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28 August 2025

La strage dei negozi di prossimità




Vi sarà capitato di osservare che nelle città italiane, piccole, medie e grandi, nei villaggi, nei paesi, si assiste a una silenziosa desertificazione del commercio al dettaglio.  Dove c'era un'edicola, ora c'è una serranda che la chiude e la impacchetta come un fantasma grigio e nero. Chi vuole un quotidiano, è costretto a comprarlo nei supermercati.  Dove c'era una rivendita del pane e dei commestibili, troverete locali vuoti. Idem per l'abbigliamento, forse tra i settori più penalizzati. Anche gli esercizi che forniscono servizi (ferramenta, lavanderie, cartolerie, ecc.) bisogna andarseli a cercare almeno due comuni al di fuori del proprio. Il commercio di vicinanza ha visto un calo significativo negli ultimi dieci anni, con stime che indicano la chiusura di oltre 140.000 negozi tra il 2012 e il 2023/2024 (fonte Agi). 
Le cause principali di questa tendenza sono l'ascesa del commercio on line, la concorrenza della grande distribuzione (outlet, supermercati, centri commerciali, catene di globalizzazione), l'aumento di affitti e tasse, e le difficoltà burocratiche per chi vuole ottenere una licenza. La crescita dello shopping online ha certamente avuto una forte incidenza sulla chiusura dei negozi con l'aumento di affitti e tasse e le difficoltà burocratiche rappresentano un peso insostenibile per molte di queste attività. Specie poi, se l'esercente è italiano. Scorciatoie e agevolazioni, invece, per l'aspirante esercente straniero.
Questo fenomeno porta a un rischio di "desertificazione commerciale" nelle città, specialmente nei centri storici laddove botteghe e piccoli laboratori artigianali avevano una funzione di animazione, di punto di riferimento e di ritrovo del borgo stesso che nel Bel Paese costituisce una sorta di biglietto da visita, una carta di identità . E mentre i borghi (anche quelli di notevole impatto storico e richiamo turistico) languiscono, avrete notato qualcuno di quei lugubri veicoli di Amazon sempre più  simili a carri funebri, che lanciano la merce bella impacchettata davanti ai cancelli o ai portici delle abitazioni. Si infilano dappertutto, perfino nelle località fuori mano. Il picco delle vendite on line, lo si è realizzato, come è facile intuire, durante  i confinamenti sanitari della cosiddetta "pandemia".  Lì, c' è stata una grande manna dal cielo per i  grandi distributori del e-commerce globale. Ed è lì che è stata assestata una consistente mazzata contro il commercio al dettaglio. 



 I dati e  le fonti  di questa desertificazione commerciale,  si possono reperire dalla Confesercenti e dalla Confcommercio. Eccone alcuni, sebbene non ancora aggiornati al 2025

Dati di Confesercenti:
Dallo studio di Confesercenti del 2024 si evince che sono cessate 140.000 attività commerciali in Italia negli ultimi 10 anni.
Dati di Confcommercio:
Dalle analisi di Confcommercio, nel periodo 2012-2024 sono sparite 118.000 attività al dettaglio. 

Tuttavia, le associazioni dei commercianti e artigiani non ci dicono che in realtà è in atto da tempo un progetto concentrazionario e  centralizzatore lobbistico che mira a liquidare tout court, lo stile di vita italiano. Infatti lo spopolamento dei piccoli comuni  dovuto anche al calo delle nascite, è inversamente proporzionale alla nascita di "città parallele" - quelle che Marc Augé chiama "non luoghi". Ovvero false cittadelle commerciali alienanti sempre più simili a delle Disneyland che ricordano l'ingannevole Paese dei Balocchi di Pinocchio. Lì, i  consumatori re-infantilizzati e zombificati  per l'uopo, si aggirano per reparti con sguardo inespressivo, tra le merci.
Fanno parte di questo malsano progetto anche le sperimentazioni sulle "smart city", dette anche "città intelligenti", altri ghetti commerciali creati bell'apposta per controllare i cittadini e non fare muovere le persone al di fuori di un certo perimetro, con la scusa "green" di frenare l'inquinamento e la CO2 nelle città. La Milano di Sala ne è già un tragico esempio.

C'è inoltre la questione non secondaria dell'impatto urbanistico, territoriale e sociale. La chiusura di molti negozi  di prossimità porta a una desertificazione commerciale delle città, con un impatto negativo sulla qualità della vita nei quartieri (si pensi solo a bambini ed anziani) con conseguente perdita d'identità delle nostre città. Non dimentichiamo inoltre che ogni negozio, ogni bottega, ogni esercizio che chiude i battenti,  crea  quasi automaticamente zone di degrado con graffiti e scritte con bombolette spray sulle saracinesche e sui muri adiacenti. Non ultimo, si assiste a bivacchi sotto i portici, a zone franche di gente dedita allo spaccio e al malaffare, accompagnati da sporcizia varia (bottiglie e lattine vuote sparse in giro, cartacce, ecc). 
Il dettagliante aiuta a mantenere ordine, bellezza, pulizia. Spesso orna il suo habitat con  zone dehors ornate da fioriere e composizioni floreali che sono parte integrante dell'arredo urbano.  Insomma, tutto ciò che di bello abbiamo sempre dato per scontato nei nostri centri piccoli e grandi, rappresenta una forma di civile presidio del territorio, oggi -ahimè -  messo sempre più  in precarietà. E non basta farne solo una questione di "ordine pubblico" con qualche agente in divisa lì piantonato nei pressi.

C'era una volta un'edicola....

Forse mi sono distratta, ma non mi pare che questo governo autodefinitosi "sovranista" e "identitario" stia spingendo per il mantenimento e la conservazione di quella che è una cifra specifica del cosiddetto made in Italy proprio a partire dal ripristino delle botteghe storiche, delle arti e dei mestieri, attuando magari opportune agevolazioni per un settore tanto in sofferenza. 

Sant'Agostino

20 comments:

Anonymous said...

Penso che questa dei negozietti di prossimità, abbia sempre a che fare con il concetto già largamente analizzato, di "sostituzione". Chiudono negozi con gestori italiani e magari con prodotti italiani, ma si fanno largo quelli "etnici" con personale straniero. Spesso si sentono anche degli odoracci di aglio e di spezie davvero insopportabile per noi italiani. E i mercati, un tempo gestiti da ambulanti italiani, mettono in esposizione stracci beduini che nessuno di noi indosserebbe.

Anonymous said...

C'entra anche molto il fatto che i negozi piccoli, non possono permettersi di fare prezzi competitivi rispetto alla grande distribuzione, proprio a causa delle spese di gestione che devono sostenere. E i consumatori alla fin fine li disertano per questioni di risparmio economico.
Scusa Nessie, anche il commento precedente è mio.
Fabio

Nessie said...

Qui da noi in Lombardia, c'è un proliferare di quei negozi etnici dagli odoracci spessi e per noi, sgradevoli. Specie quelli che vendono kebab. Certo che sì, che ha a che fare anche col discorso della "sostituzione". Mano a mano che arrivano immigrati provenienti da altri paesi, si cerca di incoraggiarne i loro commerci, non di rado, a discapito dei nostri. Non so quanti parrucchieri e sartorie cinesi ho visto in giro, ad esempio. Mi piacerebbe sapere se sono tutti in regola.
Vero poi quel che scrivi sulle politiche dei prezzi che non sono state all'altezza e che spesso si è costretti a malincuore a disertare i negozi di prossimità, pur di risparmiare qualche soldo in più.
28/8

Anonymous said...

A me mancano tanto le librerie dove andavo ad acquistare libri facendomi cosigliare dal libraio e magari scambiare quattro chiacchiere. L'ultima cartolibreria , dove da ragazzina andavo a comperare i diarii con lucchetto , è scomparsa 2 anni fa. Anche un negozio di dischi dove mia nonna andava a comperare i libretti delle opre ha chiuso, era un pezzo di storia della città. In compenso si è installata una Coop in pieno centro a pochi passi dal castello estense in un palazzo storico e pochi anni fa sempre in un contesto storico a 50 metri dal Duomo aveva aperto un kebabaro rigorosamente halal. Non riconosco più la mia città.
Maria Luisa

Cangrande said...

Come è ovvio, tutto questo è evidentemente voluto.
Conoscenza personale, un piccolo storico negozio di articoli di moda di alto livello, nel centro della mia città, aperto dal 1975, tra tasse e imposte dirette e indirette di ogni tipo, sottolineo: di ogni tipo, anche le più assurde e vessatorie, paga circa l'80% rispetto a ciò che fattura.
"Loro" vogliono annichilire l'iniziativa privata, tramite i loro servi comunisti, agendo sulla leva dell'innata invidia di questi ultimi.
I comunisti, essendo totalmente incapaci ed inetti in tutto, oltre che amorali e disonesti, invece di tentare di emulare quelli migliori di loro, li distruggono.
L'unica cosa che sanno fare bene: distruggere.

E "loro", i famosi mandanti che non si possono nominare, li premiano con cariche e sotto-cariche a livello nazionale e locale foriere di soldi.

Ora, però, non sono solo i ripugnanti, inetti ed amorali comunisti ad essere i servi di "loro". Ma ugualmente la cosiddetta "destra" e quei cinghiali ributtanti di leghisti.

"Loro" li hanno tutti in pugno, uno per uno.
L'unica forma di rivolta e disobbedienza civile e politica, come espresso da me più volte (scusate se mi ripeto...), è di rigettare in toto il sistema, non partecipando mai più alle farse elettorali e "democratiche".
Tutta roba inventata da "loro" per sottometterci, con la prospettiva ultima di estinguerci e di ammazzarci tutti (non esagero).

Nessie said...

Maria Luisa, c'è un negozio di vecchi dischi di vinile e di DVD che io frequento perché mi fa arrivare film d'autore fuori circuito, che ha dovuto trasferirsi, perché si trovava sotto una galleria tutta fatta di negozi dismessi. E allora tutta la teppaglia si rifugiava là sotto a bivaccare addirittura coi sacchi a pelo per la notte. Questo prezioso negozietto adesso si è trasferito davanti alla caserma dei carabinieri e il suo esercente si sente più tranquillo. E' stato derubato due volte dei suoi non certo cospicui guadagni.
E' facile non riconoscere più la propria citta: basta guardarsi in giro e sentire idiomi a noi sconosciuti.
28/8

Nessie said...

Cangrande, ma certo che è un fenomeno sospinto, incoraggiato e voluto fino ad estreme conseguenze. E l'ho pure scritto. Da notare però, che i negozi cosiddetti etnici, gestiti dalle risorse, riescono sempre a trovare scorciatoie alla Camera di Commercio e riduzioni di quelle tasse che, invece, mangiano vivi i nostri e non permettono loro di realizzare profitti.
Il governo di "destra", però lascia fare e alla fin fine incoraggia il commercio on line, i carri funebri di Amazon, i rider schiavizzati e sfruttati al servizio delle multinazionali e tutto il resto. Spero che la gente se ne renda conto.
28/8

Nessie said...

PS: Quanto sta avvenendo era stato anni prima profetizzato da quel sociopatico di Klaus Schwab con il suo grande Reset:
"Fino al 86% dei posti di lavoro nella ristorazione, il 75% nei commerci al dettaglio e il 59% degli impieghi nell'intrattenimento, potranno essere automatizzati da qui al 2035."

https://sauraplesio.blogspot.com/search?q=perline+sociopatiche
Come si vede, sta mantenendo le sue "promesse".

28/8

Anonymous said...

I famosi "non luoghi" citati da Augé si sostituiscono sempre più ai luoghi veri che avevano una storia e quindi un'anima. I cittadini diventano tutti "utenti", parola orribile. Le città cambiano volto e diventano anonime e alienanti. Chiudono negozietti e botteghe artigiane e spuntano come funghi supermercati e catene globali. Una vera tristezza!
Le fotografie che hai messo nel post, sono sempre più frequenti per chi si aggira in città.
Rosaspina

Nessie said...

Sì, in ogni città. E non vengono risparmiati nemmeno i piccoli villaggi di campagna e di montagna, sempre più spopolati con case vuote dai battenti chiusi, perché una volta morti i vecchi, i più giovani non ci vogliono stare. Anche questo dello spopolamento è un bel problema. Che però non frena la costruzione di "cattedrali nel deserto" come i centri commerciali e outlet a cui si accennava.
29/8

Alessandra said...

Negli ultimi anni vedo chiudere librerie, edicole, negozi d'abbigliamento e oggettistica persino all'interno degli stessi centri commerciali.
Ho letto pochi giorni fa un articolo - l'ennesimo - riguardante una delle tante attività che stanno per chiudere anche nella mia zona: un negozio di ferramenta il cui titolare annuncia la chiusura per motivi di età ma anche di mancato ricambio generazionale (poiché ci sono sempre meno passaggi di gestione dai genitori ai figli) e di cambiamento nei rapporti tra esercenti e clienti, complice la diffusione capillare del commercio su Internet.
"Negli anni ho conosciuto davvero tanta gente, ma non è più come una volta, nel tempo è cambiato tutto il commercio, la società e anche le persone, insomma i rapporti non sono più come erano un tempo. Oggi entrano persone in negozio che, senza chiedermi il permesso, fotografano i prodotti sugli scaffali e dopo aver controllato sulle piattaforme informatiche prodotti analoghi mi dicono che li sono meno costosi e mi chiedono di trattare sul prezzo".

Questa riflessione lascia davvero l'amaro in bocca.

https://www.polesine24.it/cronaca/2025/08/19/news/dopo-42-anni-chiude-la-storica-serranda-371104/

(29/8)

Nessie said...

Sì Ale, lascia davvero l'amaro in bocca questo articolo che consiglio a tutti di leggere. Alla fine la cosa che conta di più è fotografare l'oggettistica e comparare i prezzi. E conferma quanto ho scritto: un negozio di pubblica utilità, rappresenta anche un punto di incontro e di ritrovo per i cittadini (se si trova in città) o per i paesani (se si trova in paese) laddove gli avventori, spesso si davano pure dei consigli di bricolage. Allora non c'erano i Brico e Leroy Merlin che è una grande catena francese. Ci sono poi regioni come la Toscana, il Veneto, le Marche, dove il negozio non di rado era anche una bottega artigiana. Penso ai mastri pellai che vendevano borse, cinture e calzature in Toscana. Penso alle vetrerie e ai mastri vetrai di Venezia, oggi soppiantati a causa delle cineserie.
In Liguria, sopravvivono un po' i negozi di forniture marittime e della pesca. In quel caso, il negozio, diventa una piccola piazza virtuale dove si danno dei consigli su come pitturare le barche e pure le tecniche di pesca. L'Italia che proviene dall'età dei Comuni dava addirittura i nomi delle strade, a seconda delle rivendite e dei commerci che c'erano: Via dei Beccai se c'erano macellerie, via dei Tessitori, via dei Tintori ecc.
Sono tutte cose che dimentichiamo, è un peccato!
29/8

Cangrande said...

Anche questo articolo è stato ripreso da Comedonchisciotte, in "prima pagina":

https://comedonchisciotte.org/la-strage-dei-negozi-di-prossimita/

Anonymous said...

Ho visto che questo post (meritevole) è stato ripreso da CdC. Segnalo lì, i buoni commenti di GioCo e di Natascia. Sono d'accordo col primo quando sottolinea il problema delle autonomie del lavoro. E difatti quello degli esercenti rientra nel quadro degli impedimenti verso tutte quante le forme di autonomia (sanitaria, culturale, biologica, economica ecc.).
C'è pure il discorso della "disumanizzazione ' e della smaterializzazione. Il negozio fisico crea una forma di aggregazione e socialità. La compra-vendita on line è l'ennesima forma di alienazione digitale.
Dario

Nessie said...

Grazie Cangrande e Dario, ho visto. E letto qualcuno dei commenti meritevoli.
Ne cito un pezzo di GioCo
"L’intera faccenda va avanti da decenni e la tutela dei piccoli esercenti è un problema classico di “autonomia del lavoro“.
Ma se non allarghiamo lo sguardo (di parecchio) poco si capisce cosa succede. L’ottusità indotta dai Padroni del Discorso è ostentatamente pervicace, non sparisce se te ne accorgi. Tanto per cominciare a essere sotto attacco sono tutte le autonomie: quella economica, quella medico-sanitaria e biologica (ad esempio determinare se vuoi o no avere figli “tuoi” che indico come “autonomia procreativa“) come quella alimentare ed energetica. L’autonomia del lavoro è una sottovoce dell’autonomia economica. ".
Vera poi la faccenda della smaterializzazione e disumanizzazione. Lo shopping on line è l'ennesima forma di solitudine alienante di chi si illude di riempirsi la vita con gli acquisti a domicilio. Troppe merci in circolazione per far felici gli esseri umani!
31/8

Nessie said...

D'accordo anche con Natascia quando scrive: " L’Italia è in prima linea nell’ assalto perché è ancora ricca di ogni cosa: bellezza, tradizione, manualità ma soprattutto ingegno.". Sì, è proprio questa creatività e ingegnosità a dare fastidio.
31/8

Nausicaa said...

Durante la pandemenza ho avuto esperienze sia negative che positive, relative agli esercenti. Alcuni non facevano entrare senza il greenpass, nel timore di rappresaglie e ti trattavano come un' appestata. Altri facevano finta di niente e non richiedevano niente a nessuno, perché avevano intelligentemente capito che penalizzare chi ti porta guadagno è farsi un hara-kiri. Su tutti ne ricordo uno molto premuroso. Avevano vietato di consumare bibite al banco, ma di consumare solo nel dehors. Faceva freddo e io bevevo la cioccolata d'asporto nel terrazzo attiguo. Il barista è uscito per chiamarci dentro: "Ma venite dentro a bere da cristiani", ci ha detto. Ecco, l'ha detta giusta: proprio da cristiani. Sì, perché in quel periodo nero ci hanno trattato da bestie.
E comunque è vero che la grande mazzata, il commercio di prossimità l'ha ricevuta durante la crisi del Covid, nonostante sia un processo che dura da decenni .

Nessie said...

"E comunque è vero che la grande mazzata, il commercio di prossimità l'ha ricevuta durante la crisi del Covid".

Diciamo pure che lì, in quel frangente hanno fatto prove tecniche di chiusure e serrate generalizzate, cominciando ad abituarci all'idea della "desertificazione commerciale". Anch'io (e penso a ciascuno di noi) , abbiamo avuto esperienze sia negative che positive in quel periodo. Quelli che hanno fatto i pasdaran del sistema sanitario, non li frequento più. Penso alla mia vecchia parrucchiera professionalmente molto brava, che ho riempito di centoni negli anni, la quale ha rifiutato di fare trattamenti a chi non era in possesso di green pass. Da quando ci sono state le riaperture, non sono mai più sua cliente. Viceversa, sono rimasta amica di quelli che hanno accolto e chiuso un occhio.
1/9

Anonymous said...

Basta venire a Domodossola per capire ciò che abbiamo perso in Brianza.
Grazie anche al contributo dei confinanti svizzero qui si trova quello che da noi è andato definitivamente perduto.
Si affaccia il ricordo del mio arrivo nelle cittadine USA: serie di villettine con giardinetto, senza vita sociale, e, separato, l’unico luogo di aggregazione, il centro commerciale.
Dopo le cinture di sicurezza che ti comandano, dopo gli spot ogni 10 minuti, stiamo raggiungendo gli americani anche nelle città smorte.
Epperò nella prima cittadina in cui mi sono imbattuto, la strada di raccordo terminava aprendo una via sulla destra la cui prima costruzione era una struttura pseudo greca, il ‘Masonic Temple’, e una 1ª via sulla sinistra dedicata ai ‘templi’ delle varie denominazioni religiose, la prima della quale – c’è dubbio? – è la sinagoga. I templi delle due potenze che hanno in mano il potere negli USA, si ergevano come 2 colonne d’Ercole a segnare l’ingresso in città.
Cittadinanza relegata in isolati recintabili, luogo del consumo (e del lucro), luoghi del potere. Tutto chiaro.
Tra breve anche qui?
Oreste

Nessie said...

A proposito di confinanti svizzeri, quando c'erano i confinamenti obbligatori e il green pass selettivo per quelli che potevano avere diritto a un pasto in trattoria e ristorante e quelli no (la mancanza del marchio verde) io e mio marito ci recammo a Locarno. Che piacere poter mangiare sulla piazza principale senza nessuno che ti venisse a chiedere se eri o non eri vaccinato! (il grinkazz)! Perfino i wunster e le patate parevano succulenti! Fu in quel periodo che guardai con sgomento le boutique svizzere strapiene di italiani che facevano compere, mentre fino a poco tempo prima avveniva esattamente il contrario: erano gli svizzeri che venivano a fare compere da noi, passando la frontiera. L'uniformità dei centri commerciali e l'omologazione delle catene globalizzate ha privato il comasco e il varesotto di clientela svizzera.

Un'altra cosa che va osservata è il fatto che la domenica non è più il giorno del Signore, perché là dentro negli outlet TUTTO è in compra-vendita SEMPRE.
5/9