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28 August 2011

Stopper l'immigration massive




Durante il mio breve periodo di soggiorno nelle alpi della Svizzera Romanda mi ha colpito il ripetersi di un cartello assai eloquente, posto lungo i viali alberati delle campagne e i muri di alcuni centri urbani,  scritto sia in lingua francese che in lingua tedesca: STOPPER L'IMMIGRATION MASSIVE! MASSIVENINVASION STOP!
Il manifesto è esplicito: gambe e piedi di orde barbariche che calpestano la bandiera svizzera con la croce bianca su fondo rosso. Qualche sinistro armato di bomboletta di vernice spray (ce ne sono anche lì, purtroppo)  si  è già  teppisticamente  premunito di trasformare la croce svizzera in una croce uncinata allo scopo di  deformare e vanificare il messaggio contenuto nel manifesto.
Ma è  solo un inutile ricatto morale destinato a lasciare il tempo che trova. Non si potrà mai arrestare la legittima aspirazione dei popoli e degli stati a poter controllare in casa propria flussi inseriti appositamente per farli saltare per aria e a disgregarne il tessuto sociale.
Una gentile signora svizzera, proprietaria di un Bed & Breakfast sito in località montana del cantone di Vaud  mi racconta una verità incontrovertibile: "Noi svizzeri abbiamo già dato. Siamo stati i primi a integrare con successo gli stranieri: italiani e spagnoli, all'inizio. E ora che si sono perfettamente integrati nel nostro tessuto, non possono chiederci di ricominciare tutto daccapo con una fatica improba che dura intere generazioni per potersi considerare compiuta,  e per giunta con stranieri di altri continenti".
Come darle torto? Inoltre la Svizzera possiede già  fin dal suo sorgere una multiculturalità endogena: tre gruppi etnici e culturali, di lingua tedesca, francese e italiana,  con diverse confessioni, distribuiti su 26 cantoni sparsi a macchia di leopardo nel territorio ma raggruppati in un'unica Confederazione Elvetica. A questi tre ceppi linguistico-culturali  fondamentali se ne aggiunge anche un quarto minoritario: il romancio, un idioma simile al ladino parlato nel cantone dei Grigioni e nell'Engadina.
 Non ha  pertanto bisogno di importare un pernicioso multiculturalismo allogeno, a rischio di destabilizzazione permanente, su modello melting pot  anglo-americano (si vedano anche gli ultimi fatti di Londra).
L'Union Démocratique du Centre (UDC), che non ha nulla a che vedere con l'Udc di Casini, vuol limitare l'immigrazione in Svizzera. Per fare ciò, ha  lanciato  di recente une petizione  che mira a  ottenere almeno 100.000 firme allo scopo di promuovere un referendum d'iniziativa popolare sull' l'immigrazione.
Diventata  la prima forze politica della Confederazione elvetica nel 2007, l'UDC vuole «contrastare l'immigrazione di massa », limitando il numero degli stranieri che  vengono a  posare le loro valige in Svizzera. «Lo scopo è ridare alla Svizzera  i  mezzi  per gestire in maniera autonoma l'immigrazione », afferma il partito sul suo sito Internet.
L'UDC indica inoltre  che «il flusso di  stranieri che s'installano nel  paese sfugge ad ogni effettivo  controllo. Cause principali  di questo  fenomeno sono l'immigrazione proveniente dall 'Unione europea [UE], le frontiere aperte, i ricongiungimenti familiari troppo facili ». In aggiunta a ciò, vi è l'uso disinvolto del "diritto d'asilo", impiegato pretestuosamente  per eludere i controlli.
Gli  stranieri rappresentano ormai il  20 % dei 7,7 milioni di Svizzeri.
Per porvi rimedio, propone d'iscrivere nella  Costituzione federale il principio d'immigrazione selettiva con l'instaurazione di quote annuali che verrebbero  fissate negli «interessi  economici globali della Svizzera e nel  rispetto del principio di preferenza nazionale».
Qui  nel sito del partito indicato, potete reperire l'appello ai cittadini elvetici a  firmare per la costituzione di un referendum propositivo e le sue ragioni. Mai come ora, siamo tutti svizzeri non è un vuoto slogan.

21 August 2011

C'è ubriaco e ubriaco, vittima e vittima

Quello della xenofilia (ovvero l'amore smisurato per lo straniero con conseguente disprezzo verso l'autoctono) è un tema che ho già toccato varie volte, ma quanto è avvenuto in questi giorni, mi costringe a ritornarci sopra. Maroni avrebbe dovuto proporre di ritocccare la legge sugli incidenti stradali procurati da chi si ubriaca e si droga,  già da  quando a morire per mano degli ubriachi al volante (buona parte dei quali, stranieri), ci sono stati degli italiani, poiché regalare il premio degli arresti domiciliari a chi beve e si droga al volante, è uno sfregio nei confronti dei parenti delle vittime. E invece no, ha lasciato che fosse stato l'ambasciatore francese a protestare con veemenza contro l'idea di mettere agli arresti domiciliari l'albanese col SUV che ha ucciso, andando contromano, quattro ragazzi francesi nei pressi di Ovada. Infatti daranno, all'albanese del Suv, l'omicidio volontario, ritoccando per l'uopo, la legge blanda sull'omicidio colposo. Il che mi va benone, ma si dà il caso che tutto ciò sia avvenuto perché l'ambasciatore francese si è fatto sentire presso il Viminale. Tutto il mio rispetto e cordoglio per i 4 ragazzi francesi uccisi mentre andavano in vacanza, e alle loro famiglie.  Ma gli Italiani morti per mano di rom, romeni, albanesi, moldavi o magrebini  o altro, sbronzi e strafatti di cocaina, cosa sono? Dei rifiuti umani? Perché per questi nostri morti, non è stato fatto niente permettendo a chi ha ucciso di fare solo qualche breve periodo di arresto domiciliare? Perché si è permesso alla magistratura di comportarsi in questo modo indegno e iniquo? Ah già, essi non avevano un ambasciatore francese a perorare la loro causa, ma solo le loro povere famiglie spezzate dal dolore. Quelle che oggi chiedono ad alta voce GIUSTIZIA e coerenza di sentenze. Ma ricapitoliamo.
Correva il dicembre 2008, quando la sottoscritta narrò sul suo blog la triste vicenda dei 4 ragazzini marchigiani uccisi dallo zingaro Marc Ahmetovic strafatto d'alcol alla guida di un veicolo rubato, il quale, invece di una giusta punizione,  ebbe una franchigia-premio in una villa sulla riviera del Conero e un pubblicitario cercò di ingaggiarlo come testimonial per un'eventuale griffe: la rom jeans.  Per fortuna la riprovazione salì alle stelle e l'ingaggio-premio da superstar per aver reciso quattro giovanissime vite non ci fu. Però il rom non scontò nemmeno metà degli anni di uno dei 4 ragazzini uccisi.

Andiamo avanti. Ho sempre cercato di tenere la conta dei crimini scaturiti dalla libera circolazione globalista degli uomini, delle merci e dei capitali, con annessi farabutti di professione per cui falciare una vita è come gustarsi un aperitivo. Sono i crimini del dopo Schengen  e dell'invasione dall'Africa, in qualche modo voluti e messi in conto. Ecco un altro esempio:  è successo a Benjamin Bogdan, camionista romeno, in quel di Bolzano, durante una "contestazione amichevole" con Moreno Mariani, 49 enne. Siccome il Mariani non riusciva a far valere le sue ragioni, si è sdraiato davanti al camion per protesta. La risposta è stata immediata: stirato e ucciso dall'autista del camion come nel fantahorror Terminator. La moglie del poveretto è stata colta da un malore. Eppure, pare che il fatto non sussista, per la magistratura. Bogdan non ha scontato il carcere. Leggere tutti i dettagli  qui.

Andiamo avanti.  Correva il dicembre 2010 quando per Bruno Radosavljevic , il rom ubriaco e drogato che ha investito 11 persone  (chiamate dal Corriere sprezzantemente "pedoni") il  tribunale del riesame di Roma ha deciso di scarcerarlo, rinviandolo agli arresti domiciliari che non esistono : cioè un campo nomadi abusivo, dove poteva  darsi alla fuga quando e come voleva. A Regina Coeli è rimasto solo 20 giorni.

Andiamo avanti. Correva ancora l'anno 2008 di novembre quando un marocchino su un veicolo rubato ha falciato la vita di due sessantenni.
Di esempi come questi, potrei riempire tutto il web; ma Maroni, esponente della Lega, avrebbe dovuto intervenire molto tempo prima e mi meraviglia non poco che un partito che si autodefinisce "identitario" si metta sull'attenti solo quando certe proteste provengono dall'ambasciatore francese. Giorno verrà che si parlerà dello sterminio dei popoli d'Italia e d'Europa voluta da questi stramaledetti banksters globalisti, per cui la vita umana vale meno di zero. Mescolarci, iperpopolarci,  ridurre il controllo del territorio, relativizzare il concetto di giustizia usando il doppiopesismo per uno stesso reato,   è il loro losco obiettivo.  Ma non dimentichiamo che  essi possono farlo, solo grazie all'accondiscendenza dei nostri imbelli e incapaci governanti.

17 August 2011

United Colours of the UK


Ora che le fiamme di Londra si stanno spegnendo, che c'è la mesta conta dei morti, dei feriti,  dei contusi con l'inventario dei danni, si può dire che si sta verificando quanto ho sempre sostenuto in questo  modesto spazio. Ovvero che quella che viene erroneamente chiamata società multiculturale, non è portatrice di alcuna cultura. Semmai, è un modello che  ci è stato imposto per distruggerla, la cultura. Per disgregarla e abbatterla violentemente dal suo interno. Ma vengo al termine edulcorato "multiculturale", che sta in realtà per "multietnico". E dato che le razze non esistono, secondo il noto dettato ONUsiano, allora si è obbligati a parlare di culture plurime anche quando non ci sono. Quando è accaduta la strage norvegese, ci hanno fatto sapere nome, cognome, indirizzo, email  di Anders Breivik. Fotografie, ritratti, identikit e perfino la notizia che si fosse fatto un'operazione facciale per sembrare "più ariano".  Durante la devastazione di Londra, invece, nessuno ha scappucciato, mostrato al pubblico, identificato i casseurs. La nostra stampa però si è premunita subito di scrivere che tra i violenti c'erano dei biondi con gli occhi azzurri, gli unici del resto, ad avere il privilegio di essere stati sbattuti in prima pagina. Un modo codardo e pusillo per dire: "Ohé, non osate pensare che tutto questo pandemonio  sia stato fatto  solo dai  "coloured people", neh? Sarebbe razzista".  Vietato quindi, da parte dei media, distruggere il giocattolo preferito dai globalisti: il melting pot universale.
Purtroppo invece si tratta in larga parte di gente di seconda e terza generazione i cui genitori provenivano dalle ex colonie britanniche. Con l'aiuto - si intende - anche di qualche british-british appartenente a ceti più marginali. Ma la decomposizione sociale avviene quando nei rioni si mettono enclaves provenienti dai quattro angoli del pianeta, mescolandole insieme con l'idea di trasformare le città europee in  un unico degradato EuroBronx, fatto di gang notturne che si fronteggiano l'un l'altra in  estenuanti guerriglie suburbane.  In principio fummo tutti "fallaciani" pensando all'Eurabia dilagante e alle teorie di Bat Ye'or. E intendiamoci, che ci sia un'invendente migrazione arabo-mussulmana è pur vero. Ma non solo.
Nel caso della guerra e guerriglia urbana londinese e di Birmigham, l'Islam, però,  non c'entra. Poiché per paradosso, nella sua arretratezza è religione fortemente conservativa e  identitaria; mentre questi giovinastri sono dei consumatori mancati attratti dal miraggio dell'high tech. Non vogliono kaffetani o ridicoli turbanti, né barbe folte:  vogliono giubbotti griffati e scarpe Nike. Non ascoltano i berci del muezzin  e l'invito alla preghiera, ma si mettono una cuffietta nelle orecchie e amano  ascoltare la musica con l'ipod, rubano intere confezioni di i-pad, di smartphone, e tutti i gingilli di quelle tecnologie per ottusi che fanno parte di quel mondo  balordo eternamente interconnesso che ci tocca vivere.
Cameron ne ha detta una davvero  surreale: ha invitato le loro famiglie a farsi sentire e a tenere a freno questi teneri rampolli. Come se questi avessero nuclei educativi alle loro spalle. Ma lo sa o no, il Premier britannico che molti di questi provengono  da ragazze-madri giovani e sono per l'appunto, ragazzi senza padre e senza legge? Dopo aver incoraggiato la disgregazione familiare, ora i politici indossano  il manto d'agnello e invocano la fermezza dei genitori che non esistono più.
Poi ce n'è un'altra: galera per chi incita alla rivolta via web, violando palesemente la common law inglese. I reati sono fatti, dear Cameron, e non pensieri e parole. Fino a quando i pensieri e le parole restano tali, mettere in galera e interdire il web è un'emerita porcheria.
Oggi al TG hanno parlato addirittura di 1200 arresti e qualcuno  ha commentato: "Questo è un governo che fa sul serio".  Chiacchiere da bar. Niente di più falso: per fare davvero "sul serio", occorreva prevenire e contabilizzare gli ingressi degli immigrati; non schiaffare in galera a danni fatti. Alla fine, i vandali saranno così tanti che non ci saranno più patrie galere per contenerli.
Qualcuno asserisce già che queste violente jacqueries siano state sobillate e messe in piedi  per l'uopo, da chi ci strangola con l'eterno debito. Niente di più verosimile: se siamo impegnati a doverci difendere dalla teppaglia senza padre né legge, quali energie potranno rimanerci per ribellarci ai veri predoni nonché promotori di questa grande favela multietnica e degradata, modello EuroBronx? A turno toccherà a tutte le capitali e città europee, poiché trattasi di bombe a orologeria che ci mettiamo in casa. O meglio, che ci obbligano a metterci in casa, predicando l"integrazione", l'ennesimo mito globalista.  
Ricordiamoci inoltre che in tutto questo spaventoso marasma a soccombere saranno i ceti medi produttivi: strozzati dagli Eurocrati da una parte, e rapinati nelle loro case dalla teppaglia multicolore, nel nome del "diritto al lusso" uguale per tutti,  e dell'accesso ai beni di consumo.
Poi ci sarà la "ricostruzione" ovviamente,  e il governo britannico  ha promesso i risarcimenti per gli esercizi commerciali e per i negozi messi a sacco. E intanto il denaro circola. Magari facendo altri debiti. Oh Yeah! E' l'Europa degli Idioti, bellezza!

14 August 2011

La RAI ai tempi della crisi: di meno, di niente



Pubblico questo intelligente articolo di Galli della Loggia, sulla condizione di smobilitazione generale dell'informazione. Titolo emblematico: Le borse crollano, la Rai va in vacanza del 7 agosto scorso.
L'Italia dell'eterno debito inestinguibile, l'Italia della svendita del suo patrimonio manifatturiero, l'Italia che delocalizza, l'Italia che non c'è, l'Italia che festeggia i 150 di nascita ma che poi non dispone nemmeno più della sua riserva aurea, dei suoi confini, della sua moneta, dei suoi dazi, dei suoi soldati, ormai dispersi in fronti lontani al servizio delle cosiddette "missioni di pace". Quell'Italia ora non dispone nemmeno più di un servizio pubblico né di una finestra informativa estiva per poter rischiarare il buio che stiamo vivendo. Rai, di meno, di niente.  (Il corsivo è mio).
Ma Paolo Garimberti e Lorenza Lei sono italiani? Abitano in Italia il presidente e il direttore generale della Rai? Vivono tra noi, condividono le nostre preoccupazioni e i nostri discorsi? Se la risposta è sì, come suppongo, allora è davvero inspiegabile come possano consentire che in questi giorni la stessa Rai, al di là della più scheletrica informazione sui fatti, lasci il Paese al buio, senza cercare di spiegargli a fondo quanto sta capitando.
Ma com'è possibile? L'Italia è alle prese con i momenti più difficili che le sia capitato di attraversare da vent'anni a questa parte, un'intera epoca storica sta probabilmente finendo sotto i nostri occhi mentre si apre un avvenire di allarmante incertezza, e che cosa fa l'Ente radiotelevisivo pubblico per consentire agli italiani di farsi un'opinione, di esprimere un giudizio? In pratica nulla.
Di fronte al terremoto che si svolge sotto i nostri occhi a nessuno viene in mente di modificare i desolanti palinsesti estivi, di organizzare un'informazione speciale degna del nome per ampiezza e analisi, qualche trasmissione di approfondimento, una discussione vera. Nulla, solo i telegiornali e basta: al massimo la piccola appendice del Tg3 ad ore notturne. Non solo, ma anche quei pochissimi programmi diciamo così giornalistici che sopravvivono alla ridicola smobilitazione estiva di stile scolastico-vacanziero-romanesco regolarmente vigente a viale Mazzini, anche quei programmi continuano imperturbabili ad ispirarsi all'abituale reverenza per l'ufficialità. Esempio, la trasmissione «Radio anch'io» di venerdì mattina, con un po' di capataz del potere nazionale allineati ai microfoni di Radio1 (salvo uno sparuto paio di «esperti», tanto per salvare la faccia, ma relegati rigorosamente nel ruolo di comprimari), e intenti esclusivamente a fare politica illustrando ciascuno la propria verbosissima ricetta per uscire dalla crisi. Ma nessuno, naturalmente, che si curasse di spiegare con un minimo di chiarezza qualcuna delle molte tecnicalità in questione; mentre, altrettanto ovviamente, il conduttore si asteneva rispettosamente dal fare domande scomode e tanto meno dal sollevare qualche obbiezione agli augusti ospiti.
Di che meravigliarsi del resto? Quando alla Rai si pensa di approfondire questo o quel tema, non si pensa di chiamare a discutere chi è competente professionalmente di esso o magari delle personalità della vita pubblica intellettualmente autonome. No, si chiamano sempre e soltanto i rappresentanti della politica o dei sindacati, dando vita ogni volta a ridicoli parlamenti lillipuziani, perlopiù urlanti, dove l'interesse di tutti i presenti è unicamente quello di far vedere che ci sono e sono capaci di alzare la voce.
L'Italia attraversa una crisi molto più profonda di quello che dica la sua situazione economica. È un Paese, per l'appunto, ormai virtualmente privo anche di una rete radiofonica e televisiva che sia realmente investita (e che si senta investita) della funzione di un servizio pubblico nazionale: che cioè rappresenti un tessuto connettivo importante al servizio della collettività. Per avere ancora una pallida idea di che cosa sto parlando si è costretti a rifugiarsi nel passato: nello struggente bianco e nero dei programmi della Rai di un tempo, oggi ancora visibili nella riserva indiana di Raistoria.
Ma quella Rai non esiste più. È stata sbranata e divorata dai partiti, complice il meccanismo micidiale dell'Auditel, imposto dai pubblicitari e dalle televisioni commerciali per fare del solo indice di ascolto il criterio sovrano di di ciò che deve o non deve andare in onda. Come sempre, dunque, avremo quel che ci siamo meritato. L'imminenza del Giudizio Universale, si può essere sicuri, o più modestamente lo spread a 800 punti, saranno oggetto di apposito dibattito tra Cgil, Cisl e Uil, naturalmente verso mezzanotte e un quarto, e intervallato da una réclame di tonno in scatola e una di carta igienica.
Ernesto Galli Della Loggia

 http://www.corriere.it/editoriali/11_agosto_07/della-loggia-borse-crollano-rai-in-vacanza_556db3f8-c0c5-11e0-a989-deff7adce857.shtml

08 August 2011

Servi e più servi della BCE


Ormai è ufficiale: questo governo è stato commissariato dai poteri forti internazionali che gli dettano l'agenda delle misure e degli inasprimenti fiscali (chiamati con eufemismi  soft, "riforme") da dover assumere per far fronte al "pareggio di bilancio". Quest'ultimo è un altro ipocrita eufemismo per non dire che il debito "sovrano" (l'unica sovranità concessaci nella nostra storia) è, come ho già detto, inestinguibile, per sua  stessa natura strutturale. Epperò si moltiplicano in questi giorni gli editoriali dove smascherano il servo di scena Silvio Berlusconi  e il suo tesoriere riottoso e burbanzoso Giulio Tremonti. Non è bastata, evidentemente, nemmeno la manovra "lacrime e sangue", perché superGiulio ha lasciato capire senza mezzi termini che gli 80 mila miliardi sono stati bruciati già dal calo in picchiata  delle  borse in questi giorni. Dunque a che pro varare la manovra? La risposta gliel'ha data immediatamente il canuto  Mr. Trucchetto della BCE: anticipare i due anni peggiori della nostra vita (2013 e 2014) qui e  ora. Hic et nunc.  Lo ha scritto nella lettera al suo successore Draghi, lettera che contiene tabelle di marcia, tempi, metodi, e perfino strumenti legislativi da far applicare, seduta stante,  al nostro governo. Trucchetto o scherzetto?
I  pretoriani di Trichet, Sarkozy e Angela Merkel, fanno da  zelanti ripetitori: bene le misure, ma vanno attuate subito.
Il CorServa, altrimenti detto anche Corriere della BCE, esce oggi con un titolo che ha del surreale: La BCE in difesa di Italia e Spagna. E uno sprovveduto lo legge e pensa: meno male che l'Europa C'E' e  ci offre un paracadute di salvataggio.  
In realtà la BCE sta all'Italia e alla Spagna, come la FED sta agli USA. Compra titoli a interessi usurai e vuole in cambio  fior di garanzie e di pesanti ipoteche per il nostro ulteriore indebitamento. 
Ma torno agli editoriali di questi giorni: quello dal titolo "Il Podestà straniero" di Mario Monti. Il solito lettore naif di turno lo legge e pensa: però, che patriota quel Monti! come ha a cuore la dignità offesa del nostro povero paese nelle mani  di un "podestà straniero", per colpa di governanti scellerati. Come sbugiarda il duo Berlusconi-Tremonti che hanno ridotto l'Italietta ad un'entità  poco rispettata e poco auterevole, mettendola nelle grinfie dei banchieri centrali.  E, intendiamoci, ci sarebbe pure del vero in questa retorica moralizzatrice. Ma è pur sempre astuta retorica.  
Quel che Monti non ci dice, è che i suoi illuminati comparuzzi hanno compiuto  un bel salto di qualità: non vogliono più trovarsi tra i piedi quei politici perdigiorno che spalmano le manovre in piani quadriennali. Ora   optano direttamente per un "tecnico" (cioè, uno di loro come lui) che ci taglia seduta stante la vita, i risparmi e  quel che resta del nostro futuro. I signori hanno fretta, molta fretta.
Quanto a noi Italiani, abbiamo poche chances di scelta: politici esecutori  della finanza ridotti allo stato  amebico oppure  tecnici vigilanti e sferzanti che fanno gli interessi immediati  dei poteri finanziari stessi. Servi i primi,  e più servi, i secondi.  

02 August 2011

Insolvenze d'Agosto


Dunque si voterà domani al Senato e già da stasera si sa che in Usa al Congresso dopo le esortazioni di Obama,  avrebbero trovato un accordo bipartisan tra repubblicani e democratici per evitare l'insolvenza relativa a un debito pubblico di 14.294 miliardi di dollari. Avrebbero, condizionale d'obbligo,  salvo sorprese ed eventuali franchi tiratori. La medicina è amara assai, ma quel che più conta, non servirà un granché.
Comunque sia, sintetizziamo: tagli da tremila miliardi in dieci anni, poi c'è l'incognita delle tasse sui ricchi, ma nella bozza dell'accordo i repubblicani sono riusciti ad evitarle. Siamo alla cura di Superciuk, lo spazzino ubriacone della banda TNT che  rubava  ai poveracci per rifinanziare i ricchi. Intanto se ne va a ramengo con tagli per 1200 miliardi la Social Security e Medicaid (la mutua per gli anziani). Ma quel che più conta è che il tetto del debito salirà ancora e peserà come una montagna. Il che vuol dire che il problema non è risolto ma semplicemente rinviato sine die. Quattro sarebbero i fattori scatenanti dello stallo americano secondo  Massimo Gaggi del Corriere della sera elencati nell'articolo del 31 luglio dal titolo
"Quattro chiavi che spiegano lo stallo americano":
 1) la radicalizzazione ideologica dei Tea party che si sono mostrati intransigenti al Congresso 2) il mancato carisma di Obama che non è riuscito a produrre quel cambiamento promesso (non è stato il Kennedy del nostro tempo, come si era proposto in campagna elettorale) 3) la Babele mediatica che impedisce di costruire il consenso dei cittadini intorno ai loro rappresentanti (" i parlamentari vagano come formiche impazzite anche perché non hanno più le idee chiare sull’orientamento dell’opinione pubblica e dei loro elettori").  E come quarto ed  ultimo fattore, purtroppo determinante, è "il cambiamento del ruolo del debito pubblico. Fino al 2008 prendere a prestito denaro era considerato — almeno nell’America che non aveva mai vissuto situazioni fiscali come quella italiana— un modo accettabile per ammortizzare una crisi momentanea del sistema produttivo. La crescita, poi, avrebbe provveduto a rimettere le cose a posto. Ora, col deficit record e la consapevolezza che crescere in futuro sarà difficile mentre il debito è destinato a divenire insostenibile  non è più così".
Tuttavia si gira e rigira intorno al lume,  ma la stampa (internazionale e nazionale) evita sistematicamente di spiegarci  fuori dai denti, alcune cosette. Come nasce il debito? Come lo si contrae? Chi ce lo impone? Perché  non ci dicono che è  endemicamente non risarcibile e inestinguibile?  Il governo federale statunitense sarà ora costretto a emettere titoli pubblici, la FED (rigorosamente privata, lo ricordo) stamperà nuova carta-moneta con rischi inflazionistici. Insomma, sarà il solito serpente che si morde la coda e dall'impasse gli Usa non ne usciranno, ma cercheranno di spalmare inesorabilemente il loro debito a ridosso di tutti gli altri paesi, manco si trattasse di  quel Blob di un famoso film fanta-horror. Ovvero il fluido gelatinoso e rosaceo che uccide mentre si espande,  e tutto e tutti ingloba e divora. Sarà  dunque una pesante ipoteca sul nostro futuro. Dopotutto, siamo tutti americani, o no?
Non a caso Putin ha già parlato degli Usa come di uno stato parassita. Tutto si può dire di lui, fuorché non sia stato chiaro.

Altro post pertinente sull'argomento: "La fine dell'Euro" di George dal blog Dalla parte del Torto.