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18 September 2025

La Turchia fra grattacieli e minareti


Come va la guerra? O meglio, le guerre? Ma soprattutto, a che punto sono? Meglio non pensarci. Riflettevo mentre ero via, avendo volontariamente ignorato le notizie sui media, che una delle ragioni per cui si viaggia è quella di cercare di sostituire col movimento, quello spazio che ci viene costantemente negato. E' inutile illuderci, non abbiamo presa sui fatti che ci piombano addosso. Sono arrivata in Turchia con tutti i miei pregiudizi sui turchi. E il bello è che la realtà, ha dato ragione al pregiudizio. Ultimamente sono circondata da parenti e conoscenti che divorano telenovelas turche pensando ingenuamente che la realtà sociale di quel paese sia aderente alle serie. Questi sceneggiati fatti in serie, li chiamano dizi caratterizzati dalla lunghissima durata degli episodi, produzioni costose con riprese principalmente girate in ambientazioni reali per le strade e nei palazzi di Istanbul o sullo sfondo geografico della Cappadocia (anche la maggior parte degli interni sono girati senza ricorrere agli studi televisivi); una fotografia dai colori ipersaturi; estrema attenzione all’aspetto estetico degli interpreti; trame ricche di triangoli amorosi, tensioni familiari e contrasti tra classi sociali differenti, che spesso hanno alla propria radice storie tratte dal canone mediorientale tradizionale (il Tascabile). Erdogan, pur disprezzando i dizi e i valori che rappresentano, ne comprende l’utilità per espandere il proprio soft power e ristabilire l’egemonia culturale turca. 


Un fenomeno, quello delle telenovelas turche, che porta con sé anche una coda turistica di centinaia di migliaia di argentini e brasiliani, che a partire dal 2017 volano a frotte verso Istanbul, per visitare dal vivo le ambientazioni delle proprie serie televisive preferite. Probabilmente con la speranza inespressa di incontrare di persona qualcuna delle nuove icone  oramai divenute celebrità globali che vi appaiono.

Ma torniamo coi piedi per terra. Sbarchi e imbarchi in aeroporti sono strettamente controllati con l'introduzione (per me pessima e intrusiva) dei dati biometrici e dei body scanner come da noi. La sindrome del "terrorismo internazionale" usato come paravento per privare delle libertà è pressoché simile alla nostra. Ma quel che mi ha colpito di più è l'aumento esponenziale delle donne velate. Mi dicono che prima non era così, che c'erano più ragazze vestite all'occidentale. Certamente  non aiutano i paesi mediorientali e dell'Asia Centrale confinanti con la Turchia come la Siria, l'Arabia Saudita, l'Afghanistan, l'Iraq tutti fortemente destabilizzati da guerre devastanti e da cambi di regime, da miseria e  da crisi economiche che sospingono legioni di immigrati con donne dal velo integrale nero a svolazzare come corvi funesti per le strade di Istanbul, di Smirne, di Ankara e di altre città. E pure Erdogan mostra in pubblico la moglie col veletto, certamente più discreto di quello iraniano o dell'Arabia Saudita, ma pur sempre tale. Così molte ragazze impiegate negli uffici pubblici, alla cassa di bar e ristoranti e  luoghi pubblici vari, lo indossano. Per non farlo scivolare giù lungo i capelli, mettono una sorta di postiche in alto. 

A proposito di velo integrale e altri stracci beduini, mi capita di recarmi alla toilette e di notare che  passano davanti un paio di scurbatt nere (come le chiamano a Milano) che ovviamente non rispettano le code. Uscite dal bagno la scurbatta  fa scorrere l'acqua del lavabo e che ti vedo mentre si lava le mani? Dal polso salta fuori un rolex d'oro sul polso destro e numerosi bracciali scintillanti fatti a cerchi su quello sinistro. Roba da restarci secca. Comprarsi un vestito un po' più  decente e presentabile, ma soprattutto meno maleodorante, no? Insomma, il contrasto fra l'oro e gli stracci neri è per lo meno, sgomentevole. 

La città di Istambul (un tempo Bisanzio e poi Costantinopoli) è notoriamente bella, specie nel centro storico. Santa Sofia. è una chiesa un tempo bizantina convertita in una moschea. La basilica di Santa Sofia è uno dei più grandi esempi superstiti di architettura bizantina. Il tempio stesso era così riccamente e artisticamente decorato, che Giustiniano, una volta completati i lavori, esclamò: "Salomone, ti ho superato!" . Giustiniano stesso curò la realizzazione della cattedrale, la più grande mai costruita fino a quel momento e per i quasi 1000 anni successivi. Purtroppo, con la recente riconversione in moschea, le immagini sono state proibite nel tempio. A malapena sopravvivono alcuni mosaici bizantini che emergono miracolosamente dall'intonaco con parti mancanti.


Mosaico bizantino in Santa Sofia

Tralascio la descrizione della Moschea Blu e di quella di Solimano il Magnifico che ho comunque visitato sopportando l'odore di scarpe da ginnastica sudaticce sugli scaffali interni (ma perché non mettere le scaffalature fuori dai locali?), per parlare delle 5 preghiere al giorno e durante la notte di muezzin dalla voce sgraziata e di minareti che pervadono tutto il paesaggio turco. Tanti, appuntiti e acuminati che svettano verso il  cielo come se volessero marcare il territorio. Di contro, lo sviluppo delle loro metropoli è soffocante con grattacieli su modello americano (alcuni con facciate in cristallo), cartelli e insegne pubblicitarie. Le distanze tra una regione e l'altra sono siderali, dato che la Turchia (per buona parte, in Asia Minore e solo un pezzetto, in Europa) ha una superficie che è due volte e mezzo a quella dell'Italia. L'Anatolia è una regione povera e depressa, notoriamente terra di immigrazione, dove vivevano e vivono, molte comunità greche, ben descritte dal regista Elia Kazan nello splendido film "Il ribelle dell'Anatolia". Si tratta di un vasto altopiano brullo, privo di coltivazioni, attraversando il quale, ci si sente persi in una No Man's Land. Mi dicono che Erdogan non faccia nessuna agevolazione di prestiti agricoli per questi poveri contadini sempre più costretti a cedere i loro appezzamenti di terreno a prezzi di sottocosto per recarsi in città, trovarsi un tetto sopra la testa e fare lavori modesti magari sottopagati. 

Kemal Atatürk, eroe nazionale turco fondatore e primo presidente della repubblica (dal 1923 al 1938) almeno aveva fondato la banca dell'Agricoltura concedendo prestiti agevolati in caso di calamità naturali e per il rinnovo degli attrezzi. Del resto, non c'è edificio importante, dove non sventoli il severo ritratto di Atatürk, scolpito perfino in alcune rupi di montagne, la cui effige ricorre costantemente nella loro moneta, una Lira turca sempre più svalutata. Una delle poche cose buone che i turchi (e penso non solo i turchi) riconoscono ad Erdogan, è di aver chiuso la fly zone agli israeliani, interrompendo le relazioni commerciali con loro, a causa di Gaza, Cisgiordania, e ora delle provocazioni in Qatar a Doha. Ma, data l'indole instabilmente levantina del Sultano, riuscirà a tenere fermo il suo proposito? 

Il Gran Bazar di Istanbul è sovraccarico di mercanzie d'ogni tipo: da spezie d'ogni genere a tessuti, da calzature, a vestiario, passando per sfarzose gioiellerie, tappeti eccetera. Non c'è cosa che non sia in vendita, ma i turchi sono invadenti, insistenti e non ti puoi fermare a guardare e a riflettere che saltano fuori almeno in due o tre, ti chiamano dentro i loro locali (evitate di farlo), ti mostrano mercanzie d'ogni genere promettendo sconti favolosi che quasi mai si avverano. Non c'è griffe d'alta moda, di pelletteria e di accessori che non sia taroccata o taroccabile. Si vedono articoli con il logo dei due cerchi intersecati di Chanel, il marchio di Dolce e Gabbana, di Prada, di Louis Vuitton, di Armani, di Gucci,  un po' dappertutto. Non manca poi il cosiddetto Italian Sounding, insegne in Italiano che promettono specialità  gastronomiche di un Made in Italy  tutto fasullo. Insomma, un'autentica fiera dei Tarocchi. Esistono negozi e spacci in cotone prodotto in Turchia (un buon cotone - devo dire) specializzati in contraffazioni raffinate perfino di Burberry e Lacoste, una vera e propria arte degli inganni che spesso attrae turisti un po' gonzi, convinti di fare affari e di ottenere forti ribassi. 


I misteriosi camini delle Fate in Cappadocia

Oltre a città custodi di attrazioni storiche e artistiche, appena fuori dal centro storico si viene immersi in un'urbanistica caotica e abusiva da far venire i brividi. Ma per fortuna la Turchia dispone di  vasti paesaggi selvaggi e suggestivi come la Cappadocia, nota per i Camini delle Fate. Ovvero piramidi di terra con morfologia tipica formata da un prisma verso l'alto, composte da  tufo estremamente friabile, sormontato da un cono dello stesso materiale, ma più compatto, che protegge la roccia sottostante. Queste formazioni rocciose sono credute fatate, in quanto secondo la leggenda, i massi di basalto più scuro che fungono da cappuccio sulla sommità, furono posati da divinità celesti. Alcune di queste sculture naturali,  sembrano grossi funghi dotati di cappello. Ne ho fotografati parecchi. Qualcuno di questi è stato commutato in alloggio e Bed & Breakfast, come avviene anche da noi a Matera. Così, come sono suggestive a Pamukkale, le cascate pietrificate  coi depositi di carbonato di calcio stratificati  di benefiche terme che nel tempo e a causa del cambiamento climatico, si sono ritirate. Detta località è tutta bianca come la neve e la  chiamano "il castello di Cotone". 


Pamukkale: le cascate pietrificate


Le mongolfiere sono diventate il simbolo della Cappadocia e c'è chi si alza alle 4 di mattina per salirci sopra, non prima di aver sborsato 300 euro. Perché, a proposito di soldi, i turchi sono abili a richiedere pregiata valuta "forte" straniera come Dollari ed Euro. Ma i turisti volano  spensierati sulle mongolfiere che sovrastano le valli lunari della Cappadocia, scenari dove hanno girato alcuni film. 

Una cosa che deve risultare irritante per i poveri Greci, è vedere nei dépliant e opuscoli illustrativi turchi, il Cavallo di Troia dell'Iliade  e  la città di Ilio (Troia) col nome turco di Truva. Come pure, dover ascoltare dalle guide turistiche turche, i racconti di leggende e miti greci incastrati nella narrativa storica turca, manco fosse tutta roba loro. Efeso, città greca con vestigia e resti del periodo alessandrino è diventata turca dopo aspre battaglie e aggressioni dell'Impero Ottomano contro la Grecia. E anche Smirne è diventata Izmir.  Per fortuna c'era la Serenissima a impedire che gli Ottomani si pappassero anche Creta (Candia o la Candea per i Veneziani) e le 7 isole joniche come Corfù, Cefalonia, Itaca, Zante e altre tre. 

Non è andata così, per Cipro suddivisa in due da un muro che suddivide la parte greca da quella turca, un vero e proprio muro della Vergogna. 

La Casa di Maria

La Madonna di Efeso sulla Collina degli Usignoli, divenuta luogo di  grazia e di  pellegrinaggio cristiano chiude il mio viaggio con una sorgente di acqua che dicono miracolose da me bevuta e con cui mi sono lavata il viso. Dicono che la Madonna abbia vissuto lì, negli ultimi anni della sua vita fino alla morte. Nella cappelletta-santuario dove non lasciano scattare foto coi telefonini, c'è un prezioso rosario offerto da Papa Ratzinger che transitò  in quel luogo suggestivo fatto di verde, di acque zampillanti e di quiete. L'ultima grande regione visitata è l'Egea, decisamente la più verde, la più coltivata a ulivi, fichi, alberi da frutta che conduce verso il mare con stupendi litorali.

Appena sbarcata in Italia, non prima di venire sottoposta ai soliti controlli, rieccoci schiacciati dal mondo addosso: Gaza rastrellata con attacchi terrestri e occupazione di carri armati rovina per rovina, macerie per macerie. Essere umano per essere umano. E vengo pure a sapere dell'uccisione del povero Charlie Kirk da parte di uno dei soliti balordi americani senza causa. Troppo lavoro per la Madonnina addetta ai miracoli, lassù, sulla Collina degli Usignoli. 

Santa Sofia (per curiosa coincidenza)

2 comments:

The FrancK said...

Grazie per il tuo sguardo sulla Turchia :-)

Nessie said...

Grazie a te per il passaggio.