Durante questi estenuanti risultati elettorali delle elezioni europee, ma anche dei rinnovi comunali e provinciali concentratisi in pochi giorni, sono stupita non poco dall'atteggiamento impassibile, modesto e non trionfalistico dei leghisti intervistati. La Lega (nata prima come Lega Lombarda consociata alla Liga Veneta, in seguito come Lega Nord e ora semplicemente Lega) è l'unica forza politica in costante crescita nel nostro Paese dagli anni '80 in poi. Me li ricordo ancora quando cominciarono a martellare contro il decreto Martelli che contemplava la regolarizzazione dei primi flussi migratori. Allora gli stranieri erano per lo più degli innocui vu' cumprà. Montanelli sosteneva che si scriveva tutto attaccato: vuccumprà. Da allora, ne è passata dell'acqua sotto i ponti.
Ma la strategia di penetrazione e di progressivo radicamento della Lega sul tessuto sociale del Nord prima, e ora via via per altre regioni d'Italia, proviene da lontano ed è fatta di molta fatica, molto lavoro e pazienza.
Sono dei bruttoni, di solito, i leghisti e non si può certo dire che puntino sul look, sul culto dell'immagine o sulla seduttività televisiva. Basta guardare Calderoli o Bossi. Borghezio pare l'omino di gomma della Michelin. Fatte salve le debite eccezioni come Matteo Salvini (che è un bel ragazzone) non si possono certo permettere di atteggiarsi a stars. Del resto le piacionerie non sono nel loro DNA. Eppure sono efficacissimi nel radicamento del territorio: feste, sagre, gazebi, batelade del primo maggio (e cioè batelli pieni di lavoratori sui laghi lombardi con le bandiere sventolanti dell'Alberto da Giussano con la croce) in alternativa ai cortei della solita Trimurti rossa; ampolline e riti alle sorgenti del fiume Eridano (il Po) che facevano scompisciare dalle risate i cronisti dei quotidiani radical chic, nei loro reportage; tessere con sconti-benzina nei comuni leghisti da distribuire agli abitanti dei territori di confine con la Svizzera.
Ora invece, perfino
Il Sole 24 ore è costretto ad ammettere che la loro silenziosa marcia "verde" rischia sempre più di penetrare nelle regioni
rosse, come sull'articolo qui linkato, legato ai nuovi operai in Toscana, disarcionando tradizioni e feudi rossi quasi secolari.
La Lega non è né di destra né di sinistra - dice con una punta di orgoglio Maroni. "Nella Lega si dice, quando si tratta di problemi sociali siamo più a sinistra della sinistra e quando si tratta di tematiche identitarie siamo più a destra della destra" ribadisce l'amico blogger leghista
Carlo Martello.
Comunque sia, la sinistra ha lasciato alla Lega temi importanti quali:
Oltre a ciò ci sono le lotte specificamente leghiste basate sull'identità e contro l'immigrazionismo (che potremmo chiamare lotte di destra), oggi riprese quasi in sincronia dal BZOE austriaco, dal partito fiammingo di De Winter, da quello di Geert Wilders in Olanda ecc.
Curioso, che anche in questa tornata elettorale, la sinistra si accanisca contro Berlusconi (la faccenda del 40% di consensi, che viene rinfacciata come sconfitta del PdL, a causa della fanfaronata del Premier il quale tutto sommato ha tenuto ma avrebbe dovuto tenere un atteggiamento più "schiscio" e prudente) e non si accorga invece che le sue numerose "distrazioni" nei confronti dei lavoratori italiani, incrementano di fatto il partito di Bossi. Come si dice, tra due litiganti, il terzo gode. Tutto grasso che cola per la Lega, naturalmente.
La classe operaia va, anzi, vola sul Carroccio e il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, ha dismesso non solo i fazzoletti rossi, ma perfino la tuta blu del metalmeccanico alla Cipputi, marciando in avanti con la camicia verde. Il Piddì, oltre che fesso, è pure daltonico.
PS: Apprendo da interviste del TG e dai giornali che anche la Lega non ha saputo resistere al richiamo dell'"etnicamente corretto", eleggendo a nomina di sindaco di Viggiù, l'afroamericana Sandy Cane. Leggere
qui.