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06 November 2025

Iperico, male oscuro, Spleen







Novembre è considerato il mese più malinconico dell'anno. Non solo perché si celebrano i cari defunti, ma perché le giornate si accorciano, le notti diventano più lunghe dei giorni, gli alberi perdono la chioma, i cieli sono grigi e con il morire della stagione, non sono pochi coloro i quali soffrono di un disturbo che i soliti anglosassoni hanno chiamato con l'acronimo  di SAD (Seasonal Affective Disorder ovvero Disordine Affettivo Stagionale).  L'acronimo, guarda caso, significa "triste".
Tra le terapie in uso, specie nei paesi nordici privi di luce, vi è quella di esporre il paziente sotto forti lampade che ne stimolano la serotonina. Alzi la mano chi non ha mai sofferto di malinconia autunnale, specie dopo il ripristino dell'ora solare. La parola "melanconia" proviene dal greco melas "nero"e konis "polvere" (ovvero bile nera). Una sua variante cristiana è l'accidia, considerato dalla dottrina uno dei sette peccati capitali, dato che reca indolenza, passività e indifferenza. Poiché secondo la concezione di Ippocrate la bile nera veniva elaborata dalla milza, concezione rafforzatasi poi durante il Medio Evo fino all'età romantica, da qui la parola spleen (milza), un suggestivo termine impiegato da Baudelaire per indicare l'umor nero. Quattro sono infatti gli Spleen composti dal poeta ne "I fiori del Male". E ne citerò solo qua e là qualche frase, tratte da un paio della raccolta.
Ho più ricordi in me che se mille anni avessi/Un grosso mobile a cassetti stipato di bilanci/versi,lettere d'amore,di verbali,di romanze/e di pesanti ciocche di capelli avvolte da quietanze/non nasconde segreti quanto il mio cervello triste:/piramide ed immensa tomba/cela più morti che comune sepoltura/
Io sono un cimitero dalla luna aborrito/in cui vermi lunghi,come rimorsi,si trascinano/ e che sempre s'avventano sui morti miei più cari/
Sono un vecchio salotto,  d'appassite rose ricolmo/
Dove alla rinfusa le mode sorpassate insieme giacciono...

II - Quando come un coperchio il cielo pesa
grave e basso sull'anima gemente
in preda a lunghi affanni, e quando versa
su noi, dell'orizzonte tutto il giro
abbracciando, una luce nera e triste
più delle notti; e quando si è mutata
la terra in una cella umida, dove
se ne va su pei muri la Speranza
sbattendo la sua timida ala...

Certamente in lingua originale è  assai più efficace. Lo spleen, benché stato d'animo d' umor nero, è per Baudelaire la condizione necessaria per pervenire all'Ideale. Nella concezione baudelairiana Spleen et Idéal sono infatti intimamente congiunti. Pare che il poeta soffrisse fortemente di questo "disordine" ma che proprio per questo, ne avesse bisogno per raggiungere le sue sublimi idealità poetiche. Questo stato d'animo lo si coglie anche in Spleen di Parigi, un  suo poemetto in prosa: Allora dimmi, che cosa ti piace, o bizzarro straniero? Io amo le nuvole ...le nuvole che passano...lassù... le nuvole meravigliose. Lo straniero passa  quindi per due stati d'animo: da quello melanconico spaesato, a quello in cerca di ideali.

Eugenio Montale in una sua poesia lo chiama il Mal di vivere: 
Spesso il male di vivere ho incontrato/ era il rivo strozzato che gorgolia/ era l'incartocciarsi della foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato.




E' ancora in questa poesia del pittore-poeta Ardengo Soffici che la incontriamo per la "Via".


Palazzeschi, eravamo tre,
Noi due e l'amica ironia,
A braccetto per quella via
Così nostra alle ventitré
..........................


Finale

...Ma un organetto un po' sordo
si mise a cantare: Ohi Marì...

E fummo quattro oramai
A braccetto per quella via
Peccato! La malinconia
S'era invitata da sé.



Una poesia (qui il testo integrale)  che parte allegra e scanzonata, ma che nel finale descrive come lo stato d'animo della malinconia crei quasi un effetto-imboscata per chi ne è colpito.



Lo scrittore veneto Giuseppe Berto la descrisse come una discesa agli inferi nel suo romanzo "Il male oscuro" e per raffigurarne la nevrosi d'ansia che l'accompagna scrisse il romanzo senza punti né virgole, in  un flusso di coscienza ininterrotto. Non ne soffrono solo i poeti e gli scrittori, ma anche gli artisti (pittori, scultori, musicisti). Ne soffrì Michelangelo, Caravaggio, Cellini, Albrecht Dürer e molti altri... Tutti figli di Saturno. 

Malinconia - Edward Munch

Il citato Dürer ne fece anche una famosa incisione a bulino dal titolo "La melanconia" (immagine in alto al centro del post), sulla quale sono state avanzate parecchie ipotesi e chiavi di lettura. Ma secondo la più accreditata, pare voglia indicare una condizione primitiva, come il primo gradino della conoscenza da perseguire in salita, uno stato d'animo di travaglio interiore assimilabile alla notte, alla "nigredo" dell'elemento ctonio (cioè della terra). La donna infatti è cupa in volto e la scritta sul nastro sorretto dal pipistrello sembra indicare proprio questa condizione di "melanosi" e di "nigredo" paragonabile ad uno stato d'animo di pensosità travagliata.
Mistero e malinconia di una strada (De Chirico)


 E' un tema che ha attraversato anche la pittura dal Rinascimento fino ai nostri giorni. Edward Munch, grande cantore espressionista degli stati d'animo esistenziali (L'Angoscia, L'Urlo) ha composto un dipinto intitolato Malinconia (immagine più sopra). Un topos ricorrente anche in uno stupendo famoso dipinto di De Chirico che ha colpito non poco l'immaginario collettivo dal titolo "Mistero e malinconia di una strada", quello dell'ombra della bambina che gioca col cerchio in un viale solitario. 
Iperico o erba di San Giovanni


Ma certamente per i malinconici, o accidiosi o depressi o affetti dal male oscuro, o come vogliamo chiamarli, non è di conforto né di consolazione sapere che non sono pochi i personaggi famosi afflitti da questo male. In epoche più vicine alla nostra ne soffrirono pure persone di grande successo politico come Churchill che nei momenti cupi sognava di venire inseguito da un cane nero, e giornalistico come Montanelli. Esistono rimedi senza dover sconfinare nella zona grigia degli psicofarmaci e sono l'Iperico (pianta di Iperione, il nome greco del Titano padre di Elio-Sole) che si assume anche in tisane e infusi. Grande è il valore simbolico di questa pianta dai bei fiori giallo-sole (il colore della luce che tanto piaceva a un melanconico cronico come Van Gogh - si pensi solo ai suoi girasoli o ai campi di grano). Capace di combattere gli stati depressivi, l'Iperico è anche un potente cicatrizzante. In fondo, a ben rifletterci, è come immettere piccole dosi di sole nel corpo di chi vede buio e non riesce a uscire dall'oscurità. Non di rado dunque anche la medicina e la farmacopea sono fatte di simboli e metafore proprio come le arti, la poesia e il linguaggio, dai quali indirettamente attingono.

San Leonardo