Volevo aggiornare con un altro argomento che non fosse l'accordo di pace, ma confesso che alla fine, sono rimasta incollata alle dirette di Trump alla Knesset israeliana e a Sharm el Sheikh. Devo dire la verità, se non ci fosse di che continuare a preoccuparsi per quanto non sta scritto sui fatidici 20 punti, c'è perfino da ridere nel vedere la sua megalomania plateale con battute da commedia grottesca all'americana con animazioni in stile Mars Attacks. Mancavano giusto i marziani con i dischi volanti e la musichetta country di Slim White che faceva scoppiare i loro cervelli di alieni, come cetrioli maturi.
Bibi se la rideva compiaciuto e una volta tanto gli è riuscito perfino di perdere quella solita espressione grifagna da truce demonio. Elogi, laudi, complimenti, applausi e standing ovation per tutti. Per fortuna che ci sono io e non quel mentecatto di Biden o peggio quella nullità di Obama - era il leit motiv del gran magnate. Gli ostaggi sono stati restituiti felicemente alle loro famiglie dopo due anni di vita sotterranea, mentre quei due migliaia di detenuti palestinesi sui pullman tornavano giubilanti, a Ramallah, a Rafah o dove venivano scaricati. Si canta, si salta, si balla, ma qualcosa ancora non torna. Di tutto si parla, si scherza, si ride, si fanno promesse, ma quei 65.000 morti a Gaza, sembrano essersi, come per incanto, volatilizzati. The Donald annuncia grandi investimenti, da parte di paesi "ricchi e influenti", “che incontrerò ora in Egitto”. Poi scherza e aggiunge: “probabilmente se ne saranno già andati perché sarò in ritardo”. Ma il fondo è stato toccato allorché chiede al presidente Isaac Herzog lì presente, di concedere la grazia a Netanyahu, già coinvolto in una serie di processi per corruzione, menzionandogli l’ottimo lavoro svolto da un premier, da considerarsi “uno dei più grandi in tempi di guerra”. Certo che si, si può anche fare strage di civili, ma poi, alla fin fine, che cosa sono 65.000 poveri disgraziati in confronto a un Mosè che traghetta il suo popolo eletto alla Terra Promessa? Che tra l'altro, è anche la terra di suo genero Jared Kuchner e di sua figlia Ivanka, la quale, per ammissione del Presidente suo padre, si è "convertita".
Insomma, dopo lo show alla Knesset, si bissa con quello a Sharm el Sheikh, con mille ringraziamenti ad Al Sisi l'Egiziano che li ha così generosamente ospitati, a Erdogan che è un duro di Ankara, ma con cui lui si intende a meraviglia; al principe saudita, all'emiro del Qatar. Ce n'è pure per Macron che chiama per nome (Emmanuel) il quale in questi giorni sta sbattendo le corna su Sébastien Lecornu per i tentativi di dare vita a un governo che nessuno vuole. Trump si chiede ad alta voce come mai che Emmanuel, di solito così esibizionista e narciso, se ne stia in disparte invece di esporsi come al solito, ad uso telecamere. Risate generali dei presenti. Forse non ha seguito il vaudeville su Lecornu.
Complimenti a schiovere pure per la Meloni considerata una "bella donna" ma non si può dire, perché sennò mi rovinano la carriera - aggiunge Donald dando una battutina salace alla cultura woke. Una cosa è certa: Meloni era l'unica donna là in mezzo e la galanteria era d'obbligo. C'è pure un ruolo per Hamas che durante l'interregno, avrà incarichi di polizia. Insomma, Trumpone gasato come in preda alla cocaina dopo la Knesset monocamerale, a Sharm promette ricchi premi e cotillons per tutti. Pertanto, non voleva più schiodarsi dal podio egizio.
Passa il principe bin Salman con il mantello bianco e la kefiah regale e Trump lo guarda con un po' di invidia. Forse vorrebbe indossarne uno anche lui ed essere il nuovo Lawrence d' Arabia, il grande condottiero delle tribù arabe. Diamogli un cammello.
Firmato l'accordo di pace, a noi comuni mortali non ci resta che incrociare le dita e sperare nell'eterogenesi dei fini.
San Edoardo
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