Napolitano ha dichiarato che venerdi 7 dicembre non presenzierà al Lohengrin di Wagner che si terrà alla Scala. Forse si aspettava Verdi, lui che è così "patriottico" da aver orchestrato un golpe tecnico ai danni del Paese. O forse teme un bel lancio di uova marce davanti al Teatro. Devo ammettere che questo governo pur nelle sue nefandezze, o forse proprio per questo, offre molto materiale agli storici per ricostruire ai posteri i tempi foschi e torbidi che stiamo vivendo. C'è un'altra data dell'anno scorso che sento il bisogno di ricordare: il 7 dicembre 2011, nella quale Napolitano e Monti, a golpe compiuto e a misure estreme prese, si recarono alla Scala (mentre il popolo italiano doveva sprofondare nel sottoscala) seduti con solenne compunzione sul palco reale, come due monarchi d'antico lignaggio. L'opera stabilita dal calendario scaligero era il Don Giovanni di Mozart diretto da Daniel Barenboim. Qualsiasi manualetto storico, vi confermerà che senza nulla togliere al suo grande genio, Mozart era massone; ma ciò non costituisce in sé il vero indizio. Ce ne sono tanti massoni tra artisti e musicisti!
Il commento (h. 6: 00) di Pseudosauro nel mio vecchio post
11/11/2011, anniversario del golpe che carpì la sovranità all'Italia, mi fornisce l'ispirazione per tornare sull'argomento di simboli e metafore del Potere. Ne riprendo una parte: "
Venendo ai giorni nostri, come interpretare la rappresentazione del Don Giovanni di Mozart alla Scala, poco dopo la caduta di Berlusconi, con Napolitano e Monti nel palco reale e il Commendatore (o convitato di pietra) che ammonisce il Dissoluto stando tra loro invece che dietro una quinta, come avviene sempre ? Perche' questi serissimi personaggi si sono prestati ad una mascherata simile ?
Risposta: perche' ci credono, e perche' sono entrambi massoni di altissimo livello.
E se qualcuno avesse avuto un granchio o peggio, si fosse - a detta di alcuni benpensanti - fatto prendere da facili dietrologie o complottismi, ecco la conferma del critico Armando Torno, scritta, non già su qualche blog cospirazionista, ma sul Corriere della sera del 8 dicembre 2011.
CONVITATO DI PIETRA Il «convitato di pietra» si è immaginato in mille modi. A volte l'attore era vestito «di sasso» (lo suggerisce il libretto); altre volte scendeva dal piedestallo sul quale era posta la sua statua; altre ancora era scorato da tuoni e fulmini, per diffondere tra il pubblico timore. Ma il regista Robert Carsen lo ha trasformato quasi in un uomo comune. All'inferno ci si va senza troppi complimenti, quasi fosse la normalità. Certo, l'addobbo floreale del grande palco delle autorità, aveva un lieve richiamo ai colori del cimitero; anzi si potrebbe dire, e lo sottolineiamo per rispetto ai presenti, che è stato un elegante cedimento alle richieste funerarie del finale. Ma, si sa, il regista con i suoi vestiti moderni e le scene non convenzionali ha voluto stravolgere questo e altri dettagli. Don Giovanni è un mito che si può variare come meglio garba, tanto ha sempre qualcosa da dire.
RITMO - Il Commendatore quando sale sulla scena evoca veramente la morte - ieri sera con la bara aperta - soprattutto grazie a quel re minore che per Mozart rappresenta la tonalità tragica per eccellenza (è anche quella del Requiem ). C'è di più. All'orchestra il compositore ordina di scandire con ritmo implacabile, sostenuto particolarmente dagli archi, il canto del defunto, quindi si diffonde nel teatro la terribile frase: «Don Giovanni, a cenar teco m'invitasti, e son venuto». Il re minore, che era già stato chiamato a sorreggere la prima parte dell'ouverture, a questo punto esplode. E trascina il peccatore alla fine.
DON GIOVANNI 2011 - Domanda per questo Don Giovanni 2011: il Commendatore sul Palco Reale è un'allegoria del momento? Conviene rispondere notando che la sua figura è uscita definitivamente dai cimiteri e si aggira, tra una crisi e l'altra, per il mondo. Che abbia scelto il posto d'onore della Scala, lasciando perplessi i vertici dello Stato, è forse una casualità. Anche se i medesimi desiderano fermare la crisi che spinge Don Giovanni - mirabile sintesi di un certo stile italiano, con voglia di concupire e banchettare - verso il baratro.
Se Strehler lo avesse pensato nel 1987, con Carlo d'Inghilterra al posto di Napolitano, si sarebbe potuto dire che Diana c'entrava. Oggi altri l'hanno paragonato a Berlusconi. Ma, come è noto, l'ex presidente del Consiglio non è stato un assiduo frequentatore di prime alla Scala.
Ebbé..., il finale dell'articolo di Torno è un bel
excusatio non petita accusatio manifesta. Quel che conta è che intanto la verità ce l'abbia buttata lì. A mio avviso, i due vertici dello Stato non parevano così perplessi spettatori della mascherata del Convitato con la camicia ancora sporca di sangue, lì sul Palco Reale mentre cantava in mezzo a loro. Poi il critico tanto per alleggerire la sua insinuazione, ha voluto rassicurarci dicendo che però Berlusconi non frequentava la Scala. Ma per alludere all'ex Presidente del Consiglio, non è affatto necessario ch'egli sia un habitué dell'Opera. Anzi, Berlusconi doveva proprio essere...
il Fantasma dell'Opera, nel senso dell'assenza. Abbiamo eliminato il Dissoluto ( l'aria di
Pentiti/no! Pentiti/No!) e d'ora in poi gli affari italiani (o meglio, anti-italiani) non si discuteranno più a palazzo Grazioli, alcova del Grande Libertino, ma a
Palazzo Giustiniani. E chi la vuol capire la capisca...Certamente i due
monarchi tarocchi lì, sul palco reale, prestandosi a questa pupazzata, l'hanno capita.
Correva l'anno 2011 nella sera del 7 dicembre, ma era già tutto previsto. Come la programmazione dell'opera di Mozart. Alla Scala (e dietro le quinte) il calendario degli spettacoli si programma con un congruo anticipo: come minimo, un anno prima. Ma stavolta non si è trattato, com'era uso dire Berlusconi, del solito "teatrino della politica"; bensì di un magistrale coup de théatre.
Don Giovanni, a cenar teco, mi invitasti ,e son venuto....