Martin Peretz, proprietario e direttore di New Republic, pricipale settimanale liberal americano
Leon de Winter, scrittore e commentatore politico olandese
Pailo Cosaca, eruoparlamentare socialista portoghese
Max Boot, analista del Council on Foreign Relations
Norman Podhoretz, scrittore e saggista americano
Michael Ledeen, analista americano dell'American Entreprise Institute
Mark Palmer, ambasciatore e saggista americano
Thomas Cushman, direttore del Journal of Human Rights (magazine liberal) e docente di sociologia al Wellesley College
Mtthias Kuentzel, saggista e analista politico tedesco
Stephen Pollard, commentatore politico del Times di Londra
Benny Peiser, antropologi della Liverpool John Moores University
David B.Kopel, direttore delle ricerche all'Independence Institute del Colorado
Nile Gardiner, analista dell'Heritage Foundation.
Ecco il testo dell'appello:
Oggi la Repubblica islamica dell'Iran costituisce la minaccia più grave per la comunità mondiale. Non passa un giorno senza un atto di sfida lanciato dalla leadership iraniana che tratti delle sue ambizioni nucleari e delle sue minacce di guerra all'Occidente. Gli appelli alla distruzione di Israele proclamati dal presidente Mahmoud Ahmadinejead sono così frequenti che la stampa non ne dà quasi più notizia. "E' soltanto questione di un relativismo colmo di pregiudizi", afferma la mullahcrazia di Teheran, e la comunità mondiale s'inchina, intrappolata nell'incessante sforzo di trovare una giustificazione a queste parole. L'Iran sta deformando il mondo in cui viviamo con le minacce e le intimidazioni, e l'Occidente non reagisce.Preoccupata di assumere una posizione precisa, la comunità internazionale si nasconde dietro a dettagli tecnici. Dopo tre anni di inutili negoziati, la diplomazia continua a fare lo stesso gioco del bastone e della carota, sperando che alla fine la tempesta finirà. Altri vorrebbero placare la furia del regime iraniano con un grand bargain, un grande patto, come se i mullah fossero degli interlocutori affidabili, anzi, degli interlocutori tout court.
Nel frattempo, l'appello della maggioranza iraniana, messa a tacere con la forza, è dimenticato e sacrificato all'altare del realismo politico. Anche l'Iran ha i propri Sacharov e Solgenitsyn rinchiusi in carcere, ma nessuno se ne preoccupa. Per i cosiddetti pragmatici, i diritti umani e la democrazia degli iraniani sono un'ispirazione romantica che deve essere subordinata alla realtà della politica di potenza. Al contrario, ciò che i fatti concreti dimostrano, è che al regime iraniano non può essere data fiducia. Questa non è una questione che può essere risolta attraverso una controversia sul livello di arricchimento dell'uranio e sulle centrifughe utilizzate: non si può posticipare ancora una schietta discussione sulla natura e sull'urgenza della minaccia iraniana.
da il Foglio di venerdi 28 aprile 2006