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30 March 2011

Svuotare il mare col secchiellino

Avete mai visto la tenera e poetica immagine del bambino che prende il secchiello e gioca a svuotare il mare? Bene, in queste ore vorrei poter parlare di cose altrettanto tenere e poetiche ma non si può. La metafora però è chiara: stiamo svuotando la marea col secchiello. E' come se fossimo precipitati in un vortice infernale da cui non c'è salvezza. Me ne accorgo anche dai desolanti discorsi che ascolto in giro nei negozi, dal panettiere, dal giornalaio. E anche qui sul blog e dai blogger amici: è un coro a voce unica. Improvvisamente gli Italiani si sentono espropriati e vulnerabili, delusi, disorientati, amareggiati e traditi. Soprattutto traditi da chi, oltre ad aver consegnato le nostre basi militari in una guerra incomprensibile (Gheddafi ci ha forse attaccato o minacciato? ) permette, anzi vuole,  che ci riempiamo di eserciti di disperati dall'Africa. E si badi bene, ho detto Africa e non solo Nord Africa. Poi sarà l'Asia.  Perché è vero che l'attuale emergenza di Lampedusa è composta da tunisini in fuga dalla "ricostruzione democratica" i quali non vogliono fare nessuno sforzo per edificarla, ma vanno a casa d'altri dove pensano di trovare una bella "pappa scodellata". Non so quante ore e quanti giorni ci vorranno per ripulire l'isola da cumuli di immondizia, di rifiuti, di escrementi umani lasciati sul terreno, nelle grotte, nelle cavità. Settemila persone, immaginatevi di quanto possono alte le montagne  dei loro escrementi. E' razzismo parlarne? Ipocrita, falso e idiota chi lo dice.
Non so quanto tempo ci vorrà per ripulire quei meravigliosi specchi d'acqua, un tempo smeraldina, da sacchetti di plastica e bottiglie galleggianti, con buona pace delle associazioni ambietaliste che nei loro piani di repulisti non prevedono mai le transumanze migratorie, nel nome del correttismo politico. So che non è ancora finita l'emergenza lampedusana, che già scatta l'emergenza siciliana, quella pugliese, quella ligure dei disperati che hanno trasformato la stazione di Ventimiglia in un lurido bivacco non dissimile a quello lampedusano. Eppoi sarà toscana, emiliana, lombarda, piemontese, veneta... Che Berlusconi non si illuda e non ci illuda che accetteremo passivamente di trasformare l'Italia in dieci, cento, mille Lampeduse!
I nostri governanti ci dicano CHIARO e TONDO perché i francesi possono cacciare i clandestini e rimpatriarli alla frontiera a loro spese e a piedi au nom de la Patrie, mentre noi non possiamo farlo. Ci dicano CHIARO e TONDO, perché un paese già densamente popolato come l'Italia dovrebbe assorbire sul suo ristretto territorio questo mastodontico esercito di una sporca guerra demografica non dichiarata. Ci dicano perché dovremmo andarci a impegolare nel  pasticciaccio ONUsiano dei distinguo tra "profughi" e "clandestini", fatto apposta per entrare in una spirale perversa e incomprensibile, ma soprattutto a tirarla per le lunghe. Ammesso e concesso che riuscissero a rimpatriare i tunisini, perchè dovremmo prenderci i profughi dalla Somalia, dall'Eritrea, dall'Etiopia, dall'Africa subsahariana, dal Mali, dal Ghana, dalla Libia  e via elencando?
Annibale venne in Italia coi suoi elefanti, noi stiamo assistendo ad un esercito ininterrotto di elefanti africani che schiacciano il moscerino Italia. E a nessuno (governo, opposizione, chiesa, Cei, sindacati) se ne importa.  Tutto quello che Maroni, Berlusconi, Frattini possono fare è distribuire un tanto di questi extracomunitari per regione.
Parlate chiaro: un tanto, quanto? E fino a quando? Perché qui stiamo svuotando il mare col secchiellino del bimbo che vedete in fotografia e stiamo esaurendo le nostre energie fisiche, economiche, morali, spirituali in una lotta impari, mostruosa e disumana.
Frattanto si è messa in moto la macchina delle lacrime a buon mercato. Napolitano chiagne (e fotte) le sue lacreme napuletane, dall'America dove va a visitare il museo dell'emigrante. Peccato ometta di dire che i nostri emigranti venivano selezionati per stato di salute, fedina penale con documenti alla mano,secondo cultura, mestiere e li si tenevano in quarantena prima di decidere se farli entrare nel loro paese o rispedirli indietro senza tante complicazioni. Quelli accettati, li lasciavano per strada. senza preoccuparsi di creare punti di accoglienza o mettere su tendopoli, sprecare denaro pubblico. E se commettevano reati gravi, venivano giustiziati, senza andare troppo per il sottile (Sacco e Vanzetti docent). La fabbrica delle lacrime è anche la tv e i media che ci mostrano donne somale che partoriscono a bordo, che sbarcano col neonato coperto di stracci a cui danno un nome tipo "dono del Cielo" e roba simile. Berlusconi ci ricorda che sono "poveri cristi": benissimo, c'è posto ad Arcore, presidente!
 Dobbiamo  forse correre a fare la carità a tutti i disperati del Pianeta, dimenticandoci dei nostri figli,  solo per ubbidire ai decreti dell'ONU o a quegli stracciatonache della Cei?  Matrigna e malvagia è la madre scellerata che soccorre i figli altrui facendo morire di fame i propri.   E' questo che vogliono?
Non bastassero i minus habentes che ci sgovernano, arrivano in soccorso i becchini liquidatori della povera Patria, dell'opposizione di sinistra: diamo loro il permesso di soggiorno, teniamoceli tutti e facciamoli votare, mettiamoci sul nostro territorio 30 milioni di immigrati, così alzeremo il PIL e ci sarà la ripresa economica, suggerisce il signor Alim (Babà) diventato D'Alema. 
Tutti buoni a nulla imbroglioni  capaci solo di fare i Samaritani col cuore e con il portafoglio degli altri.  
Si vergognino di aver appena festeggiato i 150 anni dell'Unità di un'Italia che non amano e che stanno disonorando e si tolgano dal petto quelle inutili coccarde tricolori!

27 March 2011

Scene (e retroscena) da una democrazia di guerra

Perché il Cav in queste ore ha il volto cupo e si nega ai giornalisti? Perché si è rifiutato di "metterci la faccia" durante il dibattito parlamentare per la missione in Libia, quasi a voler dire "Avete voluto la vostra guerra? Adesso fattevela". Perché La Russa fa l'intrepido soldatino di stagno manco dovesse sorvolare personalmente sui cieli libici coi Tornado o dovesse inviare in Cirenaica suo figlio Geronimo? Perché Frattini fa il pasdaran di Hillary Clinton? Perchè la Clinton parla del nostro Governo come se esistesse solo La Farnesina? Oh Franco is my favourite, my best friend!




Perché Napolitano che sembra diventato improvvisamente il Presidente di una Repubblichetta Presidenziale rosso-Tricolore, prende iniziative che spettano all'esecutivo e fa dichiarazioni ed esternazioni che non gli competono? Chi gli ha dato una simile investitura? E l'eminenza grigia Gianni Letta, che ruolo ha in questo strano Direttorio?

Ma soprattutto perché, quella dichiarazione di Berlusconi da molti considerata improvvida e fuori protocollo nel ritenersi "addolorato" per Gheddafi? Cosa nasconde? Cosa non può dire al suo elettorato a lettere chiare, senza creare un intrigo internazionale? Al suo posto, rovescerei il tavolo, parlerei e spiffererei tutto quanto ho nel gozzo.
Ora gli "alleati" dopo aver perorato la causa (persa) di Fini, hanno ripreso a lisciargli il pelo: basta aver ascoltato Luttwak giovedi sera in collegamento ad Anno Zero, per capirlo. Il baciamano all'anello al rais sembra essere stato perdonato e tratterebbesi secondo il Luttwakpensiero di gesto "estetico" e non politico. Ma è proprio questo il grave della situazione: ad Accomplished Mission, ci sarà la restaurazione dell'effetto Mubarak.  In altre parole, la sua defenestrazione è rimandata al dopo. Sempreché il conflitto libico non duri troppo a lungo, nel qual caso il Cavaliere "esautorato", rimarrebbe de facto come un'anatra azzoppata fino a fine legislatura. Intanto si legga questo illuminante articolo de La Stampa:" L'angoscia di Berlusconi trascinato in guerra". Data l'importanza del pezzo ne copioncollo degli stralci. E chi la vuole capire la capisca.

"Non ho niente da dire». Berlusconi attraversa a passo spedito la hall del Conrad. Evita i giornalisti italiani che, almeno questa volta, non vogliono chiedergli di cucina politica nostrana, del rimpasto di governo, ma di Libia, del «povero Gheddafi da salvare», di una nostra possibile mediazione, del «saccente Sarkozy», dei nostri interessi petroliferi. E invece lui si nega (vedremo se oggi farà una conferenza stampa al termine del vertice europeo).




Si nega per il momento perché sa che potrebbe dire quello che non può dire in pubblico e cioè di essere «angosciato», di essere stato trascinato in questa avventura libica. A trascinarlo «obtorto collo» sarebbero stati Franco Frattini, Gianni Letta e Ignazio La Russa. Con l’autorevole sponda del presidente della Repubblica Napolitano. Il kingmaker, a suo giudizio, sarebbe innanzitutto il ministro degli Esteri, in presa diretta con l’Amministrazione americana e il Segretario di Stato Hillary Clinton, la quale non perde occasione per elogiare la politica estera italiana (la Farnesina) in questa circostanza. Gli stessi elogi che ieri ha scritto il capo dello Stato in una lettera. «Cosa del tutto inusuale - osservano sospettosi a Palazzo Grazioli - visto che di solito Napolitano prende carta e penna per bacchettare il governo...».
Alle cinque del pomeriggio Berlusconi, che in mattinata aveva dato forfait alla riunione del Ppe («per studiare i dossier europei», spiegano i suoi collaboratori), s’infila in macchina e di fronte alle telecamere nemmeno un sorrisino. Via verso Justus Lipsius, il palazzo dove lo attendono i colleghi europei, anche il «Napoleone dell’Eliseo». E qui lo raggiunge la buona notizia dell’accordo di affidare il completo controllo delle operazioni militari alla Nato. Adesso il Cavaliere ha tutte le ragioni per vendersi questa decisione come una sua vittoria (in effetti è sempre stata la linea di Roma).


Buone notizie anche da Parigi dove il presidente dell’Unione africana, Jean Ping, fa sapere che oggi al vertice di Addis Abeba ci saranno pure esponenti degli insorti libici e del regime. Un flebile spiraglio di una possibile mediazione con Gheddafi per arrivare al cessate il fuoco e convincere il raiss a passare la mano. Ma è lo stesso Berlusconi a non crederci molto. È convinto che il suo vecchio amico del deserto non mollerà mai e ...(continua)

Ma ecco una riflessione extraprotocollare assai illuminante di Berlusconi:

"E poi,  è mai possibile che il nostro interesse è portare democrazia e libertà sempre nei Paesi dove c’è il petrolio? Allora se dovessimo seguire questo criterio dovremmo dichiarare guerra a mezzo Medio Oriente...». (E difatti Presidente, tutto il MO è in fiamme, non se ne è accorto?).Insomma, il premier si sente trascinato dentro una missione che non riesce a sentire propria, che non corrisponde a una vera finalità di pace, ma è solo legata a interessi economici e di egemonia politica nel Mediterraneo.

Dubbi sacrosanti, ma la realtà è che l'Italia è un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro.






24 March 2011

Lampedusa, Maroni e gli errori che si pagano


Di tutte le critiche che l'imbufalito popolo della Lega su Radio Padania ha riversato sui suoi dirigenti in questi  caldi giorni, mi ha colpito questa: "Non credevo di dover rimpiangere Andreotti". Per chi ha buona memoria, quando cadde il muro dopo il 1989 e la dittatura  comunista albanese di Enver Hoxha si sfaldò, i profughi presero d'assalto orrende navi carretta dal canale d'Otranto all'Italia. Andreotti li radunò tutti in uno stadio per farli identificare, furono rifocillati e in seguito rimpatriati in massa. Interpellato dai cronisti, Andreotti rispose serafico che se tutti quelli che vogliono lasciare il loro paese,  si sognassero di spostarsi in massa in Italia non ci sarebbe più spazio per i suoi cittadini. I maligni dicono che nei processi che lo perseguitarono per un decennio, ci fosse in conto anche questo. Ma andiamo oltre.

In questi giorni Maroni fa discorsi che ricordano un po' quelli del  card. Tettamanzi. "Solidarietà interregionale" con tanto di accordi con Napolitano durante la visita a Varese per applicare anche un "federalismo migratorio", in ragioni da quote da distribuirsi regione per regione di 50.000 a testa. No grazie!  Intanto è già nato il solito pasticciaccio onusiano tra chi è profugo e chi clandestino. Chi ha diritto a rimanere, chi a sloggiare. E le verifiche andranno per le lunghe. Per inciso, la Tunisia non è un paese in guerra, e appare per lo meno stravagante lodare la rivoluzione dei gelsomini, cacciare l'oppressore Ben Alì, magnificare le virtù della democrazia eppoi invece di  aiutare ad edificarla a casa propria, venire in incognito a creare pesanti disagi a casa d'altri. Si sono ascoltati in questi giorni discorsi di alcuni lampedusani non appropriati,  anche se è del tutto comprensibile la loro esasperazione. Se dicono "mandiamoli in Lombardia invece di tenerceli qui", non hanno capito l'entità del problema: prima di tutto i clandestini senza status di rifugiati NON devono sbarcare, perché Lampedusa o Lombardia o Veneto, Puglia o Sardegna è Italia. Pertanto la guardia costiera faccia a meno di correre a prelevarli in acque internazionali per rifilarceli qui. Lampedusa è la cartina di tornasole di quel che può toccarci a tutti quanti quando arriverà l'esodo massiccio dalla Libia, con tanto di status di rifugiati per tutta Italia.  I lampedusani devono pretendere la cessazione degli sbarchi tout court, non la girata dell'amara cambiale ad altre regioni, pensando di difendere il loro particulare. Altrimenti, risulterà un palese incoraggiamento per il Maghreb a fare il fuggi fuggi da casa propria per trasferirsi in massa qui da noi. E per paradosso,  sarà ancora l'Itaca-Lampedusa, la mèta agognata dell'inarrestabile odissea degli sbarchi.   
Ora c'è una guerra e ci sono delle imbarcazioni militari: quale pretesto migliore per dire NON POSSUMUS? Non si può accettare più nessuno, pena la risposta armata, che Zapatero fece nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla. E' così  che dovrebbe e comportarsi uno stato sovrano.
E quelli che sono sbarcati ritornino in Tunisia, visto che sono giovanottoni robusti e forti e qui non c'è lavoro nemmeno per noi .
Mandare le motovedette a prelevarli in acque internazionali, scortarli e rifocillarli è demenza allo stato puro. Lo ripeto, nemmeno Andreotti giunse a tanto, caro  ministro Maroni.
Inoltre trasferire i profughi da Lampedusa al Mineo, per poi farne sbarcare di nuovi (ierisera ne sono sbarcati altri 400) è  inutile e disperante un po' come cercare di svuotare il mare con un cucchiaino da caffè. Questo continuo entra ed esci , sbarca e rimbarca di clandestini ci porterà alla rovina (economica, turistica, e di immagine).
Se Lampedusa, la Sicilia, e l'Italia tutta hanno come risorsa principale il turismo e la bella a stagione si sta avvicinando, un'Italia coi profughi non ci frutterà  il becco di un quattrino e ci farà precipitare in men che non si dica  nella miseria e nel degrado. Frattanto i predoni della Libia cercano di portarci via tutte le commesse che avevamo conquistato. La Total (multinazionale francese) non contava un due di coppe prima in Libia, ma ora aspira all'egemonia. L'idea di Giuliano Ferrara a Radio Londra non è così peregrina. Visto che la Ue non esiste, che la solidarietà europea non esiste, che i cuginastri d'Oltralpe cercano di fregarci su tutti i fronti, propone l'accompagnamento dei profughi a Nizza. Sarko, on va te faire un cadeau!
Ma di tutta questa sporca faccenda, occorre aggiungere soprattutto quel che non si vede: la regia occulta angloamericana che mette in prima fila il burattino Sarkozy ben delineata da Italia Oggi  nell'articolo di Piero Laporta.  Di questo Ferrara tace e si limita ad evidenziare solo quanto è già visibile: l'operazione Sarkò De Funès, ovvero il funambolo contoterzi. 

Per venire a capo di tutto questo sporco gioco che ci frutterà solo guai, bisogna che la Lega torni ad essere quella di lotta, e non l'attuale rammollita di governo. Ma soprattutto che Berlusconi vada in giro per tutte le cancellerie Ue e nelle varie sedi internazionali a battere i pugni sul tavolo facendo valere i nostri interessi, zittendo La Russa e il suo idiota protagonismo d' impavido soldatino di piombo. Altrimenti non se ne esce.

21 March 2011

Come si costruisce una guerra "umanitaria" in Libia e altrove

Prelevo dal sito Conflitti e strategie (cliccare per il filmato), quest'ottima suggestione dal film "Sesso e Potere" di Barry Levinson, con Dustin Hoffman e Robert De Niro a proposito di una presunta finta sommossa in Albania, che sarebbe poi servita quale pretesto per  scatenare un intervento "umanitario". Ogni riferimento all'attuale conflitto contro la Libia, e alle precedenti rivoluzioni nel Maghreb,  non è affatto casuale.
Aggiungo che non esistono "guerre umanitarie" e che trattasi di un ipocrita ossimoro di un'altrettanto ipocrita maschera ideologica ad opera del cosiddetto occidente, che, sempre più incapace di dotarsi di una credibile "democrazia"  rappresentativa degli interessi del popolo a casa propria, pretende esportarla con l'uso della forza e delle guerre in altre aree del mondo.  Questo filmato serve a rispondere in parte alle perplessità mosse da Aldo e da Giovanni, nel post precedente circa il fatto che oggi le guerre non si dichiarano più, ma si fanno. Non solo, ma per giustificarle si richiede la continua foglia di fico delle violazioni sui cosiddetti "diritti umani", chiamandole con tutta una gamma di eufemismi soft: ingerenza umanitaria, missione di peacekeeping, guerra al "terrorismo internazionale", guerra per il ripristino dei diritti umani, rivoluzioni colorate, esportazione della democrazia,  e via con le menzogne.

A onor del vero,  non solo si fanno senza dichiararle, ma c'era una volta il dibattito parlamentare nei paesi membri della Nato. Ora bastano le cosiddette commissioni esteri bipartisan, e oplà...si corre in guerra senza nemmeno la ratifica da parte del Parlamento. Come diceva una battuta del film di Nanni Moretti "Io sono un autarchico", no, il dibattito no! O magari il dibattito parlamentare si fa a conflitto già in atto e a decisioni prese altrove. Parigi val bene una guerra.

Poi c'è il mio non-Presidente della Repubblica che asserisce che non dobbiamo aver paura, perché intanto non siamo lì in Libia per fare la guerra, ma per rispettare la risoluzione di pace dell'Onu 1973.  Partono e bastimenti pe' terre assai luntane, cantava l'accorata canzone napoletana. In questo caso, partono  i Tornado. Missione da compiere: la pace, manco a dirlo. Credevo che Napolitano avesse raggiunto il colmo del ridicolo con la sua battuta a Venaria Reale sull'esportazione del "Risorgimento libico", ma a quanto pare al peggio non c'è mai fondo.
Gli fa eco Berlusconi con un'altra trovata davvero surreale, decisamente  all'altezza delle precedenti: i nostri Tornado sorvolano i cieli libici ma non sganciano bombe. Scusi, ma allora che sorvolano a fare? per prendersi qualche schioppettata dalla contraerea libica?

19 March 2011

L'Italia non deve aderire alla guerra contro la Libia

Non si pensi che il terremoto attuale non sia stato preparato e fatto scoppiare in base ad un piano preciso finalizzato alla sopraffazione dell'Europa. Per questo si è sviluppato in brevissima successione dall'Egitto alla Libia senza che a tutt'oggi si sappia con precisione chi abbia dato fuoco alla miccia, quali siano le forze in campo, che cosa si prefiggano i ribelli. Il caos a poca distanza da noi, dall'Italia soprattutto, significa soltanto una cosa: che si vuole costringere l'Europa, e l'Italia, a prendere posizione. E che questa posizione, guerra o non guerra, giustificherà il trasferimento di migliaia di africani, di musulmani, nel nostro territorio. Lo scopo è questo; tutto il resto - libertà, diritti umani, democrazia, petrolio – costituisce soltanto la solita occidentalizzazione del problema, visto che l'Occidente, l'America soprattutto, ritiene di potersi ancora servire di tali fragili  bandiere per mettere i piedi in casa altrui.

Per l'Italia e per l'Europa, però, questa è l'ultima possibilità di affermare la propria volontà di continuare ad esistere. Bisogna cambiare del tutto l'atteggiamento tenuto fino adesso di superiore benevolenza, di comprensione, di tolleranza, di solidarietà.  Il primo e unico obbligo dei governanti è quello di proteggere il proprio popolo e i suoi beni. Quindi l'integrità del territorio, della cultura, dell'identità, di tutto ciò che un popolo possiede. Qui non si tratta di uno "scontro di civiltà", come spesso si è detto; quella che ci viene imposta con l'immigrazione è l'astuzia di una strategia che non ha bisogno di "scontri", che sfrutta i valori di cui ci facciamo vanto per vincerci senza armi, esclusivamente con la propria presenza. L'Italia non può consentire, dunque, ad azioni di guerra, da chiunque siano decise, perché provocherebbero gravissime azioni di guerra presso di noi e disordini e stragi di lunghissima durata nei paesi africani. Nessun interesse economico può giustificare un tale scenario. Ma soprattutto non ci salverebbero dall'immigrazione che ne è l'unico scopo.

Il governo deve dare subito il segnale che a nessuno sarà permesso di superare i nostri confini non lasciando apparire al di qua del limite neanche l'ombra di una barca e  sospendere il trattato di Schengen, senza timore di reazioni negative da parte dell'UE, perché è l'Italia ad avere il coltello dalla parte del manico: non può esistere un'Europa senza l'Italia. Dove porrebbe i propri confini? Quale credibilità avrebbe il concetto stesso di un'Europa unita senza l'Italia che ne ha tracciato con i Romani il profilo e la storia fondando Parigi, Londra, York, Strasburgo, che ne ha creato le lingue e il diritto, che ne ha irradiato la religione e custodisce la sede del Papato? Abbiamo il diritto e il dovere di salvare tutto questo.

Sono importanti passaggi dell'ultimo articolo di Ida Magli sui quali mi trovo completamente d'accordo. Ma invece,  il mondo politico si è già schierato a favore di questa No Fly Zone  sulla Libia con le due commissioni esteri dei due schieramenti PdL e Pd, con Frattini che ha promesso non solo l'uso delle basi militari, ma di concerto insieme a La Russa, addirittura aerei da caccia e interventi armati attraverso i bombardieri Tornado. Complimenti! Questo significa avere a cuore i nostri interessi.

Queste due aquile di politici, hanno  forse messo in conto la marea inarrestabile di profughi che ormai  già ci sta devastando e che aumenterà in modo esponenziale?  Come si è potuto vedere da cronache e filmati, i lampedusani sono esasperati, perché  lasciati soli in trincea a fronteggiare uno tzunami umano. Ma davvero si può pensare di girare questi immani fardelli su altre regioni italiane, pensando che non si arrivi a reazioni violente da parte di noi cittadini, trattati come pecore?
  
Altri problemi relativi a questa "avventura senza ritorno" sono il fatto che noi non avremo nessun ruolo, né appiglio da cui trarre vantaggi. La Francia entrerà col suo colosso ex Elf oggi TOTAL , mentre noi dovremo cedere le varie committenze Eni acquisite sul campo. La Lega ha disertato le votazioni nel merito. Speriamo non si tratti della solita pagliacciata del qui lo dico e qui lo nego, a cui ormai ci ha reso avvezzi, ma non c'è da farsi troppe illusioni. Una simile avventura organizzata dagli Usa, che in questo caso giocano all'armiamoci e partite, dato che sono già esposti nella penisola saudita con lo Yemen e il Bahrein, ha ben poche chances di poter  essere fermata.
Bene ha fatto la Merkel a far valere gli articoli della costituzione tedesca, chiamandosi fuori dall'intervento. Noi invece, per la posizione di estrema vicinanza con la Libia, potremmo addirittura essere soggetti a ritorsioni.
Ci mancava solo la guerra al Beduino! Peggio di così... 

Altre posizioni simili a questa, quella di Vittorio Sgarbi
"Io dico che questo conflitto è sbagliato".

17 March 2011

L'Italia da salvare e da preservare

 Oggi ricorre il compleanno dell'unità italiana. Come fa giustamente rilevare Massimo, però in realtà dovremmo festeggiare un'unificazione non ancora compiuta e a cui mancano tanti pezzi,  all'insegna del Regno, della Monarchia sabauda, cosa di cui si tace. Ho già scritto su due post come la penso su questa data rabberciata all'ultimo momento e su questa decisione di farne una ricorrenza civile. Tuttavia c'è un'Italia nel mio cuore che vorrei salvare: le 4 repubbliche marinare, poiché la nostra grandezza e ricchezza iniziò quando avevamo flotte per difenderci e per commerciare, e perché la nostra è una società che proviene dal mare e nasce dal mare come la Venere di Botticelli che ci rappresenta nel mondo, simbolo di grazia e di  immacolata bellezza. La bandiera della Marina militare, perché raccoglie i 4 gloriosi stemmi delle repubbliche di Venezia, Genova, Amalfi e Pisa,  e  per rispetto a una mia antica tradizione di famiglia, dove tutti gli uomini andavano per mare. I dipinti meravigliosi di Botticelli, Piero della Francesca, di Leonardo, Duccio Boninsegna, Tiziano, del



Pontormo, del Parmigianino... E potrei citare non so quanti pittori del nostro  Medio Evo, Rinascimento, del Barocco, del Manierismo, le sculture neoclassiche del Canova. Le architetture e sculture del Brunelleschi, del Bernini e del Borromini, le fontane di Roma, le corti di Mantova, le luci sulla Laguna di Venezia e le gibigiane che filtrano dalla finestra in un  sospeso risveglio lagunare veneziano. I giardini di Ravello, di Villa Borghese e  i laghi  del suo  Nord, i parchi  botanici dell'Isola Bella, le archeologie di Paestum e di Agrigento. Con le montagne ho poca dimestichezza, ma le Cime del Lavaredo, le Tofane, il Cristallo e altre Dolomiti, devono rimanere patrimonio italiano e non il solito onusiano "patrimonio dell'umanità". Vorrei che si conservassero i suoi eleganti caffé spalancati sulle  ridenti piazze italiane; le sue stupende cattedrali, la sua lingua di cultura come i suoi dialetti tipici delle città-stato; la sua musica, la sua ottima cucina, i suoi  prelibati vini, la sua alta moda senza cedere a delocalizzazioni di sorta, rispettando quel made in Italy e quello stile sempre più in via di  estinzione.
Ma soprattutto, le sue coste preservandole da sbarchi, da orde di invasioni barbariche attratte dal miraggio  di Eldoradi impossibili. Che le nostre coste ritornino ad essere i litorali delle nostre  serene vacanze.  Non festeggio oggi 17 marzo, ma non osteggio. Perché vorrei poter festeggiare la mia Italia tutto l'anno d'ogni anno. In modo degno e non solo tanto per sfoggiare tricolori e coccarde comprate in un negozio all'ultimo momento, alla ricerca del patriottismo perduto per una patria che ci portano  sempre più via.
                                                                  

15 March 2011

Viva Marina!

Delusione, doppia delusione. Ieri sera nessuno dei  due Tg ha ripreso almeno parte dell'intervista di Marine Le Pen a Lampedusa. Neanche qualche sporadica frase, nessuna sua dichiarazione.  La sua intervista integrale nella videochat del Corriere era tradotta rozzamente da uno sgangherato traduttore che ripeteva alcuni estratti sintetici ai cronisti convenuti. Peccato. Vale la pena di ascoltarla integralmente cliccando, la sua intervista e di tradurla decentemente per il pubblico italiano in modo che si renda conto di quanto siano ancora indietro i nostri politici (tutti, dalla sinistra alla destra)  quando devono dire pane al pane, quando devono parlare alla pancia e alla testa della gente sui problemi e sulle emergenze che li toccano da vicino, troppo vicino. Come la bomba demografica di extracomunitari dal Maghreb che sbarcano ormai in flotte innumerovoli  sulle nostre coste.  Per questo  forse i Tg 1 e 2 (il 3 non lo guardo quasi mai)  hanno glissato sulla sua visita all'isola. E' un pezzetto di Francia che è con noi, dalla nostra parte, e che capisce che sbarcando a Lampedusa i clandestini (sono tali tutti quanti fino a che non vengono identificati)  e il resto degli extracomunitari, sbarcano automaticamente in Europa. Ma che soprattuto quelli provenienti dall'Africa francofona è alla Francia che punteranno. Ovviamente la solita teppaglia di sinistra era già bell'e pronta con cartelli di insulti, nel timore che si impediscano quelli sbarchi che non solo distruggeranno l'isola (già  più che distrutta, del resto) , ma anche tutta Italia. Questo si chiama "patriottismo"! Quell'Italia di cui giovedi 17 dovebbe ricorrere il compleanno (sic!).  Cosa non fa la sinistra pur di accaparrarsi quei voti, anche a costo di sfidare la sua stessa esistenza, giacché poi costoro pretenderanno partiti a carattere etnico-confessionale!  
Mentre Marine Le Pen in Francia si differenzia da Sarkozy e dal socialista Strauss-Khan  proprio sul terreno dell'ultraliberismo e della globalizzazione, dogmi ancora intoccabili per la nostra classe politica di sinistra come di "destra". E per affermare con chiarezza che in Francia hanno già 5 milioni di disoccupati e 7 milioni di poveri. Che "governare" vuole dire "prevenire e prevedere". Qui l'intervista concessa al Giornale.
Naturalmente la maggior parte delle agenzie giornalistiche si è limitata a dare risalto, troppo risalto, ai soliti quattro smandrappati della sinistra coi cartelli anti-Marine dalla scritta Liberté, Egalité e Fraternité per i sans Papiers. Tutta demagogia da quattro soldi giacché se fosse vera la fòla della democrazia esportata da quelle parti, la loro liberté se la godrebbero a casa loro, invece di venire qui da noi. Qualcuno si è chiesto quanto ci costano in termini economici e di sforzi umani tutti questi rifugiati? Cosa ci costa aiutarli a sbarcare con motovedette eppoi (quando va bene)  a rimpatriarli?
Patetica la Boniver del PdL - guarda caso - del comitato Schengen, quando ha dichiarato al Corriere che l'avrebbe fischiata volentieri anche lei. Signora Boniver, in primis, fa sempre a tempo ad andare a sinistra da dove del resto, lei proviene; in secondo luogo, si preoccupi piuttosto di risolverci questo amaro esodo biblico invece di fare tanta bella ideologia. Ce n'è già troppa in questo paese. Non vedo un futuro in un PdL che segue la sinistra sul suo stesso terreno del buonismo e dell'immigrazionismo.
Non mi è piaciuto neanche Maroni e i suoi timori che la Le Pen venisse nell'isola a  fare "disastri". Quali disastri?
Forse caro ministro, Lei non si rende conto che i veri disastri irreversibili consistono nel far sbarcare orde infinite di nordafricani a casa nostra.
Più concreto e coi piedi per terra invece Mario Borghezio, che è riuscito nel suo intento di mettere a segno un formidabile colpo mediatico, nei confronti di una Ue non solo dormiente, ma addirittura consenziente nel volerci mandare in malora e in rovina permanente. E' stato infatti lui ad accompagnare Marine Le Pen nei luoghi dello tzunami umano, in modo che ci si rendesse conto di quello che l'Europa non fa. Forse con la speranza  nemmeno tanto segreta, di autoestinguersi.
Aggiornamento: Assalto all'isola assediata.

13 March 2011

La coccarda tricolore della Turco

Siamo già entrati nel periodo di Quaresima, ma per qualcuno è ancora Carnevale.  E' il caso di Livia Turco che venerdi sera durante la trasmissione "L'ultima parola" condotta da Gigi Paragone su Rai2, sfoggiava una vistosa coccarda tricolore grande almeno quanto la sua non attraente faccia.
E adesso mi aspetto le obiezioni delle solite protofemministe che mi rimprovereranno di badare troppo all'estetica. A costoro rispondo preventivamente con il celebre aforisma di Coco Chanel secondo il quale dopo i 50 anni ogni donna ha la faccia che si merita. E la faccia della Turco non è certo intelligente, così come le sue isteriche esternazioni.
Bene ha fatto Gasparri a ricordarle che lui ha conosciuto tempi in cui esporre la bandiera tricolore significava essere marchiati come "fascisti" e che pertanto lui non ha nulla da ostentare, a differenza di lei. Chi invece ha molto da farsi perdonare sono i postcomunisti che hanno conosciuto tempi in cui il tricolore spuntava con una timida strisciolina sotto uno straccio rosso falcemartellato, simbolo della lotta e dell'odio di classe, dell'internazionalismo proletario e della sudditanza al loro Stato Guida sovietico, che guarda caso, aveva analoga bandiera. Sicché i senza Patria e i senza Dio, erano loro: inutile cercare con le recenti carnevalate postume di farlo dimenticare.
Curioso che non ci sia un qualsivoglia Cazzullo, ormai specialista in cazzullate ad ampia tiratura (mi riferisco al suo astutissimo e ruffianissimo libro "Viva l'Italia!") in grado di farlo notare. Ma ormai -  si sa -   anche le celebrazioni per il compleanno della Patria fanno business. Lo ha dimostrato Benigni e la sua comparsata strapagata a Sanremo, con la sua lectio magistralis versione bigino televisivo sul Risorgimento. Ma quanti maestrini di storia d'Italia che vogliono mettere il cappello sulla mai nata unità del Paese, che sta sfornando la sinistra, in questi ultimi tempi. Chissà come mai...
Proprio oggi che si può  sbarcare all'arrembaggio del nostro Bel Paese ad ogni ora del giorno e della notte, si può aprire un negozio di kebab o di altra paccottiglia; proprio oggi  che secondo i "neoesegeti risorgimentali" puoi considerarti Italiano nel giro di 5 anni. Poi saranno 3. Poi  tutti quanti  "nuovi italiani subito", senza nemmeno sudarsi la tanto agognata cittadinanza -  un privilegio che dovrebbe essere accordato a pochi. Fino alla perdita della nostra amata Patria morta per decomposizione sociale, perché non sarà più nostra, ma un'immensa esplosiva favela multietnica  le cui bellezze residue saranno deturpate e svendute all'incanto in men che non si dica. Tanto valeva allora, tenerci gli Asburgo, senza  dover versare il sangue delle Tre guerre di Indipendenza. Proprio oggi che siamo uno pseudostato che non batte nemmeno più moneta in proprio, non ha più una banca d'Italia, ma si è trasformato  nell'internazionale e apolide Bankitalia dell'apolide Mario Draghi; proprio oggi che il suo governo non può varare nemmeno una legge finanziaria senza il consenso degli eurocrati di Bruxelles, i quali la passano minuziosamente al vaglio  chiamandola eufemisticamente "legge di stabilità". Proprio oggi che abbiamo trangugiato  obtorto collo, lo scellerato Trattato di Lisbona (31 luglio 2008), il quale fa carta straccia perfino del nostro statuto. Proprio oggi che abbiamo perduto lo stato di diritto con una magistratura  "rossa" e ideologizzata che di recente ha sdoganato i clandestini  diventati "liberi tutti", poiché quello della clandestinità non è da considerarsi "reato"; pertanto una legge del  Parlamento  sulla sicurezza (quel Parlamento che dovrebbe essere sovrano), viene vanificata da questa casta autoreferenziale. Inoltre quelli e quelle che...la coccarda tricolore sotto il mento, vorrebbero abolire lo ius sanguinis, (e cioè l'italianità di sangue) un retaggio risorgimentale che sancisce il legame sangue-suolo. Ma si guardano bene di inserire e ricordare nei loro festeggiamenti, quell'unica norma che ci darebbe ancora un po' di  residua nobiltà, dignità e sovranità. Su questo, al contrario,  c'è un imbarazzante silenzio, poiché ci collocherebbe fuori dall'omologazione voluta dalla Ue. E allora, di grazia,  per quale patria dovrei festeggiare il 17 marzo prossimo venturo?
Io, nelle scosse



Delle sommosse,
Tenni, per àncora
D’ogni burrasca,
Da dieci o dodici
Coccarde in tasca.

Se cadde il Prete,
Io feci l’ateo,
Rubando lampade,
Cristi e pianete,
Case e poderi
Di monasteri... (Giuseppe Giusti)

09 March 2011

Silenziosa e silenziata rivoluzione islandese


In Islanda hanno messo il silenziatore a una rivoluzione non colorata né profumata né telecomandata. Una rivoluzione che non si avvale di mercenari prezzolati alla  Gene Sharp. Non fatemi parlare ancora delle rivoluzioni tarocche e farlocche esportate  nel Maghreb. Soprattutto non ho voglia di bermi la fòla del pueblo unido  jamas sera vencido quando sappiamo bene che ci sono fior fior di professionisti mercenari a fomentare il "cambio di guardia" da quelle parti, Libia compresa. Intanto i profughi  muoiono come mosche tra Tunisia e Libia e ci siamo dovuti industriare a inviare soccorso umanitario per non essere sopraffatti da una marea di profughi che comunque arriverà lo stesso. Come al solito però le novità arrivano dal Nord del mondo. E quella dell'Islanda è rivoluzione non solo silenziosa ma silenziata. Ovvero messa  al silenziatore mediatico. Perchè? Semplice perché potrebbe verificarsi un benefico effetto domino. Un effetto domino che fa bene ai risparmiatori e male alle banche. Questo però la dice lunga sui detentori dei media mainstreams e sulla loro disinformazione costante. La "buona notizia" islandese corre solo sul web nei blog di destra e di sinistra.  Ma procediamo con ordine.  
Alla fine del 2008, gli effetti della crisi nell'economia islandese sono devastanti. In ottobre· si nazionalizza Landsbanki, principale banca del Paese. Il governo britannico congela tutti gli attivi della sua sussidiaria IceSave, con 300.000 clienti britannici e 910 milioni di euro investiti da amministrazioni locali ed enti pubblici del Regno Unito. A Landsbanki seguiranno le altri due principali banche, la Kaupthing e la Glitnir. I loro principali clienti sono in questo Paese e in Olanda, clienti a cui gli Stati devono rimborsare i loro risparmi con 3 miliardi e 700 milioni di euro di denaro pubblico. Di conseguenza il totale dei debiti bancari dell'Islanda equivale a diverse volte il suo PIL. Inoltre la moneta crolla e la Borsa sospende le sue attività dopo un crollo del 76%. Il Paese è alla bancarotta.
Il governo chiede ufficialmente aiuto al Fondo Monetario Internazionale (FMI), che approva un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, integrato da altri 2 miliardi e mezzo di alcuni Paesi nordici.
Le proteste dei cittadini di fronte al parlamento a Reykjavik aumentano. Il 23 gennaio 2009 vengono convocate le elezioni anticipate e tre giorni dopo le manifestazioni con le pentole sono già di massa e provocano le dimissioni del Primo Ministro, il conservatore Geir H. Haarden, e di tutto il suo governo in blocco. È il primo governo
(e l'unico che io sappia) que cade vittima della crisi mondiale.
Il 25 aprile si tengono le elezioni generali dalle quali esce un governo di coalizione formato dall'Alleanza Social-democratica e dal Movimento della Sinistra Verde, guidato dal nuovo Primo Ministro Jóhanna Sigurðardóttir.
Nel corso del 2009 continua la pessima situazione economica del Paese e l'anno chiude con una caduta del PIL del 7%.
Tramite una legge ampiamente discussa nel parlamento si propone la restituzione del debito a Gran Bretagna e Olanda mediante il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro, somma che pagheranno tutte le famiglie islandesi mensilmente per i prossimi 15 anni al 5,5% di interesse. La gente torna a riempire le piazze e chiede di sottoporre la legge a referendum. Nel gennaio 2010 il Presidente, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiuta di ratificarla e annuncia che ci sarà a consultazione popolare.
A marzo si tiene il referendum e il NO al pagamento del debito stravince con il 93% dei voti. La rivoluzione islandese ottiene una nuova vittoria in modo pacifico.
Il FMI congela gli aiuti economici all'Islanda in attesa che venga effettuato il pagamento del suo debito.
A questo punto, il governo ha iniziato una ricerca per individuare giuridicamente le responsabilità della crisi. Cominciano gli arresti
di diversi banchieri e di alti dirigenti. (continua qui).
Morale della favola: qualcuno sta cercando di uscire dal debito usuraio, di esercitare il controllo nazionale sulle banche e di liquidare il principale liquidatore internazionale: l'FMI. Che l'aurora boreale islandese si diffonda per tutta l'Europa.

05 March 2011

Paradigma per un dittatore

Ricordate Slobodan Milosovic? Fu una delle rivoluzioni colorate, OTPOR  (il cui logo era il pugno chiuso e alzato) sostenuto dal National Endowement for Democracy americano, a rimuoverlo. Poi sappiamo com' è andata. La Serbia venne bombardata per 80 gg  dalle forze Nato con l'allora Presidente del consiglio Massimo D'Alema ansioso di mostrare agli Alleati che aveva messo in naftalina il suo comunismo "pacifista". E giù bombe su bombe! Senza nemmeno la copertura Onu, gli aerei decollarono dalla base di Aviano sganciando siluri "umanitari" su Belgrado. Fu la guerra benedetta dell'Ulivo Mondiale. Tutti convinti olivetani pacifondai: dai clintoniani ai prodiani passando per il Papa Wojtyla che parlò dell'"ingerenza umanitaria" come male necessario. Si distinse per accanimento Madeleine Albright dell'amministrazione Clinton che andò a stringere personalmente la mano sporca di sangue dell'albanese Thaci dell'Uck, nominato poi premier del neonato stato secessionista del Kossovo, uno stato all'insegna del narcotraffico.L'epilogo lo conosciamo:  il processo-farsa di Carla Del Ponte, ed  infine lo strano caso del  "suicidio"  di Milosevic in cella.
Morto Slobo, pacificata (si fa per dire) l'area balcanica, la Serbia poté finalmente entrare nella Ue, secondo la formula della pax mercantile, panacea per tutti i mali del secolo.

Ricordate Saddam Hussein? Era l'uomo-chiave degli Usa per combattere la guerra iraniana. Poi si montò la testa e non fece tesoro dell'affermazione di Kissinger "essere nemici dell'America può essere pericoloso, ma essere suoi amici può essere fatale" e  si mise in mente di occupare il Kuwait. Mal gliene colse con Bush senior. Nel frattempo ci fu la guerra al terrorismo internazionale in Afghanistan dopo l'attentato alle torri gemelle e si cominciò a parlare del dittatore dell'Iraq  come di colui che aveva nascosto le famigerate armi di distruzione di massa. Non ne fu trovata traccia, ma il dittatore venne deposto comunque, sotto l'amministrazione di Bush jr. Prima la statua, poi lui con tanto di corda al collo.  Le foto dimostrano come. Il paradosso di questa guerra irachena è che mentre con Saddam c'era tolleranza nei confronti dei cristiani (Tareq Aziz ministro di Saddam era un cristiano caldeo) ora i cristiani vengono perseguitati, e ogni due per tre salta per aria un loro luogo di culto.

Ricordate Ben Alì? Disintegrato nel corso della rivoluzione dei gelsomini  dei mesi scorsi ( o rivoluzione del  cus- cus a seconda dei casi). Pare che fosse un ballon d'essai per vedere se era possibile provarci anche con l'Egitto, secondo la dottrina di Gene Sharp. E funzionò. Tipici dei dittatori sono  i loro tesori. Dopo la deposizione, la distruzione delle loro icone propagandistiche si cerca sempre il tesssorro.  "Congelato". Sì, ma da chi, di grazia? E siamo sicuri che quei denari serviranno poi all'edificazione della neonata democrazia tunisina? Se così fosse non ci sarebbe bisogno di pesanti traversate mediterranee di legioni di disperati che approdano stremati nelle nostre coste in cerca di cibo. Bastano e avanzano i tesori di Ben Alì, novello Ali Babà del Maghreb.

Ricordate Mubarak? Era l'uomo di fiducia di americani e israeliani ("un figlio di puttana, ma il nostro figlio di puttana", secondo la nota citazione di Roosevelt, ripetuta di recente anche da Shimon Peres). Deposto e cacciato via, anche lui. Ora si è ammalato gravemente in quel di Sharm el Sheik. Non so quale sarà l'exit strategy congegnata per lui, ma forse riuscirà a schivarsi la solita farsa dell'Aja. Qualche obolo ai buoni servitori bisogna pur darlo.

Tocca ora a Gheddafi. In questo caso è già pronta la corte dell'Aja per violazione conclamata di diritti cosiddetti umani. Curioso che fino a ieri la Libia sedesse sullo scranno del Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite in veste di difensore di quegli stessi "diritti umani", di cui ora è il principale violatore,  e che l'America non dicesse un "beh". Ma il vento evidentemente è cambiato.
Qualche interessante retroscena di questa ennesima  rivoluzione tarocca? Gheddafi ha recentemente acquisito una quota di partecipazione azionaria rilevante in Finmeccanica
"Per chi non lo sapesse quest'ultima è una società leader al mondo nella produzione di sistemi di difesa aerospaziale ed al tempo stesso principale fornitore della difesa statunitense. Pertanto Gheddafi, a meno che non venga quanto prima destituito o spazzato via, ha tranquillamente accesso alla consistenza degli approvvigionamenti militari statunitensi. Questo è più che sufficiente per istigare una finta rivoluzione con sommosse sociali pilotate al fine di ottenere la solita scusante per l'intervento militare con il nobile scopo di esportare la democrazia. Dubito infatti che quanto stia accadendo in Libia, un paese la cui popolazione godeva di un tenore di vita considerevolmente migliore rispetto alle popolazioni di paesi confinanti, non sia affatto casuale quanto piuttosto una classica operazione di false flag" - scrive Eugenio Benetazzo nel suo sito.

E questa è una lunga triste storia di dittature sostenute, incoraggiate e nutrite fino a quando fanno comodo, destituite allorquando non fanno più comodo. Di rivolte e rivoluzioni fomentate fino a quando sono utili, di restaurazioni e normalizzazioni imposte per il proprio tornaconto mediante eserciti locali compiacenti;  di tribunali internazionali che in luogo di essere al servizio dei popoli sono al servizio delle multinazionali e delle grandi corporations. Market uber alles. Tu chiamala se vuoi, democrazia. 

01 March 2011

Le banche ci rapinano il contante


Mentre in Irlanda stanno punendo i partiti salvatori delle banche con denaro pubblico, in Italia le stesse danno avvio a prove tecniche di rapina legalizzata in eleganti guanti gialli. Leggo sul sito dagospia che le banche hanno deciso di conformarsi per un balzello di tre euro per i clienti che volessero prelevare il proprio (e sottolineo proprio) contante a partire dal  18 aprile. L'articolo è comparso sul Corriere della Sera a firma Alessandra Puato.

In altre parole se prelevo 100 euro lo sportello bancario me ne dà 97 e il tutto è considerato perfettamente legale. Aderiscono BNL, UBI, Montepaschi, Cariparma, Popolare di Milano e Unicredit. Altri Istituti di credito si adeguaranno.

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Questo penalizzerà soprattutto gli anziani poco avvezzi a utilizzare il bancomat e che preferiscono correre allo sportello o utilizzare assegni. Drago Draghi plaude all'iniziativa dicendo che è una manovra per "scoraggiare il contante". Questa, la sua indicazione:  " E' un modo per diminuire l'uso del contante, rendendolo più caro. Certo, per le banche la struttura dei costi è oggi particolarmente pesante. Chiaro che cerchino strade per aumentare i ricavi» .

Il problema purtroppo è un altro. Non è che siano già stati avviati i lavori  per eliminare le banconote e costringerci alla moneta elettronica, secondo i dettami del NWO? scrive la blogger Marista su "Il cuore del mondo":

MONETA UNICA = FINE
La moneta unica, bancor o comunque la vorranno chiamare, sarà la botta finale della speculazione finanziaria. Faciliterà quello che desiderano su ogni cosa: una moneta virtuale, sulla quale noi non avremo nemmeno quel minimo di controllo che resta, saremo nelle mani di costoro, schiavizzato peggio di oggi, preda delle loro manie di grandezza. Gente che non risponde se non a se stessa, gente che distruggerà tutto, moderni barbari per i quali noi saremo SOLO DEBITORI, ci concederanno “credito” e basta, non avremo più nulla di nostro. Il dottor Sottile vuole già togliere almeno 30 mila euro di Patrimonio ad ogni persona, per un debito che sa bene che è una truffa, che non sarà mai ripagabile. Oltre tutto a conti fatti, non sarà vero che li toglierà solo ai più ricchi. Il loro piano è evidente, ormai. Manca poco.

Fantascienza? Fantaeconomy? Può darsi, ma la verità la apprendiamo sempre troppo tardi. E magari a tasche già belle e svuotate.