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14 June 2010

Styled in Como (storia dei nostri vestiti)

Il 21 giugno entreremo nel solstizio d'estate con le sue mitiche notti chiare di S.Giovanni. Finalmente è tempo di ritirare negli armadi abiti, pantaloni, giubotti e maglioni dell'interminabile stagione fredda. Gran  voglia di indossare indumenti colorati e leggeri, quasi in una  necessaria cromoterapia. Avete provato a passare in rassegna il vostro guardaroba per vedere quante belle cose e quanti meravigliosi tessuti indossavamo fino a non molto tempo fa? Puro cotone, seta, lino, canepa, raso, vigogna,  pettinati di lana, velluti lisci e a coste. Il tessuto era prodotto in Italia e la fattura dell'abito pure. Potete sincerarvene dalle etichette. Provate invece a vedere ora tutta la fuffa che circola attraverso catene di franchising in negozi di dozzina che spuntano come funghi, ma altrettanto rapidamente chiudono i battenti, per poi riaprire chissà dove. Camiciole, magliette, vestitini e pantaloni che in vetrina sembrano graziosi, ma che dopo qualche mese e qualche lavata sono da gettare nei rifiuti. Insomma, straccetti striminziti che fanno cattiva riuscita.
Esaminate l'etichetta di queste fuffette: sono tutte made in  China, made in Romania, made in Ucraina, made in Shri-Lanka. Colpisce che perfino i costumi da bagno provengano dall'Est. Ne ho appena acquistato uno con una graziosa fantasia, ma con mio sommo disappunto era made in Ucraina e l'etichetta era ben nascosta. Perciò, occhio, cercatela, snidatela e leggetela l'etichetta, prima di acquistare! Dove sono finite le prestigiose marche italiane di bikini e pezzi interi  come la Mitex, Pharah- costumi da bagno?  Vecchi tempi gloriosi, si dirà. Sopravvive malapena la Imec, ma a prezzi da capogiro.  Per il resto non c'è più nulla di nulla.

Mi trovavo per caso in quel di Como in trasferta e mi sono fermata in una seteria.  Como era famosa per il tessile ed era la città di grido dell'alta sartoria. Guardo i prezzi di casacche, camicette e abiti. Poco, penso. Con 53 euro un abitino in seta è davvero poco.
Entro, lo provo e guardo l'etichetta "Styled in Como" c'è scritto. Chiedo conto alla commessa. "Sì, ideato a Como" , mi conferma.
" Ideato lo vedo anch'io. Ma l'indotto dov'è?"
"Se lo immagini un po'", mi dice con onestà.
"Cina? India?".
"Se è in India è ancora fortunata".
"Sa qual è la mia paura?" confido alla commessa, "che questa gente ora pratica prezzi convenienti solo per buttarci fuori mercato. Una volta che si son garantiti la piazza e che avremo perduto anche gli ultimi baluardi di prodotti nostrani, poi alzerà inevitabilmente i prezzi di articoli qualitativamente inferiori ai nostri".
"E' anche la mia, signora,  e in parte è già così. La nostra città non è più quella e  molti dei migliori negozi sono stati chiusi".
La morale è che non si devono gettare via abiti, cappotti, giacche, camicie solo perché sembrano démodé. In ciascuno di questi capi c'è un po' della nostra storia. Individuale e nazionale. Non ritroverete mai più l'asola di un bottone altrettanto ben rifinita.Non recupereremo mai più lo stesso stile elegante e raffinato con gli stessi tessuti resistenti di ottime fibre. Portateli in lavanderia, rinfrescateli, fateli rammodernare da una sarta, se avete la fortuna di trovarla. Ma non gettateli,  perché non troverete facilmente di che rimpiazzarli.
Abbiamo esportato raffinatezza, buon gusto, grazia ed eleganza nel mondo, e in cambio ci costringono a saturare il nostro mercato di fuffaglia aliena al nostro stile. E' il  turn over del mercato globale, Baby.
Per far emergere i paesi "emergenti" dobbiamo andare a picco noi: sta già scritto.
Ancora un  passo, e saranno gli africani a mandarci gli indumenti attraverso la Caritas con gli appositi raccoglitori dell'Humanitaria. Con il consenso di Confindustria, Confcommercio,  Confartigianato e Sindacati che nulla hanno  fatto per impedire la delocalizzazione delle nostre aziende, la penetrazione di merce tarocca e farlocca sul nostro mercato, e per salvaguardare le nostre sapienti maestranze. Al contrario, hanno incoraggiato e spinto verso questa desertificazione.
Perciò, comprate di meno, ma comprate e vestite italiano.  

27 comments:

Aldo said...

Post: «"Sa qual è la mia paura?" confido alla commessa, "che questa gente ora pratica prezzi convenienti solo per buttarci fuori mercato. Una volta che si son garantiti la piazza e che avremo perduto anche gli ultimi baluardi di prodotti nostrani, poi alzerà inevitabilmente i prezzi di articoli qualitativamente inferiori ai nostri".»

Nessie, quella procedura è talmente sperimentata e consolidata da avere pure un nome (in inglese, ovviamente): si chiama «dumping» (probabilmente già lo sapevi). Dunque, chi tra gli organismi di controlla accetta che certe pratiche vengano messe in atto lo fa scientemente, perfettamente consapevole delle procedure e dei loro obiettivi. E tra costoro ci sono molti dei nostri "rappresentanti", veri e propri traditori del proprio mandato.

Nessie said...

Caro Aldo,
il dumping, ovvero, quella procedura di vendita di un bene o di un servizio su di un mercato estero (mercato di importazione) ad un prezzo inferiore a quello di vendita del medesimo prodotto sul mercato di origine, è diventato sempre più persistente da quando i famosi "paesi emergenti" sono entrati nel famigerato WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio).
Ma le norme antidumping non ci sono. O se ci sono, risalgono ai tempi di Carlo Cudega e sono del tutto ininfluenti.
Con la benedizione di chi ci governa e ci amministra, ovvio. Ma non solo. Anche le cosiddette "opposizioni" sono favorevoli al WTO, che come al solito, è parte integrante di quel NWO che tutti fanno finta di non vedere. Qualcuno ha visto i sindacati scioperare per difendere piccoli e medi artigiani o commercianti che sfoggiavano con orgoglio prodotti all'insegna di quel "made in Italy" in via d'estinzione?
Si preferisce farli chiudere nel più assordante silenzio. Per far "largo ai giovani". Stranieri, possibilmente.

Josh said...

Ho già fatto il cambio stagione, volevi che aspettassi mo' con i 36 gradi bolognesi e l'umidità estrema? :-) I cappotti e giacconi sono al reparto inverno da un po'...anche se fino aprile-maggio qui era fresco. Un po' come il tuo post di qualche settimana fa: la borsa, la nube, il tempo...non ce n'è una che funzioni....

Sì è cambiato tutto: è iniziato da un po' di anni, ma progressivamente peggiora sempre più e si impoverisce la qualità di tutti gli abiti, uomo, donna, sportivi, ma anche Prêt-à-porter...questi ultimi un vero scandalo, rispetto al prezzo e al nome! non per la fissa della "griffe" ma per la storia importante di aziende italiane..che poi fanno fare tutto all'estero..o a cinesi qui, ma vogliono lo stesso le medesime cifre alte come se i capi fossero stati fatti a dovere con arte e alta qualità come un tempo.

Ricordo già dai '90 (età pensionamento di mia madre area moda-design e di mie pubblicità-ricerca immagine per il settore) aziende che dislocavano il lavoro, mettendo a casa maestranze italiane (operai, ma anche impiegati, artigiani, artisti) e facendo casse integrazioni straordinarie o stagionali, e che mandavano poi a fare i lavori nel mondo slavo, russo o in Cina. Da allora il fenomeno si è allargato fino ad arrivare a oggi.

Josh said...

dal post: "Camiciole, magliette, vestitini e pantaloni che in vetrina sembrano graziosi, ma che dopo qualche mese e qualche lavata sono da gettare nei rifiuti."

diciamo alla prima lavata e dopo la 1ma settimana. A volte è cotone rigenerato, non nuovo. Cucito in Thailandia, colorato in Cina e simili.

Per quel che riguarda la seta, la maggior parte della seta in commercio non è da tempo vera seta filata dal baco da seta coi bozzoli sui gelsi, ma seta sintetica generata in laboratorio eh. Anche quando non è scritto. Lo noti anche dalla diversa pesantezza. Per questo ..a parte che non ho bisogno di nulla....ci rivolgiamo anche al Vintage.

dal post: "Non ritroverete mai più l'asola di un bottone altrettanto ben rifinita"
nemmeno il bottone: oggi tutti in plastica, che si rompe consuma e schiatta con i lavaggi, invece fino a ieri, tanto per camicie quanto per pantaloni i bottoni erano rigorosamente in madreperla.
Le asole me le faccio da me.

Anche nel "mercato" delle sarte, sono poche ormai le sarte tradizionali italiane. Molte di loro sono straniere, e tirano parecchio via. A meno che non ti rivolgi a un'alta sartoria italiana doc...che però ha il suo costo.
Guarda i negozietti-bottega per piccoli lavori sartoriali, orli, accorci e simili anche nella tua città: la maggior parte sono cinesi e indiane.

Il WTO è stato una disgrazia in tutto.

Nessie said...

"Ricordo già dai '90 (età pensionamento di mia madre area moda-design e di mie pubblicità-ricerca immagine per il settore) aziende che dislocavano il lavoro, mettendo a casa maestranze italiane (operai, ma anche impiegati, artigiani, artisti) e facendo casse integrazioni straordinarie o stagionali, e che mandavano poi a fare i lavori nel mondo slavo, russo o in Cina. Da allora il fenomeno si è allargato fino ad arrivare a oggi".

Sì Josh, la grande debacle del "tessile" italiano è iniziata proprio intorno a quegli anni. Chiediti il perché. Caduta del Muro, accordo di Marrakech nel 1994:
http://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_Mondiale_del_Commercio

e tanti altri sconvolgimenti. Non sembra, ma i nostri vestiti segnano la storia. Tra il "prima della cura" e il "dopo la cura". Quello che dici sulle "griffe" è altrettanto vero: fanno fare tutto nei paesi "emergenti" (parola insopportabile) per poi affibbiargli gli stessi prezzi del vecchio "made in Italy". Troppo comodo.

Hai già finito di stipare nel guardaroba gli abiti invernali? Bravo. Io li sto portando (a rate) in lavanderia. La quale mi fa aspettare, perché dà la precedenza ai capi stagionali. Qui al Nord, non sta facendo una grande estate: afa e temporali.

Nessie said...

Josh, dei bottoni in plastica non ne ho parlato, perché quelli è da tantissimo tempo che purtroppo ci sono. Solo i capi di un certo livello e di un certo costo li hanno ancora in madreperla.
Sai cucire le asole? Ma allora sei da proteggere col Panda. Si vede che sei figlio di una sarta. Io non ne sono capace e festa grande se so cucire qualche bottone che si sfila. :-).
Tutto vero e sacrosanto anche quel che dici a proposito del cotone e della seta. Ma temevo di essere troppo catastrofista nel dire che certi straccetti, partono alla prima lavata.

Federica said...

"Abbiamo esportato raffinatezza, buon gusto, grazia ed eleganza nel mondo, e in cambio ci costringono a saturare il nostro mercato di fuffaglia".

Come si possa rassegnare a lasciarsi sommergere dalle brutture un Paese che ha lasciato un segno così evidente nel mondo, nell'ambito del bello, dell'artigianato e dell'arte è per me un vero mistero.

Nessie said...

E' quanto mi chiedo anch'io Federica.

E la risposta forse può trovarsi solo nella mitologia. Il Paese di Venere e delle Tre Grazie, ha un bisogno impellente di essere presidiato da Marte. E qui ci mancano i Marte con tanto di attributi.

Josh said...

Aggiungo: ci vorrebbe un Marte congiunto a Plutone:-)
ma tutt'al più ci manderanno dei "marziani" ipotetici, per stornarci dai problemi reali del presente.

Nessie said...

Pluto, nel senso del denaro, Josh? Eccerto. Batter moneta e avere milizia :-).

Anonymous said...

Lo scadimento della qualità non riguarda solo l'abbigliamento. D'altra parte quando si è deciso di creare una sorta di sottoproletariato precario pagato 6-700 euro al mese in costante aumento numerico bisogna poi dargli da comprare qualcosa di compatibile. E così lorsignori hanno provveduto. Contiamo poi che i Signori della Globalizzazione sono nemici giurati di tutto ciò che è tradizione, abilità, conoscenza, qualità artigianale locale che vedono come ostacolo all'imposizione del loro Sistema Unificato Mondiale (per la materia oltre che per il pensiero).
Sulla mancanza di qualità, effetto collaterale dell'avidità fatta sistema a forza di sub sub sub appalti per esempio abbiamo, il bell'esempio, silenziato, del pozzo della BP.
Scarth

Nessie said...

D'altra parte, quando si è deciso di creare una sorta di sottoproletariato precario pagato 6-700 euro al mese in costante aumento numerico bisogna poi dargli da comprare qualcosa di compatibile.".

Vero Scarth. Non ho mai visto tante tute e orrende felpe o T-Shirt con scritte come da quando ci sono così tanti stranieri che lavorano qui. E preferibilmente, vuoi per passare inosservati, vuoi come simbolo di sottomissione a quel che credono essere "occidente", li si vede vestiti così e calzati con anonime scarpe da ginnastica.

Certo, lo scadimento non riguarda solo il vestiario. Ma una cosa alla volta. Poi passerò a occuparmi anche dell'agroalimentare, dove le truffe e le frodi sul latte in polvere e i formaggi ammuffiti si sprecano

Dionisio said...

Mi si raggruppano i nervi quando vedo quelli che se ne vanno in giro in tuta. Nei miei (ormai) remoti viaggi africani notavo che alcuni africani indossavano le tute e ricordo che pensavo: "Le avranno avute da qualche istituzione di carità occidentale e le indossano per andare a passeggio o in società perché per loro, evidentemente, rappresentano il massimo dell'eleganza (e della loro appartenenza alla modernità). Un po' come avveniva nei paesi dell'Est in quegli stessi anni coi blue jeans. Una volta ne ho regalato uno (vecchio e sdrucito) a un ragazzo rumeno che mi aveva aiutato a cambiare una ruota bucata della macchina e, di fronte ai suoi amici, si sentiva "promosso alla modernità occidentale" per quegli stupidi pantaloni. Mi avrebbe baciato i piedi per la gratitudine...
Eh sì, una volta eravamo veri aristocratici, in Italia: sapevamo che cos'era l'eleganza (tutti, anche gli operai, che infatti la domenica si vestivano bene); sapevamo abbinare la cravatta all'abito, badavamo all'accordo delle tinte ecc. Adesso, gli italiani si vestono peggio degli abitanti del vecchio terzo mondo e del vecchio mondo comunista: tuta, scarpacce, jeans calati come sciamannati e strappati (questi fanno addirittura "fine"). Per non parlare dei tatuaggi, dei piercing, delle capigliature alla moicana o tinte con colori assurdi.
Ma in tutto questo c'è un disegno: alcuni l'hanno promosso a tavolino e l'hanno perseguito fino in fondo: parallelamente alla distruzione della scuola, alla analfabetizzazione di massa, all'inselvaticamento dei costumi (parolacce e bestemmie le dicono a ogni piè sospinto perfino le ragazzine di 13-14 anni), al rimbecillimento generale, al rimescolamento delle abitudini, delle religioni, dei principi: tutto per renderci il più vulnerabili possibile, senza anima, senza autonomia di giudizio, senza volontà, senza capacità di sottoporci a uno sforzo, di sopportare un insuccesso, una sofferenza: insomma, perfetti beoti per venderci i paradisi artificiali a buon mercato e darci un calcio nel di dietro quando non serviamo più ai loro scopi.
Un bel quadretto idilliaco, nevvero, ma è la realtà di oggi. E chi l'ha voluta ha bell'e vinto.
A meno che non si cominci a dire Basta.

Josh said...

@Nessie: dici "Certo, lo scadimento non riguarda solo il vestiario. Ma una cosa alla volta. Poi passerò a occuparmi anche dell'agroalimentare, dove le truffe e le frodi sul latte in polvere e i formaggi ammuffiti si sprecano"

aspettiamo i post in cui ti occuperai anche di questo:-) In zona alimentare, leggiti questa: la torta identitaria ahah

http://aristocraziaduracruxiana.wordpress.com/2010/05/17/la-torta-della-nonna-lidentitarismo-alimentare-parte-dalla-colazione/

Nessie said...

Hai dato una fotografia tragicamente veritiera, Dionisio. Il pessimo gusto dei capelli irsuti di gel che sembra vinavil, il piercing, i tatuaggi dappertutto, le droghe, i vestiti di stracci, i jeans con un cavallo così basso, che se ti inseguono non può manco correre e scappare via, facilitano certamente l'accettazione passiva di questa dittatura del progressivo scadimento e della desertificazione voluta.
C'è un insieme di concause che interagiscono insieme in questo progressivo degrado.

Tu ricordi giustamente il tempo in cui la domenica anche l'operaio vestiva bene e sembrava un gran signore. Oggi invece la domenica vestono con le tute e invece di affollare piazze, sagrati di chiese, fiere e corti, molti poveri alienati corrono all'outlet e ai centri commerciali, veri luoghi della desolazione.

Nessie said...

Grazie Josh, una vera delizia la torta della nonna. A proposito di sartine, io ne conosco una italiana che rassetta e rammoderna abiti, e da un po' di tempo in qua torna a essere piena di lavoro. Chissà... forse qualcuno comincia a capire. Ha un nome che è un programma: Modestina :-)

Anonymous said...

Come hai ragione, mia cara. E la Francia è forse peggio. Au revoir.
Xavier

Nessie said...

Xavier, temo che saremo in pochi a porci di questi problemi. Il resto del cosiddetto occidente è troppo impegnato a guardare i Mondiali e a stordirsi nel rumore molesto dei "vuvuzela" (le invadenti trombette sudafricane simili a sciami di calabroni impazziti).

Dionisio said...

A proposito dei "vuvuzela", li ho sentiti ieri perché ho guardato la nazionale italiana (che non ha convinto un granché). Mammia mia, quelle trombette inernali! La mia osservazione in proposito (avendo conosciuto e un po' studiato il mondo degli africani) è che quando si ritrovano in folla (i neri, intendo) tendono a raggiungere una condizione panica, a stordirsi collettivamente (in area tribale, per prendere contatto con gli spiriti degli antenati, in modo da ottenerne la protezione, sempre necessaria in un mondo ostile come la boscaglia); in area urbana, invece, probabilmente non si intende più cercare la protezione degli antenati, ma il senso del rito collettivo e la sua funzione, cioè quella di straniarsi dalla realtà per raggiungere la condizione panica e lo stordimento, permane. Infatti suonare la tromba, da noi, almeno nelle partite di calcio, è un modo clamoroso di manifestare l'entusiasmo in occasione di un gol realizzato dalla squadra del cuore, ma tutto finisce lì. Mentre per i neri il raduno allo stadio è solo il pretesto per suonare ininterrottamente e tutti insieme la tromba per creare un frastuono assordante che accompagnerà tutta la durata del raduno collettivo, e questo per ottenere, appunto, lo stordimento delle facoltà sensibili e l'ubriacatura dei sensi.
Da noi questo effetto non si cerca negli stadi di calcio: si ottiene nelle discoteche, meglio ancora nei grandi raduni musicali, dove la musica suonata a tutti i decibel possibili serve a stordire e a ubriacare (magari con l'aiuto di droghe e alcool; stessi strumenti, peraltro, adottati nei raduni collettivi africani; tanto per darsi un aiutino ad uscir di cervello, insomma).
Questo per dire: invece di abbandonare i percorsi della perdita delle facoltà raziocinanti, ci incamminiamo sempre più verso i modi di stare insieme che ci pervengono dal mondo tribale, quelli volti alla perdita della coscienza.
Tutto serve, insomma, per buttare in soffitta il cervello e a renderci meno consapevoli e più manipolabili.

Anonymous said...

Il quadretto proposto da Dionisio è tragicamente vero. Purtroppo la sciatteria con tutto il contorno di superficialità, pigrizia mancanza di impegno e responsabilità non riguarda solo abbigliamento, contegno e cura della persona ma si applica in maniera se possibile ancora più evidente e drammatica anche alla mentalità. E ciò accade indipendententemente da qualsiasi titolo di studio, provenienza, ambiente o professione. Mentre una volta essere "brutti sporchi e cattivi" era considerato riprovevole ora è considerato un vanto e gli effetti si vedono.
Come avete già detto quello che sta accadendo non è certo un caso.
Scarth

Nessie said...

Ottima Dionisio, questa tua spiegazione sui "vuvuzela" e i riti panici africani. Come ho avuto modo di constatare proprio oggi con un amico, ci stiamo bevendo il cervello di brutto, perché se vai su Ebay di Internet c'è gente che è disposta a comprare intere partite di vuvuzela. E ti assicuro che non si tratta di africani.

E per tornare al topic del post, che dire di quella moda "etnica" che ha contaminato buona parte della moda italiana? Abiti "etnici", gioielli "etnici", mobili "etnici"... Che rottura!

Nessie said...

Scarth, si ha un bel dire che l'abito non fa il monaco. La verità è che fa il monaco, il prete, il vescovo e il cardinale. Tant'è vero che si usa il termine "abito" anche per definire l'abito mentale, l'atteggiamento. E anche il termine "abitudine" reca la stessa radice. L'esempio fatto da Dionisio dell'operaio e del contadino che si vestiva bene alla domenica, rimanda a una società ancora cristianizzata e rituale. Dove nel giorno del Signore ci si vestiva con decoro per andare in chiesa e onorare le festività.

La tribalità metropolitana e la barbarie, nasce proprio da questa progressiva scristianizzazione.

Lo PseudoSauro said...

Dionisio ha centrato il problema. Tutto cio' che ha a che vedere con l' "ambiente" viene ricodificato. Abiti, abitudini etc. I mezzi di manipolazione della cosiddetta "coscienza di massa" hanno beneficiato di almeno un secolo di esperienza applicata nel marketing USA. Si tratta dell'applicazione su vasta scala delle teorie antropologiche boasiane basate sull'ambiente: "cambia l'ambiente per cambiare l'uomo". Teorie poco affidabili se rapportate a quelle basate sulla biologia classica... Anche se la genetica e' ormai in grado di confermare come il DNA di ogni essere vivente possa essere riscritto inserendovi nuove informazioni. Solo che qui non si tratta di cio' che siamo soliti chiamare "educazione"; e nemmeno della tristemente famosa "rieducazione". Questo e' un tipo di manipolazione molto piu' sofisticata, frutto del perfezionamento di quelle stesse pratiche che un tempo andavano sotto il nome di "brain washing" e che si basavano sull'amplificazione della sensitivita' umana, anche attraverso l'uso di sostanze psicotrope. Le innocenti luci "psichedeliche" che vediamo nelle discoteche almeno dagli anni '60 sono uscite da laboratori del MI5 come il Tavistock Institute, cosi' come molti fenomeni della musica (i Beatles, ad esempio), la quasi totalita' della moda, etc. Sono conscio del fatto che si tratta di uno scenario incredibile, ma per chi vuole documentarsi, di prove ce n'e' in abbondanza. Comunque, la prova principe ce la da la sempre piu' diffusa percezione di andare verso un mondo molto piu' disumano di quanto non fosse prima. Questi "stati d'animo" collettivi vengono instillati, prima, e confermati, poi, attraverso tutti i media: internet compresa. Ci trattano un po' come i criceti in gabbia. Le "masse" sono l' "oggetto", ma il "soggetto" chi e'? Boh... Sembrero' anche un "complottista", ma non parlo solo per sentito dire. Ho anche il conforto di qualche esperienza personale la cui lettura, col senno di poi, non mi fa confidare troppo nel futuro. G. Orwell era un cospirazionista che oggi finirebbe dritto dritto al manicomio. Non si e' troppo "complottisti", in questa fattispecie. Il guaio e' che non lo si e' abbastanza. Temo che se volevamo davvero un "mondo libero", abbiamo tutti puntato sul cavallo sbagliato.

P.S.
limitatamente all'abbigliamento, anch'io sto recuprando i miei vecchi abiti. Si puo' considrarla una nuova forma di "resistenza" :-)

Nessie said...

Sempre più mattutino, Sauro.

Faccio un altro OT sui vuvuzela: ierisera c'erano Maurizio Costanzo e Giampiero Galeazzi che li suonavano in trasmissione tv. Che razza di rincoglionimento collettivo!

Dalla resistenza "tessile" poi passeremo a quella alimentare. Sempre che gli usurocrati ci lascino le sementi non geneticamente modificate.
E' da mo' che ho la sgradevole sensazione di essere in una strana matrix mondiale. Ma se esterni queste impressioni, ovviamente sei marchiata come Orwell. Che peraltro ebbe una vita travagliata di suo a causa dei Big Brothers da lui descritti.

Dionisio said...

Vedi la differenza tra noi (che conserviamo un minimo di discernimento tra l'utile e il dilettevole e tra il disutile e molto poco dilettevole che conduce solo al rincoglionimento) e gente come Costanzo che hanno percorso per tutta la vita il sentiero della devastazione delle anime (proprie e altrui)? Che noi stigmatizziamo l'infernale concerto dei "vuvuzela" per quello che è (un frastuono che serve solo a stordire e ad allontanare la capacità di esercitare il pensiero); invece i Costanzo raccolgono al volo il suggerimento che viene da un universo di primitività e lo riversano a chi li guarda come elemento, per l'appunto, di diletto da far proprio e diffondere tra gli altri. Le menti fallaci credono di poter farci fessi a tutti quanti (come direbbero a Mapoli); e noi invece insistiamo a smascherarli e a dichiararci impermeabili ai loro messaggi. Eh eh, in fondo essersi dedicati solo a devastare la coscienza degli altri e la propria è sintomo di pochezza umana e spirituale. E questo può ispirarci solo disgusto.
Perfettamente d'accordo con tutte le osservazioni del Sauro.
In barba a tutti i Costanzo del mondo io mi dedico a dipingere un quadro dove due bellissmi angeli precipitano dell'abisso alcuni orrendi diavoli dall'aspetto molto primitivo (mi sforzo di non rifare il barocco, anche se il richiamo di quella grande stagione dell'arte è fortissimo).
Ciao a tutti.

Vanda S. said...

Cara Nessie,
gli intelligenti, obiettivi ed arguti dialoghi fra te, Dioniso, Scarth, Aldo e tanti altri amici che commentano i tuoi post, dovrebbero essere letti in TUTTE le scuole superiori! Sono sicura che cio'darebbe la possibilita' d'alzare il livello di consapevolezza e l'QI di molti ragazzi.
Complimenti!
Sempre con tanta simpatia.
Vanda

Nessie said...

Grazie Vanda. Aggiungo anche Josh alla lista degli amici che intervengono in modo stimolante e pertinente, poiché nel caso della crisi del tessile che ha investito l'Italia da circa 20 anni, ha avuto testimoni diretti in famiglia. Passa quando vuoi.

Dionisio, che ci vuoi fare? I Costanzo e non solo, fanno parte di quei veicoli consapevoli dell'instupidimento collettivo.
Vedrai comunque che tra non molto, quelle orrende trombette infernali arriveranno anche nei nostri stadi.
Quando non ci basta la nostra idiozia, la andiamo a importare da altri continenti.