La Classe (titolo originale "La classe entre les murs") di Laurent Cantet è un film claustrofobico nel quale l'ambiente di lavoro (la scuola) ha il sopravvento sulla vita. E' una scuola media di periferia della Francia multirazziale dove gli insegnanti, poveretti, non sanno più che pesci pigliare. E fin qui nulla di strano. Ma la cosa sgradevole è non riuscire a impartire una disciplina, un metodo di lavoro, dei contenuti, è vedere dei ragazzi 15 enni della Francia multikulti comportarsi come dei bambini di 7 anni. Fare i mocciosi strafottenti, i bulli, rispondere male e contestare qualsiasi progetto didattico, trovare mille scuse per non eseguire compiti né studiare lezioni, non portare un minimo di materiale didattico come libri e quaderni, trasformare i docenti in "assistenti sociali", dargli del tu, come fossero loro coetanei eppoi prenderli pure in giro se vogliono essere rispettati. Che poi è quanto avviene sempre più anche da noi. Il film ha ottenuto la Palma d'Oro Cannes, ma questo oggi significa poco: Oscar , Nobel e Palme d'oro, Leoni di Venezia, non si negano più a nessuno. François Bégaudeau il professore di Lettere, suscita simpatia umana, perchè le tenta tutte e sembra innamorato del suo lavoro, ma quei collegi dei docenti dove si gira e rigira intorno al lume, dove si parla il "pedagogese" e lo "psicanalese" o il "sociologhese", dove c'è la pedagogista, la consigliera d'orientamento (i conseillers d'orientation, sono figure parascolastiche francesi) il Preside; dove c'è il tal collega che ti mette il bastone tra le ruote se vuoi effettuare una dura sanzione disciplinare contro chi fa il violento e lo smargiasso in aula, dove alla riunioni dei docenti partecipano anche due rappresentanti scolastiche di detta classe. Cioè due studentesse magrebine sciocche e svogliate in preda alla "stupidera" adolescienziale che poi si metteranno pure a fare le pettegole presso i loro compagni riportando falsità e mettendo zizzanie sulle decisioni prese dai professori in riunione, grazie al modello delle "democrazia assemblearista" trasferita dal Parlamento alla scuola. Dove cantano tanti - troppi galli - ma non si fa mai giorno; dove, da giorno si fa notte e tu sei là dentro a fare dei buchi nell'acqua, convinto di svolgere la missione dell'integrazione au Nom de la République. Beh, tutto ciò, risulta parecchio deprimente, almeno per me. Sono i frutti amari della democrazia europea nella sua fase degenerativa e nichilista detta "multiculturalismo"; sono l'ombra dell'eterno sessantottismo che ora, quasi per nemesi storica, si rivolta contro le generazioni che l'hanno fatto (gli insegnanti, vestiti nel film in modo molto sciatto e inelegante, con capelli incolti e arruffati in perfetto stile "gauchiste").
Il professore Bégaudeau che ha scritto questo romanzo autobiografico, ora ha potuto uscire dai muri della classe, grazie ai diritti d'autore che gli permettono di campare di scrittura. Che abbia almeno il coraggio di ammettere che la scuola multikulti è davvero l'improba fatica di Sisifo da cui non se ne viene a capo mai, per sua natura endemica. E che se alla fine delle medie (trattasi di una quarta, secondo l'ordinamento francese) non si può nemmeno far leggere il "Candido" o "Il giro del mondo in 80 giorni ", o "Il Diario di Anna Frank", tutti libri che un ragazzo di 15 o 16 anni comunemente alfabetizzato può leggere in 15 giorni, beh, allora sarebbe bene chiuderle le scuole. Buonismo e una certa dose di sinistrismo ipocrita e orsolino permea per tutto il film. Alle favolette edificanti, io non credo più da un pezzo, nonostante le ovazioni sul film da parte dei soliti Repubblica e Corriere. Ma questo era scontato.