Quest'anno ci si mette anche il clima a trasformare la festività legata al risveglio primaverile della Natura in festa, della Resurrezione della carne e dello spirito, in un continuum grigio dell'inverno. Quando eravamo tutti segregati e tumulati in casa nei due terribili anni 2020 e 2021, abbiamo avuto, manco a farlo apposta, Pasque belle calde e ridenti. Ma ronzavano elicotteri e droni sulle nostre teste per spiare chi faceva pranzi pasquali nei giardini con più di due invitati. Leggo che anche i luoghi della Terrasanta, saranno senza pellegrini, a causa della paura della guerra. Credo siano vane anche se comprensibili e motivate, le esortazioni del cardinale patriarca latino di Terrasanta Pierbattista Pizzaballa a riprendere i pellegrinaggi. La gente, e in particolare i cristiani, nella diatriba dell'annosa guerra israelo-palestinese (una guerra infinita che dura da almeno 70 anni) sono sempre stati un vaso di coccio tra vasi di ferro. E il clima bellico di inimicizia assoluta non invita a spostamenti. Senza contare che la destra ultraortodossa israeliana ha sempre cercato di rendere difficile la presenza dei cristiani in quei posti, con gesti palesemente ostili, riportati anche dal sito Terrasanta.net.
A quando percorremmo la via Dolorosa e raggiungemmo il luogo in cui si ricorda l'ultima caduta del Signore a pochi metri dalla basilica del Santo Sepolcro, custodita da frati minori francescani, da greco-ortodossi, armeni, siriaci, etiopi copti. Di fatto, le ultime cinque stazioni della Via Dolorosa si trovano all'interno della Basilica. Per arrivarci una possibilità è tornare al bazar-suq di Gerusalemme e percorrere alcune strade fino ad arrivare alla piazzetta che si apre di fronte all'entrata, sulla facciata sud; questo è l'itinerario abituale della processione del venerdì. L'altro percorso, più breve, quello che facemmo noi, consiste nell'attraversare la terrazza del convento etiope – che a sua volta è il tetto di una delle cappelle inferiori della basilica – e scendere attraversando l'edificio, che ha un'uscita diretta sulla piazza, vicino al luogo del Calvario. Fu qui al cortile etiope che vidi una scena che mi impressionò notevolmente. Un vecchio custode etiope di religione cristiano-copta, addetto alla sorveglianza dei luoghi di culto, prese una sedia e se ne stette immobile per tutto il tempo che c'eravamo noi, in posizione solenne e ieratica, tipica di chi si sente investito di una missione importante. Se ne stava lì, muto e immobile come una statua, incurante del tempo, come fosse in meditazione. Umile eppure dignitoso. Ci guardammo in faccia sorpresi e attoniti, e la domanda che nessuno dei visitatori italiani lì presenti fece, ma che certamente attraversò la mente di molti di noi, fu: faremmo noi al suo posto la stessa cosa?