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21 December 2025

Natale, non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade


Non so se certi sindaci lo facciano apposta ma le strade di molte città grandi, medie e piccole in questo periodo vengono interrotte da lavori in corso e da conseguente deviazione della viabilità. Dicono che devono spendere in fretta i soldi del PNRR e alcuni fanno addirittura piste ciclabili  in nome del green, piste che pochissimi o nessuno adopera. Sta di fatto che circolare a ridosso di questi giorni, diventa sempre più un incubo invivibile e se posso,  cerco di evitare. Un'altra cosa che detesto, è l'aver trasformato il Natale in una sorta di stressante lavoro. O meglio sarebbe definirlo un continuo  lavorìo e un logorìo. Si ha quasi paura di non riuscire a fare tutto ciò che si deve fare. Di non consegnare in tempo un regalo, di correre a riceverne un altro,  di mancare a in un invito, a una mostra, a un concerto, e così via. Insomma, una tensione nella tensione che fa desiderare di rifugiarsi in un eremo lontano dal mondo. I bambini poi che dovrebbero essere educati alla magica attesa dell'Evento, sono diventati sempre più nervosi, impazienti e perfino "schizzati" se mi è concesso usare questo termine. Sono incontenibili, scartocciano in fretta regali e non aspettano più la fatidica notte Santa. Figuriamoci! Scartocciano e dimenticano, in vista di sempre nuovi pacchetti, di sempre nuovi stimoli. La morale di questa mesta favola, è che non si vede l'ora che passino le feste e che tutto ritorni alla normalità. Non si vede l'ora di svoltare le pagine del calendario e di essere già alla fine dell'Epifania. C'è chi soffre già di spleen natalizio: si accendono le luci della città fin dall'inizio del mese e si spegne il proprio cuore. Sì, non c'è solo la malinconia di novembre, quella dovuta  ai giorni che si accorciano e alla mancanza di luce, ma anche la malinconia dovuta a  città troppo illuminate, troppo rumorose modello Luna Park e in preda alla  frenesia. 
"Correte troppo, e non date alla vostra anima il tempo di raggiungervi", dissero alcuni indigeni allo scrittore Michael Ende, autore di "La storia infinita", durante un suo viaggio.
Niente di più vero. L'opulenza del cibo in eccesso, delle delle leccornie in eccesso, dei brindisi di troppo,  dei carrelli dei supermercati strapieni di derrate alimentari trascinati a fatica, alla fine ci rendono scontenti e nervosi. E' come continuare ad alimentare un assetato che invece vorrebbe solo bere. Inoltre, sapere che questo Natale cade con due guerre ancora in corso, ci affligge ulteriormente. Né ci conforta il "pacco natalizio" della manovra di bilancio  con tanto di "riforme punitive" dei condomini (un ennesimo attacco alle case) che questo governo ci sta preparando. Senza contare i 90 miliardi da destinarsi all'Ucraina per i prossimi due anni, un bel regalone di Natale per Zelenskij, da parte della Ue. 

Altro capitolo sono le immagini di Gaza sotto un'alluvione. Roba da  fare venire i brividi solo a guardarle, con bambini che muoiono di fame, di stenti e di freddo. Ma c'è il "terrorismo" e l'IdF deve sparare a dei poveri derelitti dalle tende strappate e dai giacigli allagati. Bravissimo e coraggioso il cardinale Pizzaballa e padre Gabriel Romanelli ad aver ripristinato (non senza rischi),  nella chiesetta della Sacra Famiglia di Gaza, un piccolo presidio di civiltà, di conforto spirituale e di humana pietas - quella che sembra essere sepolta sotto le macerie. Il tutto è  frutto di estenuanti negoziati con le autorità israeliane. E oggi  il Patriarca latino, è riuscito perfino a celebrare il  Battesimo di un piccolo neonato a nome Marco, ciò che rappresenta un forte simbolo di rinascita e di speranza. 
Penso altresì con una certa apprensione, a quei poveri bambini separati dalla loro Famiglia del Bosco, famiglia che, per quanto bizzarra stravagante sia,  è pur sempre un focolare, in luogo di un' anonima e impersonale "casa-famiglia" collocata in "area protetta", in burocratica e ottusa dotazione dal Tribunale del minori. Un Natale amaro simile a quello di vari altri genitori che si trovano a lottare contro tribunali sempre più arcigni e totalmente  privi di ogni umanità.



Ma torno alla ressa prenatalizia di questi giorni, alla gente che si mette in viaggio, alle città sempre più  istigatrici di discordie, alle code ai semafori, ai parcheggi che non ci sono, alla paura di tamponamenti che invece ci sono, alla perdita di ogni sacralità, e mi  viene in soccorso questa poesia di Ungaretti dalla quale ho prelevato il primo verso, quale titolo a questo post. Poesia che il Poeta scrisse a Napoli durante un suo congedo nel Natale del 1916 reduce dalla guerra di trincea del 15-18, nella quale esprime il suo bisogno di quiete, di calore e di tranquillità domestica ("le quattro capriole di fumo del focolare"). Ma sì, in fondo in questi anni catastrofici e cupi, siamo tutti un po' reduci da una guerra. Buon Natale!






IV Domenica di Avvento e solstizio di Inverno




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