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15 February 2025

Fronti del porto triestino


E così alla fine i portuali triestini, i ribelli non violenti che tanto lottarono contro il green pass, perfino quelli che si erano vaccinati ma non lo volevano esibire, sono stati puniti. Il metodo è sempre quello di punirne pochi (sei) per educare tutto il resto dei portuali. Ma tanto basta per vedere l'atteggiamento subdolo e canagliesco di chi sta in alto. Una notizia passata del tutto inosservata dai media generalisti con l'eccezione di La Verità nell'articolo di Angela Camuso comparso martedì 11 febbraio scorso.
Mentre sei dei portuali di Trieste sono stati messi sotto processo per la dimostrazione anti-greenpass del 18 ottobre 2021 sotto il governo Draghi. Dove oltretutto furono docciati con gli idranti in una fredda mattina mentre si inginocchiavano a pregare. Cinque rinvii a giudizio e un rito abbreviato. Senza contare quelli che persero il lavoro e non furono più reintegrati, come lo stesso Stefano Puzzer il leader spirituale del movimento, che per mantenersi ha dovuto cambiare lavoro. I capi di imputazione sono a dir poco surreali, perché furono gli agenti di polizia ad essere stati minacciosi con gli scudi mentre avanzavano verso dei poveracci inginocchiati col rosario.
Tutto questo, mentre per centri sociali e anarchici, abbiamo assistito a ben altri scenari come quelli di agenti bersagliati da lanci di cartelli stradali, bombe carta, lancio di oggetti contundenti, insulti e sputi, con numerosi poliziotti feriti gravemente.
E allora da dove proviene tanto accanimento? ci sono tante risposte. Uno dei messi sotto indagine (Riccardo Macciotta di anni 59) poi prosciolto commenta con rammarico il fatto che suo figlio Daniele (26 anni) faccia invece parte della retata dei messi sotto processo: 
"La verità è che con questo processo hanno pescato nel mucchio per dare un segnale esemplare: era aumentato talmente il clamore mediatico su questa protesta che l'hanno voluta interrompere, incutendo il terrore per le conseguenze, Dopo il terzo giorno che eravamo là stava arrivando gente da tutta Italia e questo avrebbe potuto avere grosse ripercussioni sulle politiche sanitarie adottate dalle nostre autorità". (fonte cit.)


 
Confermo. In quei giorni sono stata testimone di un via vai di certi miei vicini di rione, i quali dalla Lombardia si recavano a Trieste a portare solidarietà ai portuali triestini in lotta. Per un momento Trieste era diventata il faro d'Italia e la protesta suscitava simpatia ed euforia. Ma non è l'unica spiegazione.
In molte altre manifestazioni non autorizzate - di quelle che si fanno oramai quasi ogni sabato contro il governo - abbiamo visto ben altre situazioni di piazza: agenti colpiti da lanci di sassi, da bulloni e altri oggetti contundenti, da cartelli stradali divelti e poi lanciati contro di loro o contro le caserme come giavellotti, da bombe-carta, coperti da insulti irripetibili. Di contro, le forze dell'ordine umiliate, ammutolite, impalate lì a subire a lungo violenze dai facinorosi, senza reazioni adeguate. In quei casi, non si pescava nel mucchio a casaccio ma si prelevavano solo i veri responsabili. Emerge la solita doppia morale: poliziotti forti, protervi e arroganti coi deboli, deboli con i violenti e i facinorosi. Perché?

Va spiegato che l'area portuale di Trieste è sotto la giurisdizione dell'Hhla ovvero Hamburger Hafen und Logistik Ag (società con sede ad Amburgo), primo porto ferroviario d'Europa e principale porto della Germania, che ha investito nella Piattaforma Logistica di Trieste, una delle più grandi opere marittime costruite in Italia negli ultimi 10 anni, diventandone il primo azionista .Un nuovo partner europeo per la Piattaforma Logistica di Trieste, città che diventa snodo importante per l’integrazione delle reti logistiche e portuali tra porti del Nord e Sud Europa.
Hamburger Hafen und Logistik Ag (Hhla), operatore del porto di Amburgo,  è diventato così, dal 2021 il primo azionista della Piattaforma Logistica. Tutti i dettagli, qui: 
Per rendere più romantica la cosa c'è chi si attacca al passato asburgico di Trieste quando l'impero austro-ungarico necessitava del suo naturale sbocco al mare. Il Porto Franco di Trieste ha una storia ricca e complessa, iniziata nel XVIII secolo. Fondato nel 1719 con Carlo VI d'Austria, il porto franco di Trieste fu istituito per trasformare la città in un importante emporio commerciale. Questo status speciale contribuì a far diventare Trieste il porto più rilevante dell’Impero Austro-Ungarico, attirando mercanti e stimolando il commercio internazionale.
Ma la realtà di oggi è ben più prosaica degli antichi fasti asburgici: le mani delle multinazionali sull'hub portuale triestino che non voleva disordini di sorta, perché Business first e gli affari sono affari. In altre parole, i poveri cari portuali, bastonati, docciati e ora sottoposti a processo, furono colpevoli di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Oltre - beninteso - ad aver impugnato una causa sanitaria che scotta ancor oggi e che a tutt'oggi permane un inviolabile tabù. Sull'area portuale di Trieste, nei fatti non nostra, ci sarebbe molto altro da aggiungere. Per parte mia, ho sempre amato questa città-cerniera della Mitteleuropa ricca di fascino, di storia, di cultura ma anche di tremendi contenziosi e  di irredentismi con la Storia - contenziosi in parte non ancora risanati. Lo abbiamo visto anche in questi recenti giorni in occasione della giornata del Ricordo, con la foiba di Basovizza profanata da scritte comuniste slovene. Sembra il ritorno del Rimosso.
Ma torniamo al porto.


Ci saranno, per i nostri discendenti, libri di storia che scriveranno come sono andate per davvero le cose in quel memorabile giorno del 19 ottobre 2021 al Molo 17 sotto il governo Draghi? O dobbiamo rassegnarci alle imposture e menzogne passate, presenti e postume? Ricordo a tale scopo che la Rai mandò in onda una fiction dal titolo "Blanca" (nome della poliziotta protagonista) dove si mandò in onda un totale rovesciamento della realtà di questi fatti in un'accozzaglia di imposture ben assemblate. Ne parlammo qui in un post del 2023. Le accuse contro quei poveretti hanno tutta l'aria di essere un feroce ribaltamento dei fatti. Pare, secondo l'articolo della Camuso, che sia stato inquisito anche uno di questi poveracci, reo di aver dato un calcio a un candelotto lacrimogeno per terra, già esploso. Ma la cosa peggiore, a mio parere, è averli divisi e isolati dalla comunità degli altri colleghi portuali e l'aver fatto passare tanto tempo (quattro anni) prima di colpirli nuovamente questa volta, per mezzo della repressione giudiziaria, contando sull'oblio e sullo spegnersi del focus sulla protesta. 

San Faustino