet che gli inglesi non adoperano: pessima cosa, ma
transeamus.
La metropolitana è fatiscente come un vecchio vespasiano con piastrelle ingiallite in confronto alla quale, quella di Milano è un vero salotto. Tra il mezzo pubblico sulle rotaie e il marciapiede c'è un profondo iato, nel quale se un bambino ci mette per sbaglio un piede, si rovina. Invece di porvi rimedio, c'è una voce robottizzata che ripete compulsivamente: " Mind the gap, mind the gap". E sistematelo questo "gap"!
Il cibo com' è noto fa schifo, perfino il pane di un sandwich è precongelato e alla sera andavamo a rifocillarci da Casa Mamma, un ristorante italiano sito in St. Pancras dove ti portano l'olio extravergine in tavola e ti grattano il parmigiano col grattugino domestico direttamente sulla pasta cotta al dente: roba da non crederci. Qualcosa di commestibile a fine giornata, è pur sempre confortante.
Sui pullman non ti fanno salire se i posti a sedere sono occupati: motivi di sicurezza, dicono. Una buona cosa, ma poi non si capisce come mai i metrò siano pieni zeppi di gente di ogni colore e razza attaccati a grappolo alle maniglie e non applicano con rigore gli stessi "motivi di sicurezza". Per andare alle toilette delle metropolitane si paga mezza sterlina da mettere in una sbarra che se non l'azioni con la moneta giusta, non si apre. In caso contrario, te la tieni. La pipì voglio dire.
Ci sono bancomat dappertutto e se ne possono trovare tre o quattro, appiccicati gli uni agli altri. Tutti lì a digitare e a smanettare soldi per la gioia delle loro banche d'affari. In compenso, non si trova un forno né un panificio. Le cattedrali e le chiese da visitare si pagano, of course. Westminster si paga, Canterbury pure, e parecchie sterline. Del resto se lì è stato assassinato St. Thomas Becket, figuriamoci se rinunciano a farne una fonte di lucro. Ci sono in vista i coltellacci appesi alle pareti, simboli del "murder in the Cathedral" ad opera dei soldati di Enrico II il Plantageneto. E' su questo orrendo sacrificio di un arcivescovo poi canonizzato dalla chiesa cattolica, che in fondo nasce la chiesa anglicana.
L'impressione che si riscontra è che
come te movi te rapinano per ogni dove. Perciò abbiamo lasciato Londra per rivolgerci al più tranquillo Kent. Andammo a Slapehurst e da lì a Sissinghurst per visitare il famoso
White Garden, il giardino monocromatico dove tutte le piante e i fiori sono bianchi, della scrittrice aristocratica Vita Sackville-West, animatrice della stagione di Bloomsbury e amica della Woolf . Ma con mio stupore il decantato pullmino del National Trust alla stazione non si vedeva. Ci accontentiamo del pullman di linea, ma ce n'erano pochi e ci toccò attendere. Una volta scese, non si vedeva lo straccio di un pannello di indicazione. Non ci restò che chiedere a un
cottage lì nei pressi e alla notizia che il castello col giardino erano a circa mezz'ora di strada a piedi, ci mettemmo di buona lena in cammino. Il posto era stupendo, ma due arpie falsamente zuccherose del National Trust con mille moine volevano farci iscrivere al loro consorzio. Gli Inglesi sono gentili solo quando ti vogliono spillare quattrini. Resistetti con la scusa che eravamo di passaggio per pochi giorni e ricordando loro che non avevano aggiornato la pagina informativa di Internet. Che provvedessero a mettere il pullmino, o a informare via Internet che era stato soppresso. Il ritorno dal Kent a Londra fu travagliato perchè c'era un vento freddo che ti penetrava nelle ossa. Attendemmo il bus che arrivò in ritardo con una scolaresca di adolescenti e l'autista si rifiutò di farci il biglietto per "motivi di sicurezza", tentando di farci scendere. Arrabbiata intrattenni un lungo negoziato con lui imputandogli un ritardo di un quarto d'ora nonché la scarsità di mezzi a disposizione per chi, come noi, doveva prendere il treno per Londra alle 17 in punto in stazione. Alla fine cedette e si rassegnò a farci i tre biglietti.
Ma le cattive sorprese non finirono qui, perché durante gli spostamenti per la città sentii una contestazione analoga con una comitiva di spagnoli con l'autista del pullman rosso a due piani. Alla fine il capo-comitiva riuscì a spuntarla sulla sua spossante trattativa ma non risparmiò le sue contumelie contro "los Britanicos todos cavrones! ". Da lì, mi sono resa immediatamente conto che pretendere di omologare un'unica Europa è una stolida chimera. Roba da cavrones, appunto.
Notting Hill è sempre un rione grazioso con case signorili dalle facciate dipinte in colori pastello, ma se qualcuno crede di trovarci dei tipi alla Hugh Grant, si sbaglia di grosso: in fatto di immigrazione Londra è messa tre volte peggio di noi. Il mercato di Portobello si divide in due: una parte ancora caratteristica della old England (con vecchi orologi, tazze da thé Royal Albert (nella foto) antiche macchine da cucire, vecchie stampe ecc. ) e nella parte più estrema, la solita paccottiglia di cineserie e di etnicismi vari.
Viene finalmente il giorno della partenza. Ma fino all'ultimo respiro non mancarono le sorprese. L'autista del bus-navetta del Victoria Station ci portò con un notevole ritardo all'aeroporto di Stansted. Alla faccia della puntualità inglese! L'impiegata della Ryanair registrò il mio bagaglio e quello di mia sorella, ma arrivata al turno di mia nipote si rifiutò di registrarlo. Ci guardammo in faccia sgomente. Come? in uno stesso nucleo familiare, due componenti sì, e uno no?! Altre rissa, altra discussione, perché mancavano cinque minuti alla chiusura e c'era ancora lo spazio e il tempo per farlo. Andammo da un impiegato spagnolo che parlava correntemente l'Italiano, oltre l'Inglese il quale ci risolse il problema non prima di aver fatto quattro o cinque telefonate presso i suoi colleghi cavrones. L'ultimo ostacolo fu alla sicurezza. Avevo i pantaloni in tessuto idrorepellente adatto ai piovaschi londinesi, ma una brutta faccia da Margaret Thatcher con l'arco dentale stretto continuava a mettermi il metal detector dappertutto. Io aprivo e chiudevo cerniere per far vedere che erano metalliche: "It's zip, it's zip". Ma questa becerona non mi lasciava passare: "I know, I know", continuava a ripetere; ma non si sbrigava. C'era una musulmana intabarrata in un lungo chador la quale invece la fece franca e non si degnarono minimamente di passarla in ispezione: a questo servono le tanto decantate misure antiterroriste. Intanto annunciano l'ultimo avviso per il nostro volo e ancora una volta ci becchiamo un'ulteriore scarica di adrenalina. Ci ritroviamo per ultime in coda al cancello di imbarco e riusciamo a prendere l'aereo per il rotto della cuffia. Pur di imbarcarmi e ritornare a casa, mi passa perfino la mia conclamata paura del volo. Meglio impastarsi sul suolo italiano che vivere là.
Leggo oggi che la linea
Ryanair ha ricevuto una multa da
tremila euro dall'ENAC per aver trattato in modo pessimo i passeggeri durante l'emergenza della nube vulcanica a Ciampino: ben le sta, personalmente, la sconsiglio vivamente. Le sue hostess imbranate sembrano uscite da un call center, non sanno una parola di Italiano né di Francese né di altra lingua:
just English. Siete sui nostri cieli, Bellezze, e vi beccate tutto il nostro traffico turistico con annessi denari: ergo svegliatevi e imparate qualche lingua! Io a casa vostra me la sono cavata. Reciprocità, o ottusi Albionici, reciprocità.