A che punto è l'analisi dopo il terremoto Marine Le Pen? Che è subito scattata la campagna delle scomuniche, delle lettere scarlatte, delle fatwe da parte di quell'intelligentsia sinistrata carica di sicumera e di livore che esiste, pesa e condiziona anche in Francia. Prelevo dal blog Dalla parte del Torto, questa analisi del dopo il successo del Front National da parte di Pierre-André Taguieff. Ho dato il titolo "Antilepenismo oppio delle élites sinistrate", ma dovrei aggiungerci anche "delle élites maldestre", tenuto conto che in queste ore fanno "boccuccia schifata" contro la Le Pen anche taluni maltodestrini
beceroni e farlocchi di casa nostra , come la Gelmini di Farsa Italia, gli Alfanoidi, e altra pessima compagnia. Ma come si permettono questi zero virgola del Piffero? Sono proprio delle invidiose mosche cocchiere delle politiche pro Troika, che rosicano. Meno se li fila l'elettorato, più si ergono a giudici in casa d'altri. Mi conforta notare come Taguieff veda nel loro vuoto politico e nella loro ipocrita miopia ideologizzante, quel che più modestamente ha visto anche la sottoscritta in questo precedente post: la loro paura inveterata di abbandonare il comodo dogma dell'Antifascismo, il loro ruolo di gendarmeria della Memoria quale ultimo vuoto sostitutivo di quella salvaguardia del lavoro e dell'economia reale che non hanno saputo mettere in atto, facendo strame delle nostre vite, delle nostre libertà, della nostra sovranità , tutti temi ai quali i sinistrati in primis, (ma anche alcuni impotenti maldestri) non sanno più dare risposte. Unico neo dell'articolo:
inutile chiamarlo "neo-antifascismo" come fa l'autore, dato che è pur sempre la solita ammuffita retorica sul Passato che non passa e che non deve passare, poiché serve a incatenarci. In Francia dura da 30 anni, in Italia, da oltre 60.
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Ci sono in effetti tre France estranee e ostili le une rispetto alle altre: la Francia urbana delle élite mondializzate, la Francia periferica delle classi popolari (comprendente una parte importante delle cosiddette classi medie), la Francia delle banlieue dove si concentra la popolazione proveniente dall'immigrazione.
Il sentimento di alienazione affligge particolarmente i cittadini che abitano la Francia periferica e che si percepiscono prima di tutto come francesi. Costoro si sentono odiati dalle élite nomadi che vivono in un mondo post nazionale, abbandonati o negletti da una classe politica rivolta verso l'Europa e in situazione di concorrenza con gli immigrati venuti dal Maghreb o dall'Africa sub-sahariana. Questo sentimento di alienazione può prendere la forma del doppio sentimento di essere spossessati e colonizzati.
Ciò costituisce certamente una delle più forti motivazioni per votare FN.
La sinistra non comprende la situazione e rifiuta di prenderla in considerazione, perché per far questo dovrebbe togliere i suoi occhiali ideologici.
Essa ha perso le classi popolari, ma non si chiede mai perché.
Pone i suoi dogmi sopra a tutto il resto, presentendo oscuramente di essere impotente di fronte al proprio declino. Per loro è certamente più comodo stigmatizzare i cittadini ‘lepenizzati' o ‘destroidi' che si sono allontanati dalla sinistra".
Il neo-antifascismo è stato uno strumento di creazione continua del consenso di base nelle democrazie pluraliste. Istituiva un assoluto nello spazio del relativo. Insufflava un surrogato di trascendenza nella prosa di un mondo strettamente pragmatico. Legittimava la formazione implicita, non dichiarata, dei ‘fronti repubblicani'. Ma, soprattutto in Francia, l'operazione è stata fatta a beneficio della sola sinistra.
E' lei che, di fronte a ogni figura del diavolo, aveva il ‘consenso in pugno' (Philippe Muray) quando si trattava di vincere le elezioni. Sottomessa a un perverso ricatto della virtù e ansiosa di non mostrarsi mentre ‘perde la propria anima', la destra ha per molto tempo seguito a ruota. In futuro potrebbe non essere più così.
Il neo-antifascismo ha per molto tempo costituito il più frequente modo di demonizzazione (diabolisation) dell'avversario, in Francia come nella maggior parte dei paesi occidentali. Denunciare l'avversario come ‘fascista' o ‘nazista' significava delegittimarlo in maniera massimale. Ma ormai il re è nudo.
E' sempre più evidente che
il neo-antifascismo è ciò che resta del comunismo sovietico negli spiriti.
La sua sconfitta, in quanto strategia anti-Fn, è totale. Il suo principale effetto perverso è eloquente: la demonizzazione ha permesso al Fn, utilizzando la stigmate del suo statuto di escluso demonizzato, di affermarsi contro tutti gli altri partiti, per presentarsi come una alternativa seducente.
Al cuore della demonizzazione classica del Fn si trova un
sillogismo, tematizzato o meno, così formulabile:
‘Il Fn è di estrema destra; l'estrema destra è razzista (e/o antisemita); il Fn è razzista (e/o antisemita)'. Nella seconda proposizione, ‘razzista' può essere rimpiazzato da ‘fascista' o ‘nazista', il che permette di concludere che il Fn è un partito ‘fascista' o ‘nazista'. ‘F come fascista, N come nazista', recita uno slogan emblematico (e derisorio) dell'antilepenismo gauchiste. Ma si tratta di un
anatema, non di una dimostrazione".
Chiamo ‘neo-antifascismo' l'appello a lottare contro ‘il fascismo', ritenuto la minaccia principale che pesa sulla democrazia, nell'assenza di ogni fascismo osservabile. Il neo-antifascismo, macchina da denuncia dei ‘fascismi' immaginari, sopravvive nell'antilepenismo redentore, eretto a metodo di salvezza, che non ha niente a che vedere con una lotta intellettuale e politica contro il Fn condotta in buona fede, consapevole delle cause e preoccupata della propria efficacia.
Dopo il 1945, la trasmissione della cultura antifascista ha generato un sistema di rappresentazioni e di credenze centrato sulla paura fantasmatica della ‘rinascita' o della ‘risorgenza' del fascismo.
Il neo-antifascismo ordinario postula che ‘il fascismo' non cessa di rinascere o di minacciare di rinascere. Esso continua a immaginare nuovi fascismi minacciosi di fronte ai quali chiama alla ‘resistenza'.
Questi fascismi inventati gli permettono di costruire l'odioso nemico contro il quale pretende di lottare e che dà un senso al suo impegno.
Il neo-antifascismo tende dunque a ridurre l'impegno politico in democrazia a una vigilanza permanente contro una minaccia fascista immaginaria. Questa politica fantasmatica è una impolitica.
C'è un altro stereotipo che è di moda a sinistra: la denuncia della
‘deriva a destra' (droitisation) della società francese, della quale ‘l'ascesa' del Fn sarebbe la prova. Ma l'argomento della
deriva a destra, supponendo l'esistenza di una egemonia delle ‘idee di destra' (che restano da definire), permette anche agli eredi residuali del comunismo e del gauchismo di mettere
sotto accusa la politica della sinistra al potere, ovvero di negarle la sua identità ‘di sinistra'.
Così, Manuel Valls rappresenterebbe la ‘deriva a destra' del Partito socialista. Gli ambienti neogoscisti, in particolare, il cui antirazzismo settario si traduce in uno strano partito preso immigrazionista (ovvero l'elevazione della causa degli immigrati a causa universale), accusano la sinistra di governo di fare una politica ‘neoliberale' (uno dei nuovi volti del diavolo), di abbandonare ‘il popolo' (o le ‘classi popolari') in vantaggio dei ricchi e di scivolare verso la xenofobia o il razzismo anti immigrati, allineandosi alle presunte posizioni del Fn. Da qui i nuovi cliché argomentativi: la sinistra imita la destra, che a sua volta imita l'estrema destra. Detto altrimenti: le ‘idee del Fn' (per parlare come i sondaggisti) avrebbero ‘contaminato' l'insieme del campo politico.
La Francia sarebbe in stato di lepenizzazione avanzata. Un tale discorso è cieco rispetto alla realtà ideologico-politica: non solo il Fn è ostile tanto al ‘neo liberalismo' che al Partito di sinistra di Jean-Luc Mélenchon o al Npa, ma pretende di incarnare la causa del popolo, anzi di monopolizzarla. Si denuncia con una continua litania la ‘deriva a destra' senza sapere di che si sta parlando. Di quale ‘destra' si parla? Del liberalismo, del tradizionalismo reazionario o del conservatorismo? E, nel dettaglio, di quale liberalismo e di quale conservatorismo?.
La sinistra francese utilizza sempre la retorica della demonizzazione, anche se essa ha fallito.
Si continua a lanciare imprecazioni e a sgranare cliché: ‘Il Fn non è cambiato', ‘Il Fn avanza camuffato' etc. La maggior parte degli attori politici, degli editorialisti e degli intellettuali di sinistra persevera, senza dar mostra della minima immaginazione, nel discorso della denuncia e dello smascheramento, pretendendo di svelare ‘il vero volto del Fn', lasciando intendere che esso sarebbe ‘fascista' e ‘razzista'.
Lo stesso ritornello è ripetuto da trent'anni (
mia nota: in Italia, da oltre 60).
Questi riflessi condizionati ideologici sono pietosi.
In Francia, dalla metà degli anni Ottanta, l'antilepenismo è l'oppio delle élite.
Costituisce la bevanda ideologica che le solleva e le addormenta, confortandole nell'idea che appartengano al campo del Bene.
L'antilepenismo, inoltre, gioca il ruolo di surrogato di un programma politico.
Esso maschera l'impotenza intellettuale della sinistra, privata delle illusioni mobilitanti del comunismo.
‘Socialismo' non è che una parola vuota, una etichetta a malapena identificante, una bandiera scolorita. L'ossessione antilepenista, inoltre, conduce a porre le proposizioni lepeniste al centro del dibattito politico, il che equivale a una sconfitta intellettuale dei partiti "di destra" e "di sinistra".
Il Fn è una formazione politica divenuta inclassificabile nei termini di destra o sinistra.
Si tratta di un movimento nazionalista la cui specificità risiede nello stile populista del suo leader e fondatore, Jean-Marie Le Pen, di cui la figlia Marine ha preso il testimone spostando nettamente a sinistra il programma economico e sociale del partito.
Non è una novità nella storia delle dottrine politiche: dalla fine del XIX secolo, la maggior parte dei movimenti nazionalisti combinano nei loro programmi motivi e argomenti ideologici improntati a tutte le tradizioni politiche, dal tradizionalismo controrivoluzionario all'anticapitalismo rivoluzionario, passando per il conservatorismo e il socialismo.
Ogni nazionalismo si situa per principio al di là dell'opposizione tra destra e sinistra.
E' un tratto che il nazionalismo alla francese ha ereditato dal bonapartismo, il cui appello al popolo va di pari passo con l'obbiettivo di un raggruppamento interclassista, trasfigurato dalla comunità nazionale, incarnazione del nuovo sacro politico.
Pierre-André Taguieff
Uno dei maggiori politologi europei, direttore di ricerca al Centro nazionale francese per la Ricerca scientifica e docente all'Istituto parigino di Studi politici. Il 15 maggio è uscito in Francia "Du diable en politique. Réflexions sur l'anti-lepénisme ordinaire" (Cnrs, 400 pp., 22 euro)