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30 May 2011

Alla fine ha vinto la Magistratura

Tanto tuonò che piovve. Berlusconi dovrebbe smetterla di parlare sempre e solo di magistratura. Combatterne strenuamente le iniquità, certo, ma non nominarla mai, perché porta jella. Dove ha vinto la toga rossa? A Napoli senz'altro, con un pm come De Magistris che non si dichiara comunista, ma che è peggio che se lo fosse. Un Masaniello arruffapopolo più autoritario e arrogante di Di Pietro, al quale i napoletani si sono affidati anema e core come fanno con S. Gennaro. 
E a Milano? Un avvocato legato al Soccorso Rosso e legato da rapporti amichevoli con Magistratura "democratica" (aggettivo sempre più sputtanato). Insomma, pur sempre di togati trattasi. 
Sulla scarsa attrattività elettorale della Moratti se ne è già discusso abbondantemente. Il PdL poteva e doveva sforzarsi di trovare un/una candidata capace di conquistare i cuori e le menti dei milanesi. Ma  è  altresì vero che Milano non è una "Casalpusterlengo" qualsiasi e io non insisterei più di tanto solo sul profilo amministrativo legato alla  città. Milano può essere il banco di prova di qualcosa di ancora più grave ancora tutta da venire, poiché è evidente che è Berlusconi che si è voluto punire. E lo si è punito proprio  nella sua città natale.  
Io sono tra quelli che fingere di far vedere che si tratta solo di un test amministrativo e, muro o non muro,  tirèm innanz, è un po' da minus habentes. Le roccaforti si espugnano sempre dall'interno, passo su passo, comune per comune,  e l'assalto alla diligenza è appena iniziato con due importanti città chiave: del Nord e del Sud. Spero che chi ha ricevuto
la sonora sberla se ne renda conto.
Temo che ne vedremo delle belle e fingere di non vedere che quei poteri forti che è un ventennio che cercano l'assalto all'arma bianca (dal Britannia nel '92 a oggi),  ora hanno guadagnato postazioni importanti, è coltivare dell'ottimismo  ottuso e  a buon mercato. Molto a buon mercato.

 Ma chi sta dietro a Pisapia? I salotti buoni della Milano-bene, il gruppo Corsera RCS, la Confindustria, l'altra metà della famiglia Moratti (Massimo, Milly e tutta la squadra Inter), De Benedetti (di cui Pisapia è stato il legale) e il suo giornale Repubblica, Giulia Maria Crespi (ex patròn del Corriere),  e altri poteri forti.

Chi sono stati i vero vincitori di questo ballottaggio elettorale? Ma è evidente, sono stati proprio i togati. A forza di nominarli e di lamentarsene, eccoli al potere di due città. Per il tramite di due esponenti di spicco: l'avvocato Pisapia, amico di MD ed esponente di Soccorso Rosso. E  il pm De Magistris o' Masaniello "antisistema". Sembra una pena di contrappasso. Toga, toga, toga!

27 May 2011

Indignados speciali o i soliti noti de sinistra?


Santoro da Gran Mestatore mediatico qual è  ,  in una delle sue puntate televisive lamentava il fatto  di non vedere ancora nel nostro Paese profilarsi all'orizzonte una "primavera araba all'italiana".  E nemmeno un movimento di "indignados" come quello spagnolo. Gli risponde laconico Belpietro che basta andare a Milano o a Roma e c'è almeno un corteo al giorno ma che lui  forse non se n'è accorto. Ovviamente per l'industria mediatica se "l'evento" non c'è, basta crearlo. E ieri (giovedi 26)  cosa ha fatto don Michele? Spedisce la sbarbatella dalla voce espressiva come una chitarra scordata Giulia Innocenzi nelle piazze di Madrid a gridare: "Michele! Michele!...".
Ma arrivano o non arrivano los indignados anche da noi? E se arrivano chi sono e chi tira i fili di questo movimentismo che spunta come un fungo per poi sparire o trasformarsi in un altro mutante? Di Pietro ha già detto che se arrivano lui e i suoi viola ci saranno. L'avanzo di comunismo trotzismo Marco Ferrando (ex rifondarolo in dissenso con Bertinotti) ha detto che ci sarà anche lui; potrebbero esserci pure i vendoliani e i grillini. Grillo assai modestamente si è assunto la paternità del movimento ispanico dichiarando di esserne l'ispiratore. Insomma, los indignados son sempre loro e capirai che novità.
Si parla di banche , di finanza e qualcuno raddrizza già le orecchie pensando che stia per nascere un movimento antimondialista. E invece no. Potrebbero essere le solite astute élites mondialiste che gestiscono il dissenso. E del resto i "no global" o i "new global", i seguaci della Naomi Klein  e del suo "No logo" cos'erano, se non un dissenso autogestito dalle stesse élites o che ne facevano comunque il gioco? Bruciare bancomat o tirare molotov contro i centri commerciali , i Mc Donald e le banche è un modo certo per ottenere la riprovazione e l'ostracismo popolare, tutto a vantaggio dei nuovi "benefattori dell'umanità" mondiale.  Della serie, o il nostro progresso o la barbarie dei casseurs.  E'  una vera un'alternativa, non c'è che dire.
Intendiamoci, i motivi per protestare i giovani europei li avrebbero tutti. Sì, ma contro chi? Contro gli "invisibili della Finanza"? Contro i loro governi ostaggi delle élites sovrannazionali? Perché allora non marciare  direttamente su Bruxelles, sulla City londinese o su Wall Street?
Intanto il  24 maggio 2011 l’ECON  (Commissione del Parlamento europeo per i problemi economici e monetari) con accordo unanime consente alle istituzioni centrali dell’Ue di accettare dagli Stati nazionali il loro oro, a titolo di garanzia, nel quadro degli interventi comunitari relativi all’EMIR (Regolamento europeo delle infrastrutture di mercato).
Tradotto in parole povere: l’Ue potrà d’ora in poi confiscare l’oro dell’Italia (2451,8 tonnellate), del Portogallo (382,5 tonnellate), della Spagna (281,6 tonnellate), della Grecia (111,5 tonnellate), ecc.

Il che significa un monito tremendo: non osate mai più ritornare alla lira o uscire dall'Eurozona, poiché non riavrete indietro il vostro oro nazionale (qui la fonte di informazione. Soprattutto qui sul sito Zero Hedge).
Ma tutto questo los indignados spagnoli e, prevedo anche quelli futuri italiani, non lo dicono e forse nemmeno lo sanno.
In compenso -   c'è da scommetterci - sta già nascendo la solita sociologia spicciola da salotto per fare l'eterna socio-analisi degli "indignados", quale "movimento di massa" creativo e autenticamente democratico. Insomma il solito polverone depistante e fuorviante. Già... democrazia, la parola più sputtanata che ci sia.

23 May 2011

La sindrome di Stoccolma dei figli delle vittime



Lacreme napuletane versate il 9 maggio scorso. Giorgio Napolitano si commosse durante la giornata della memoria  dedicata alle vittime del terrorismo degli anni di piombo. Si commosse nello scandire con voce rotta dall'emozione i nomi dei giudici uccisi dai terroristi. Napolitano però si è guardato bene dal commuoversi per altre vite spezzate legate a quei catastrofici anni: giornalisti, imprenditori, commercianti, agenti di polizia, comuni civili che erano lì per caso. Onore a quei giudici caduti, per mano del piombo assassino, certo;  ma anche a tutte le altre vittime che Napolitano ha omesso di menzionare. Qualcosa però non mi torna nell'atteggiamento di alcuni figli delle vittime del terrorismo.
Penso a Benedetta Tobagi, che da piccola vide il suo povero padre Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, ucciso spietatamente da un commando terrorista della Brigata XXVIII marzo. Era un maggio piovoso, cupo e tetro come se fossimo in autunno, quel lontano 28 maggio del 1980. Ho ancora davanti agli occhi quelle immagini mandate in onda dalla tv,  del povero caduto sul selciato ricoperto di un telo bianco, mentre la moglie che teneva per mano una bimba  di tre anni (Benedetta) procedeva alla mesta identificazione del corpo del marito freddato sotto casa, cercando di farsi forza.
Ma ecco la domanda. Giuliano Pisapia di cui è possibile rintracciare sul web la sua biografia, è stato amico dell'assassino di Walter Tobagi, quel tal Marco Barbone, figlio di un direttore editoriale della Sansoni editrice, gruppo legato alla stessa RCS. Quel Barbone che infierì ulteriormente sul povero giornalista caduto, assestandogli il quinto colpo alla testa (il cosiddetto colpo di grazia). Costui, se la cavò con una condanna di  soli otto anni.  Poi, anche grazie al PM Armando Spataro (toga notoriamente rossa)  non li scontò perché collaborò a sgominare la banda armata per cui lavorava. Non si buscò neanche un giorno di detenzione, la complice di Marco Barbone, quella Caterina Rosenzweig giovane rampolla di famiglia "bene".
Alzi la mano chi mai voterebbe per la candidatura a sindaco di Milano  un avvocato, che quantunque abbia fatto il proprio mestiere di avvocato, è stato in amicizia  con i circoli politici degli assassini del proprio padre. Io non lo farei e molti altri al posto mio, nemmeno.   E' per lo meno sgomentevole che i figli delle vittime del terrorismo rosso, siano così smemorati nei confronti di un'ideologia così mostruosa che predica di sopprimere la vita a chi non la pensa come loro. Penso anche al figlio del commissario Calabresi e al figlio del giudice Emilio Alessandrini, ucciso da un comando di Prima Linea nel 1979. Capisco il risentimento di quest'ultimo nei confronti di quel manifesto di Lassini  del PdL che recitava "Fuori le BR dalla magistratura". Ma un manifesto è fatto per sintetizzare e semplificare al massimo tramite slogan, anche a rischio di risultare rozzo. Chi ha vissuto quegli anni e chi ha letto un po' di pubblicistica nel merito, sa che le BR erano saldamente infiltrate tramite  "nuclei interni" nei luoghi più impensati: redazioni di giornali, consigli di fabbrica, commissioni parlamentari sul lavoro, atenei universitari, per meglio colpire - come predicavano - "al cuore dello stato". E se la magistratura non è stata direttamente infiltrata, è altresì vero che non furono pochi i giudici di MD (magistratura cosiddetta "democratica") che affibbiarono pene lievi e lievissime nei confronti dei terroristi rossi e si mostrarono inspiegabilmente clementi e tolleranti  (il caso Barbone, assassino di Tobagi non è l'unico: penso anche agli artefici della strage di Primavalle, tutti a piede libero).
Mario Cervi. ha scritto in proposito un significativo articolo sui figli delle vittime del terrorismo che adesso difendono i loro carnefici, quasi fosse una sorta di sindrome di Stoccolma. Resta incomprensibile che i parenti delle vittime, si buttino volontariamente nelle fauci di quel mostro ideologico che ha prodotto tanto lutto, tanto dolore e tanta desolazione, anche ora che la sinistra si è autobonificata e sbianchettata, depositando l'eskimo per vestire in rassicuranti grisaglie. In questo senso, le lacrime di Napolitano sono tardive e  arrivano fuori dai tempi massimi.  
Che poi la Moratti non abbia saputo argomentare il problema con la dovuta finezza dialettica, questo è un altro paio di maniche.
Resta il fatto che chi promette una Milano più giusta e più pulita è stato anche l'avvocato di fior fior di teppaglia del G8 di Genova, del terrorista curdo Abdullah Ocalan legato al PKK,  a tutto fa pensare fuorché a una città  più degna. E se è vero che un amministratore deve innanzitutto illustrare il programma su come deve funzionare al meglio la municipalità che si appresta a presiedere  (come ho già scritto nel post precedente),  è altresì vero che è stata proprio Milano a lasciare sul selciato il più elevato numero di vittime cadute sotto il piombo di qualche P38, braccio armato dell' ideologia marxista. Di questa Milano, in bianco e nero fatta di pioggia, di piombo e di sangue nessun Italiano che si rispetti ha più alcuna nostalgia. A maggior ragione i milanesi.

18 May 2011

L'assedio di Milano


Sapessi come è strano....trovarsi trombati a Milano. Intendiamoci, le docce fredde a volte fanno bene e svegliano. Non si può vivere solo di rendite di posizione. Nulla è un "diritto acquisito", figuriamoci il voto dei cittadini. Ora  a palazzo Marino si stracciano le vesti e cercano di "fare autocritica" degli errori commessi, ma diciamo la verità: la Moratti è una giraffa freddina che non sa creare feeling coi milanesi. La sua campagna elettorale, un disastro nell'ambito della comunicazione.
Inoltre, i cittadini vogliono sentir parlare di problemi concreti legati alla loro città: viabilità funzionale,  vivibilità della città, zone verdi, aria disinquinata,  strade senza buche, servizi sociali e sanitari operativi,  assistenza agli anziani, stop alle cementificazione ecc. Mentre invece di tutto si è parlato, tranne di quanto sta loro veramente a cuore.
Berlusconi ha gigioneggiato alla grande,  mettendosi troppo in esposizione. Inoltre gli errori in politica interna ed estera, vanno a riverberarsi fatalmente anche su quella amministrativa (la guerra in Libia e l'appiattimento sulle decisioni americane circa i bombardamenti, la politica migratoria, certe strane dichiarazioni sugli immigrati simili alla sinistra,  ecc.).

Giuliano Ferrara a botta calda ha detto cose ragionevoli sui risultati:  i cittadini di Milano si sono stufati dei monologhi del Cav contro i magistrati e contro i soliti comunisti. Monologhi oltretutto, privi di un vero contradditorio. Inoltre personalizza troppo campagne elettorali amministrative facendone un'ordalia della serie, o con me o contro di me.
Ora però sarebbe ingeneroso dare tutta la colpa solo ed esclusivamente alla Moratti, quando  è spesso il Cav che "scende in campo" a politicizzare anche le amministrative con i voti  di "preferenza" sulla sua persona. Ed è un vistoso errore.
Consideriamo anche i "mal di pancia" della Lega sulla Moratti che non hanno giovato, "mal di pancia" dovuti a quell'Ecopass che i leghisti non hanno mai digerito. La Lega ha tenuto un basso profilo e non è stata calda col candidato-sindaco; ma ora il Carroccio,  oltre a non essere stata premiato (non è avanzato più di tanto nelle provincie lombarde nelle quali  fece incetta di voti e ha subito una debacle a Milano), si ritrova anche sotto assedio da parte di una cordata di sinistra capeggiata da Nichi Vendola, il principale sponsor di Pisapia.
Ora però i Milanesi si ritrovano un programma di 33 pagine di Pisapia che avrà anche una faccia onesta finchè si vuole,  e sarà pure un distinto avvocato, ma che a pag. 27 del suo programma scrive che "Milano ha bisogno di un grande centro islamico". Inoltre ecco un'altra sua singolare dichiarazione: "E' importante - ha spiegato - anche in vista dell'Expo 2015". "Non si può pensare di avere in città milioni di visitatori senza che ci sia per loro la possibilitá di avere un proprio luogo di culto dove pregare, come peraltro sancisce la Costituzione".
Cominciamo male. Con tutti i problemi che ha già la città ambrosiana, non ci mancherebbe che questo.
Curioso in questa "vittoria del primo turno" l'atteggiamento da mosca cocchiera del Pd: Pisapia vince, e Culatello Bersani se ne attribuisce il merito, mentre la sicula Finocchiaro fa già la "sciura milanese".
Ci rivedremo a Filippi. Cioè al ballottaggio, dove ne riparleremo. Milano non merita di cadere in mano agli ascari dell'immigrazionismo.

14 May 2011

Le sorelle di Trieste


A forza di parlare di massimi sistemi, perdiamo di vista quanto si svolge dietro casa nostra. Questa è una triste storia alla Charles Dickens che però invece di svolgersi nei sobborghi londinesi si svolge a casa nostra in una bella città del Nord: Trieste. Una storia riportata dal Corriere che appartiene a quei ceti medi e a quella piccola borghesia  che la globalizzazione vuole estinguere, calpestandone la dignità. Sono i nuovi poveri silenti e  dignitosi, quelli che non hanno santi in paradiso, né in Parlamento né al Quirinale che si limita all'obolo peloso dell'assegnino, quando invece la richiesta in gioco è quel po' di dignità che solo un lavoro può conferire. Non c'è trippa gatti autoctoni, ma solo per gli allogeni. Quelli vengono giornalmente confortati, sfamati, medicati, coccolati dai media.  I loro figli agli asili comunali non pagano i buoni pasto, mentre le nostre famiglie devono accollarsi l'onere di pagare anche per loro.
Le due sorelle triestine Laura e Cristina  Di Sessa (rispettivamente di 41 e 45 anni)  vivono da otto mesi in auto, sono state sfrattate da una casa in affitto appartenente alla Lloyd Adriatico oggi Allianz Assicurazioni, hanno perso il loro padre carabiniere, a causa di un tumore, vivono di lavoretti saltuari e avventizi, e avendo fatto fuori i loro risparmi per accudire il padre malato, sono state pure sfrattate.  Piove sul bagnato.
Ora per la disperazione hanno fracassato i loro mobili per non farli cadere nelle mani dei rom. E' un gesto forte e disperato, quello di rinunciare volontariamente alle loro radici, ai loro punti di riferimento,  che però la dice lunga su come siamo conciati noi Italiani. Possibile che il Comune di Trieste non abbia nemmeno provveduto a offrire - chessò -  uno scantinato per poter tenere quel poco di  mobilio  per queste due sventurate, fino a prossima loro sistemazione?
Ah dimenticavo, non hanno la pelle nera, non sono zingare, non vengono da qualche esotico posto su di un barcone. Perciò, nessuna pietà.
Stasera il nostro Presidente del Consiglio ha gridato a pieni polmoni durante la chiusura delle campagna elettorale, che siamo un "paese ricco" (quale, di grazia?) e che non dobbiamo temere qualche milione di immigrati. Cavalier Berlusconi, se siamo un paese ricco, trovi un lavoro a queste due poverette e la smetta anche lei di unirsi ai giannizzeri dell'immigrazionismo.  E' un pessimo padre colui che provvede a sfamare gli stranieri trascurando gli Italiani.
Quello che urta alla lettura del sopra citato articolo una volta tanto interessante, dell'impaludato Corrierone, sono alcuni commenti che vi invito a leggere: accanto a quelli giustamente indignati per i motivi che ho io stessa riportato, ce ne sono altri che pensano che rimanere senza lavoro fino a quarant'anni significa essersi dati alla pazza gioia e magari essersi fatti mantenere dal padre, ostinandosi ottusamente a non voler mettere a fuoco che siamo entrati nell'Età della Precarizzazione Permanente; che con un titolo di studio, ti può capitare, nel migliore dei casi,  di finire in un call center. Ecco dunque, attraverso questi commenti,  la radiografia di un popolo lacerato, diviso e incapace di unirsi, anche soltanto per un attimo intorno ad un unico eclatante caso!
Si riempiono tutti quanti la bocca di termini come "solidarietà", ma  i nostri sepolcri imbiancati, di fronte a casi come questo, voltano la faccia dall'altra parte e fanno spallucce.
Già, la solidarietà è altrove e vale solo per certi meridiani e per certi paralleli del globo.

09 May 2011

Tutti li vogliono tutti li chiamano tutti li cercano



Non è la cavatina del Barbiere di Siviglia quella che si annuncia nel titolo, sono gli immigrati che in queste ore sbarcano senza tregua a Lampedusa. Purtroppo il popolo italiano è orfano dei suoi veri avvocati, dei suoi difensori, di chi li protegge e sa proteggere la nostra amata Patria, senza inutile retorica, senza celebrazioni, senza corone di alloro sotto i monumenti, ma nei fatti. Se chi ci amministra si degnasse di leggere quel che scrivono i lettori sui commenti agli  articoli dei giornali, o sui nostri blog, cambierebbe subito strada. E invece no.
Compongo questa breve antologia di imbecillità irresponsabili iniziando col Presidente del Consiglio, il quale si sente un papa-Santo Subito e si mette a lanciare la sua pastorale: non abbiate paura. Siamo solo 60 milioni, possiamo diventare 100, 200, 300 e che saranno mai interi pezzi d'Africa che si spostano qui? Siamo un grande paese, no?  Poi intervistato nella trasmissione a Porta a Porta:  "Gli immigrati arriveranno, perche' la situazione in Libia e' complicata; c'e' poi la situazione in Tunisia e ci sono altri sommovimenti, per il vento della liberta' e della democrazia che ha soffiato forte in tutto il Nordafrica".
D'Alema gioca al rialzo e lancia la sua personalissima OPA, dicendo che ne vorrebbe almeno 30 milioni, per vedere l'effetto che fa. Fini non si è mai fatto mancare nulla per incrementare il suo gruppetto parlamentare del Fli-fli e ora fa alleanze elettorali con i neri d'Africa. E rilancia: già che sono qui, già che sbarcano ogni giorno qui sulle nostre coste,  è ora di farli votare. Rimuoviamo le fobie e favoriamo la cittadinanza. Cosa volete che sia quel risicato permessuccio semestrale voluto da Maroni?! Io ti darò di più, di più , di più, molto di più -  canta il Gianfurbo della Camera.
E per il ministro Sacconi? Se 25.000 vi sembrano pochi io ne propongo di concerto con la Confidustria, la bellezza di 100.000 da immettere nel mondo del lavoro. E peggio per gli Italiani se non vogliono lavorare: abbiamo di che sostituirli.
Andiamo avanti.
Oggi  il Papa a Venezia in gondoletta ha detto tante belle cose sulla Serenissima e le sue nobili origini. Peccato che si sia dimenticato di ricordare i gloriosi tempi in cui la Serenissima difendeva le sue acque territoriali dai predoni saraceni  della Sublime Porta di Mustafà Pascià, con gli artigli del Leone di S. Marco. E che artigli! Famagosta, Lepanto, le dicono nulla sua Santità? Ci sono famosi dipinti e arazzi che riprendono queste epiche gesta (vedere il quadro del Veronese, nella foto in alto). 
Peccato che non abbia resistito, invece,   a recitare  la sua camomillifera omelia a Mestre sull'accoglienza universale  e l'apertura a tutti i fratelli e le sorelle del mondo, al diverso, agli stranieri ecc. ecc. Mica a casa sua: a casa nostra.
Morale di questa farsa immigrazionista che rischia di trasformarsi in una  tragedia per noi Italiani: ricoverateli tutti quanti d'urgenza!  Dal primo all'ultimo.   

04 May 2011

Severgnini: chi non salta complottista è

Fervono i preparativi alla Casa Bianca e al Pentagono sulle foto di repertorio da autorizzare alla diffusione sull'uccisione di Osama bin Laden. Di Saddam, vedevamo i denti guasti, i pidocchi e le pulci che saltavano;  di Osama abbiamo visto solo una foto tarocca, prontamente fatta sparire, per un senso della decenza, da tanto era palesemente falsa. In un Paese con il mito della trasparenza universale come gli Usa è un po' poco.
Luttwak lunedi sera a Porta a Porta ha già annunciato la foto di lui  con la moglie (o meglio, di una delle mogli) di Osama della quale lui si sarebbe servita come "scudo umano" per ripararsi dal blitz. L'Eroe del Male, deve essere immortalato da Gran Codardo, come merita e ora la regia mediatica si  è messa all'opera. Non ci sono foto, e allora occorre prontamente provvedere alla bisogna. Non si sa mai che la schiera dei "complottisti" e dei "dietrologi", venga a scompaginare le tranquille certezze attualmente diffuse dai media mainstreams globali: morto Satana, ora viviamo in un mondo migliore, più libero e bello -  come recita lo slogan di uno shampoo per capelli luminosi. Da oggi siamo tutti più "sicuri" fino a prova contraria. Peccato che la galassia dei gruppi terroristi islamisti non si limiti alla solita Al Qaeda. Peccato che gli sbarchi dei nordafricani di fede islamica e di etnia araba sulle nostre coste continuano imperterriti come prima e più di prima.
Ma ci sono giornalisti che invece di informare con oggettività hanno un vizio: ci chiedono troppi atti di fede. La nuova Chiesa sono loro. Contestualmente a ciò, avvertono i lettori a non esagerare con la dietrologia; pena la lettera scarlatta di "complottista". E magari la promozione da complottista a "terrorista". E' il caso di Beppe Severgnini. Articoli come quello comparso ieri 2 maggio sulla sua rubrica del Corsera "Italians" suonano come avvertimenti intimidatori, carichi di boria.  Ammonire i dubbiosi, piuttosto che svolgere il lavoro per cui sono strapagati: informare, è diventato il nuovo sport nazionale giornalistico della testata ammiraglia. Vietato avere dubbi, solo certezze.  Vietato non sorridere, non festeggiare, non brindare come si fa a Times Square. Ma come? Il mondo si è liberato del Demonio e  voi non festeggiate? Eppoi, siamo tutti americani, no? A destra come a sinistra, come al centro.
Bin Laden il "mai morto", il supposto morto nel 2002, poi nel 2004, poi morto secondo l'opinione della leader pakistana Benazir Bhutto, beh, ora la sapete la novità?  è rimorto. Il cadavere? Giace in fondo al mare, lanciato da una portaerei.  Il popolo statunitense brinda, la Borsa vola. La crisi può attendere. Obama può ricandidarsi. Severgnini bacchetta i lettori che non si adeguano e somiglia a  Otto Grunf della Banda TNT  del fumetto di Magnus- Bunker, quello che indossava la maglietta con la scritta credere, ubbidire, combattere. Fidarsi dei media e dei suoi operatori è diventata un'arrampicata di settimo grado.

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01 May 2011

Io sono Nessuno


Nell'era della tracciabilità universale, della reperibilità telefonica grazie alla telefonia mobile, della dittatura della trasparenza (la teoria del mondo come  "casa di vetro") , della videosorveglianza universale ad ogni angolo di strada, dei body scanner agli aeroporti, delle rilevazione dei dati biometrici, delle intercettazioni telefoniche con tanto di tabulati schiaffati sulle prime pagine dei quotidiani, delle foto scattate dai cellulari eppoi immesse in rete a scopo di sputtanamento, l'unico modo per difendersi è rendersi irreperibile. Sì, ma come?
Quasi impossibile. Se andiamo ai supermercati l'acquisto di molti prodotti lascia tracce che saranno poi utili ai ricercatori di mercato per stabilire mirate inchieste di marketing. Tant'è vero che poi si sentono in dovere di molestarci al telefono nelle ore di cena, per cercare di piazzare telefonicamente questo o quel prodotto da venderci. In particolare, lasciamo tracce con le apposite carte sconti di supermercati ed outlet. Lasciamo tracce sul biglietto di un treno, di una metropolitana, di un prelievo col bancomat, di una transazione con le carte di credito,  con carta acquisti, e ora nei nuovi aggeggi High Tech  iPhone e iPad che seguono gli spostamenti degli utenti,   eccetera.
                                                                            

Lasciamo tracce sul monitor del pc del nostro medico di base, ogni qualvolta andiamo a farci curare e a farci prescrivere qualche farmaco. Lasciamo tracce al fotofinish di una strada se appena siamo fuori di qualche km dai fatidici 50 obbligatori, per la consueta multa a domicilio. Lasciano tracce tutti i nostri conti correnti e depositi bancari regolarmente monitorati da un Grande Fratello Finanziario e Universale, preposto per farci i conti in tasca (in caso di leggi inique come i prelievi forzosi delle famigerate "patrimoniali", detrarre direttamente dal conto corrente diventa un gioco da ragazzi come fece Amato nel 1992).  
Insomma, vivere ed esistere in questa società,  significa renderci rintracciabili. E' forse diminuita la delinquenza comune e quella organizzata, grazie a tutto ciò? La risposta è NO. Anzi, è aumentata. Dal che se ne desume che tutto questo potenziamento di strumenti di controllo immesso nelle città del mondo  dopo l'11 settembre 2001 è stato fatto con uno scopo precipuo: il controllo della popolazione e l'insinuarsi  in modo pervasivo nel nostro privato. E che il "terrorismo internazionale" è solo un vuoto pretesto, tenuto conto che bloccare i flussi migratori (vera causa di disordine, di possibili attacchi nonché di decomposizione sociale) è considerato un tabù per la società globalizzata .
Qualche tempo fa google è stato fatto oggetto di una causa da parte di una fotomodella canadese la quale ha chiesto di poter accedere all'IP di un'internauta che a suo dire, l'avrebbe offesa e diffamata sul web . Questa  sarebbe la ragione del giro di vite dato a molti motori di ricerca circa l'anonimato. Ma come sappiamo "queste rivoluzioni con obbligo di dati completi non avvengono mai per questi motivi: primo, da sempre anche un commentatore offensivo può essere smascherato anche da prima se dietro richiesta e azione legale si cerca il suo IP in caso di insulti; e dall'IP si rintraccia subito la persona" (copyright: Josh).
La convinzione è che non siano le fotomodelle a dettare una netiquette che in fondo è già in vigore, ma alcune lobby di pressione che da tempo ambiscono mettere le mani sulla rete anche negli Usa, per ingabbiare teorie, pensieri, concetti e parole ritenuti scomodi. Con ciò, la sottoscritta non intende certo fare l'apologia ai troll, ai fake, ai flame war né agli insultatori o diffamatori di professione, dai quali è giusto e sacrosanto difendersi. Voglio però sottolineare che nella società della sovraesposizione mediatica, e della tracciabilità informatica,  il mio pensiero in materia di anonimato (anche sul web), coincide con quello della poetessa Emily Dickinson:
Io sono nessuno! Tu chi sei?
Sei nessuno anche tu?
Allora siamo in due!
Non dirlo! Potrebbero spargere la voce!

Che grande peso essere qualcuno!
Così volgare - come una rana,
che gracida il tuo nome - tutto giugno
ad un pantano in estasi di lei!