Nessie New Logo

30 May 2010

Benetazzo parla del signoraggio bancario

Si sente di continuo parlare del nostro debito nazionale tra i più elevati del mondo. Ma come nasce? e perchè periodicamente si raschia il barile con "finanziarie" che  per quanto esose  e all'insegna delle solite "lacrime e sangue", risultano essere pur sempre "insufficienti" anche quando scavano fino all'osso come fece Amato nel '92, arrivando a  prelevarci direttamente i risparmi dai conti correnti e depositi? Ascoltiamo questa intervista di Eugenio Benetazzo, il giovane predicatore finanziario che le canta belle chiare su questo video
A integrazione di quanto afferma Benetazzo sul tema del signoraggio bancario, ascoltare anche quest'altra fonte. C'è solo da indignarsi per come si tengono i popoli schiacciati sotto il tallone con denaro stampato dal nulla, che devono pagare ai banchieri centrali cedendo il loro legittimo diritto alla "sovranità monetaria" . FIAT MONEY! - disse l'America.
Così  nacque l'Unione Europea degli eterni pagamenti. E dei debiti eterni mai abbastanza saldati.

PS: Sul signoraggio bancario, ovvero quell'interesse che gli stati pagano alle banche per avere in prestito il denaro in uso, leggere anche questo articolo da Il Giornale "Quella sovranità della moneta in mani private".

27 May 2010

Ci vogliono rovinare

Mentre Tremonti fa una manovra stringente contro le pensioni di invalidità degli autoctoni, gli allogeni ottengono invece la benevolenza della Corte Costituzionale. "Così, mentre governo e Parlamento affrontano la crisi comprimendo lo Stato sociale e tirando la cinghia anche per i benefici agli handicappati, la Consulta va in controtendenza e allarga il numero dei beneficiari dell'assegno". Ne ha scritto ieri il Giornale nell'articolo "I giudici regalano pensioni agli extracomunitari".
La decisione è stata presa da 15 giudici della Corte Costituzionale e avrà di sicuro dei contraccolpi durissimi per l'INPS. Come farà il nostro già disastrato Istituto di Previdenza Sociale a far fronte a una simile onerosa pretesa?
"Tutto nasce dalla causa di una romena immigrata in Piemonte che, dopo un incidente, è diventata invalida. Le è stato riconosciuto l'assegno perché comunitaria. Ma lei è andata oltre: ha chiesto gli arretrati, che si riferivano a un periodo in cui la Romania non era ancora entrata nell'Ue. La richiesta è stata bocciata, in base a un articolo della legge del 28 dicembre 2000, nella finanziaria 2001, che subordina appunto l'assegno sociale al possesso della carta di soggiorno. Ma in appello, la Corte di Torino si è rivolta alla Consulta, sostenendo che questa norma è «discriminatoria», contrasta con la «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali» del 1952 e viola l'articolo 117 della Costituzione: quello che obbliga lo Stato a fare leggi, anche in materia di immigrazione, che rispettino ordinamento comunitario e obblighi internazionali" .
Dunque, tra italiano ed extracomunitario sull'invalidità non ci può essere differenza. E l'assegno deve andare ad ambedue, anche quando l'extracomunitario risiede nel nostro paese da poco tempo e in modo episodico.
Conseguenze di tutto ciò, sarà un'ondata di turismo "previdenziale" da parte di orde di immigrati alla ricerca dell'Eldorado agognato: l'"assegno di invalidità", nuovo tipo di schedina del  Totocalcio e di Superenalotto all'italiana.
Ad onta di quanto va affermando Napolitano, questo nuovo ordine internazionale non sarà né più giusto né più equo. E lo sperimentiamo sulla nostra pelle ogni giorno che passa. Voler equiparare welfare e benefici tra chi è nato da generazioni e da generazioni risiede stabilmente nel nostro Paese con chi vi è appena arrivato è una "disuguaaglianza" bella e buona che sfiora l'abuso. Senza contare tutti gli accantonamenti pensionistici (i contributi previdenziali dei lavoratori più anziani) che sono stati versati dal dopoguerra a oggi dalle generazioni che ci hanno preceduto. Che fine hanno fatto? Tremonti dovrebbe dirlo agli Italiani che sono stati polverizzati, anche questi,  dalla finanza. Quella stessa che ora pretende di farsi beffe del diritto nazionale dei popoli per applicare improbabili, utopistici e ingiusti "diritti internazionali", fatti nel nome di un egualitarismo diseguale.
La casta dei togati in stola di ermellino, con questa iniqua sentenza sa già da che parte schierarsi. Non dalla nostra.

24 May 2010

I soliti sospetti

Ho un paio di dubbi, e colgo l'occasione per chiarirmeli qui. Tutta questa fretta per varare il federalismo nel cuore di una crisi devastante, da parte della Lega, non vorrei che fosse come quella gatta che andò di fretta e che fece i gattini morti. Come è noto, è passato il decreto attuativo sul federalismo demaniale annunciato con una conferenza stampa congiunta tra Calderoli e Di Pietro, della quale è stata data notizia sui quotidiani ( leggere fonte Corsera).  Viene da  dire che quel che va bene per Di Pietro, va male per l'Italia e quel che è bene per l'Italia è male per Di Pietro. Quest'ultimo ha detto che pur di far qualcosa di buono per il Paese si alleerebbe perfino con Lucifero. Ma la verità è che in questo caso è stata  la Lega attraverso il suo Ministro per la  Semplificazione ad allearsi con "Lucifero".
Ed ecco il sospetto. Trasferire i beni del demanio agli enti locali è un rischio. Molti enti locali sono in grave deficit di bilancio e hanno una forte esposizione bancaria a causa dei "derivati". Leggere qui su notizie Yahoo. Non è che poi molti dei gioielli di famiglia (edifici, palazzi, isolette, laghi, fiumi ecc.)  finiranno svenduti all'incanto proprio nelle mani di quegli stessi speculatori stranieri che ci hanno piazzato la ciofeca dei derivati? Quello che asserisce Bonelli dei Verdi (con cui non sono mai stata d'accordo su nulla, tranne che sulle loro lotte contro la privatizzazione dell'acqua e su questo loro ultimo niet) mi pare che meriti un po' di considerazione. Come dire: se il mio nemico dice che piove e vedo coi miei occhi, minacciosi nuvoloni grigi nel cielo, allora prendo l'ombrello.
Secondo sospettuccio. Le dichiarazioni del sottosegretario americano alla Giustizia Lanny Breuer  (nella foto) venuto qui in Italia durante la commemorazione per la morte di Falcone, sulla legge sulle intercettazioni telefoniche. "Non vorremmo mai che succedesse qualcosa che impedisse ai magistrati italiani di fare l'ottimo lavoro svolto finora. Le intercettazioni sono uno strumento essenziale per le indagini». Un intervento a gamba tesa nella nostra agenda governativa. Che la legge sulle intercettazioni telefoniche debba separare il grano dal loglio (i diritti di privati cittadini a essere protetti dalla gogna mediatica, con il dovere di uno stato di perseguire penalmente mafia, delinquenza, terrorismo e ogni altro genere di misfatto e abuso) è un conto.  Ma non vorrei che i nostri "alleati" si garantissero in eterno il diritto a  usare le spiate del Grande Orecchio Echelon come ai tempi di Tangentopoli: cioè, far cadere le teste dei politici italiani a loro non graditi come birilli del bowling e  organizzare ricambi governativi per gli amici del Giaguaro. Ovvero sempre di quegli stessi speculatori che piazzano le loro corazzate finanziarie per creare dieci, cento e mille Grecie. Tu chiamala, se vuoi, Italian Guillotine e il fatidico 1992, l'anno che per i Marco Travaglio di sinistra e di destra non è mai esistito, non è mai stato così vicino. Tanto per non cambiare, la sinistra plaude a questa ingerenza del sottosegretario americano e il popolo viola era già in piazza a protestare preventivamente.  A volte ritornano...

20 May 2010

Che fine faremo?

Sulla blogosfera leggo numerosi interventi sul perché siamo finiti male. Qualcuno dà lezioncine accelerate di economia: leggetevi Von Hayek, von Mises, Friedman ecc. Palle! Esistano migliaia di pentiti del comunismo, fra qualche decennio ci saranno anche i pentiti del liberismo, si spera. Entrambi, sono due vecchie anticaglie ottocentesche basate su dottrine materialiste. che mettono l'economia al primo posto, dopotutto. Chi  si è illuso che la seconda potesse contrastare la prima è per l'appunto, un illuso. Con la differenza che l'attuale capitalismo, rispetto al protocapitalismo uscito  dalle rivoluzioni industriali inglese è ben più aggressivo e pervasivo in quanto si avvale della tecnica, dell'elettronica, dell'informatizzazione digitale nell'era dei potenti computer più veloci della luce  (30 millesimi al secondo) e dei telefonini per fare in fretta speculazione e flash trading. Turbocapitalismo e tecnofinanza, chiamano questo neoliberismo sempre più dissociato dall'economia reale. Pubblico stralci di articoli di esperti in economia e finanza sulle ultime manovre legate ai retroscena della crisi finanziaria globale e dell'attacco all'Euro (poiché di una guerra di aggressione  finanziaria trattasi) . Entrambi gli interventi parlano chiaro: gli attacchi all''Euro provengono dall'area angloamericana. "Volevano una valanga, la valanga c'è stata. Loro si sono arricchiti, noi subiamo le conseguenze. Lo chiamano libero mercato, ma sa tanto di aggiotaggio" così conclude Marcello Foa nel suo articolo Intrecci di potere /Ecco come è nato il complotto contro l'Euro (il Giornale 17/5).
Chapeau a Marcello Foa che ha svelato i retroscena di questa "guerra" senza il timore di sentirsi dare del "dietrologo" e del "complottista".
Provate a immaginare i gestori di sei degli hedge funds più potenti al mondo riuniti a cena in un bel ristorante di New York. Capita, tra uomini d'affari; ma il loro non è un incontro conviviale. Quei sei uomini decidono di lanciare un attacco speculativo per affossare una moneta straniera. Dopo poche settimane quella moneta crolla.
Una scena da film, suggestiva. Ma improbabile obbietterebbero i puristi del libero mercato, nella presunzione che i mercati abbiano volumi tali da rendere impossibile qualunque forma di manipolazione. Teoricamente hanno ragione, ma la realtà, purtroppo, lascia sospettare il contrario.
Quella cena si è svolta davvero l'8 febbraio 2010, alla presenza dei gestori degli hedge funds più ricchi e potenti: George Soros (nella foto), John Paulson, Steven Cohen. Assieme a loro Donald Morgan, David Einhorn e Andy Monness. Avrebbe dovuta rimanere riservata, ma qualche indiscrezione è trapelata. In Italia, per esempio, ne ha parlato per primo il settimanale Panorama. Nei giorni successivi alla cena è iniziato il travolgente movimento ribassista sull'euro.
Come funziona il meccanismo? C'è un grande fratello? Nossignori, il Grande manipolatore che impartisce ordini a tutti è inverosimile. Il gioco è più sofisticato.
Chi studia la psicologia sa che la natura della maggior parte degli uomini è gregaria. L'investitore crede nella sua razionalità, ma poi cerca di capire dove va il mercato ovvero cosa fa la maggior parte degli operatori e si accoda, amplificando movimenti che altri hanno voluto ovvero chi ha il potere, i mezzi, l'abilità di piazzare e far esplodere le mine in cima alla montagna e far scendere così la valanga che tutto travolge. I sei hedge hanno fatto esplodere la mina iniziale. Dopo quella cena fecero salire vertiginosamente i futures contro l'euro, che a fine febbraio raggiunsero punte, allora record, di 70mila contratti, segnalando al mercato che un movimento importante era in atto. I più lesti si accodarono. Ma la valanga non era abbastanza consistente. Per raggiungere gli obiettivi voluti era necessario far deflagrare altre mine. Quali? Le valutazioni delle agenzie di rating e i contratti Cds.
Delle prime abbiamo già parlato su questo giornale tempo fa e lo stesso Silvio  Berlusconi ne ha denunciato l'affidabilità . Trattasi di tre società private americane, Moddy's, Fitch, Standard & Poor, che operano sotto licenza in regime di oligopolio e che vengono pagate dalle stesse società che poi sono chiamate a giudicare. La loro credibilità è stata scossa da scandali e di sviste. È prossima allo zero, eppure, essendo gli unici giudici del rating, hanno mantenuto un'influenza notevole.
Tra aprile e maggio hanno agito con un tempismo sospetto, adombrando possibili diminuzioni di rating di Spagna e Portogallo, paventando contagi dalla Grecia all'Irlanda, facendo annunci a mercati aperti a pochi minuti dalla fine delle contrattazioni. Sempre al momento giusto. Per chi aveva speculato contro l'euro. Guarda caso. Il terzo anello è rappresentato dai credit default swap (Cds) le polizze contro il rischio di insolvenza che, come ha ricordato Fabio Pavesi sul Sole24Ore, valgono 32mila miliardi di dollari. Ma, ancora una volta, in condizioni anomale. Il 75% dei Cds è mosso da cinque grandi banche di Wall Street: Jp Morgan Chase, Bank of America, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup. Insomma, un altro oligopolio che, come insegnano i manuali di economia, provoca quasi sempre distorsioni di mercato e accordi sotto banco. A dare altre pesantissime mazzate all'euro sono stati nelle ultime settimane proprio i Cds.
Dunque, ricapitoliamo: sei colossi hedge decidono l'operazione, vengono agevolati dalle tre agenzie di rating, coinvolgono le 5 banche che muovono i Cds e i più grandi fondi di investimento. La loro potenza diventa micidiale grazie all'effetto moltiplicatore dei derivati. (continua)

E ancora dal blog Conflitti e strategie: In Europa ai tempi della crisi

Ma più di tutto deve farci riflettere il ruolo giocato da Obama in questa vicenda. Il presidente Usa ha continuamente interferito sulle azioni dell'eurogruppo, come riporta Federico Rampini su Repubblica del 15 maggio. Telefonate alla Merkel, a Zapatero, e poi pressioni sulla Grecia e su altri esecutivi continentali per reclamare piani di austerità che non applica in casa sua. Il risanamento dei conti sta diventando il feticcio che ci costringerà a pagare i guasti e il servilismo dei nostri governanti. Che qualche spesa sia da calmierare non lo mette in dubbio nessuno, tuttavia bisogna avere il coraggio di allargare i cordoni della borsa per stimolare la crescita nei settori di punta e in quelli in grado di aggredire i mercati esteri, dove sono proprio gli americani ad eccellere Qualsiasi piano d'azione in questo senso giustificherà i sacrifici che ci verranno chiesti, altrimenti si tratterà della solita tosatura contro i popoli europei a vantaggio di un ordine internazionale dannoso per i loro interessi e per la loro libertà.

17 May 2010

Lost in London

Ero a Londra proprio nell'ultima settimana della chiusura della campagna elettorale che poi avrebbe portato alla vittoria Cameron. Avevo lasciato simpatici e stravaganti ricordi della Swingin' London quando la visitai per la prima volta, ma l'ho ritrovata trasformata. In peggio, naturalmente. Cominciamo dalle cabine telefoniche, nel migliore dei casi chiuse col lucchetto e pasticciate con le bombole spray. Quei poveri double decker bus, simbolo della Londra allegra e spensierata che fu, arrancano penosamente senza nemmeno una corsia preferenziale in una marmellata di traffico. E allora sbuffano ansimano e si fermano ogni due per tre ad ogni semaforo rosso. E Dio sa se ce ne sono di semafori. Al cambio della guardia, i granatieri di sua Maestà si fanno le linguacce da sotto il colbacco di pelo, e si mettono a sghignazzare tra di loro come fossero dei goliardi alla festa di laurea, segno tangibile dell'insofferenza dei tempi per ogni tradizione. Biblioteche antiquarie, vestiti tradizionali in tweed, tessuti scozzesi Mc Gregor se ne vedono sempre meno nella Regent Street. Sì beh, c'è lo show-room di Burberry e di Aquascutum con il solito altissimo negrone in livrea, addetto alla sicurezza e le  vendeuses giapponesi, un po' come avviene da noi per Gucci. La famosa biblioteca antiquaria del N. 84 Charing Cross Road da cui trassero il film con Anthony Hopkins e Anne Bancroft è chiusa da tempo e sopravvive malapena una libreria con testi fuori catalogo, lì  nei pressi, a pochi abitati dopo. Ma a gestirla, manco a dirlo, è un italiano di nome Gino, persona simpatica e accogliente quando bagnata fradicia per l'immancabile acquazzone, andai a rifugiarmi là dentro a curiosare tra volumi obsoleti. I londinesi invece,  fanno fatica a essere gentili e chiedere loro informazioni sul nome di una via o di una strada significa rassegnarsi a ottenerne un breve segmento. E allora ti tocca fermare almeno un paio di altri passanti per completare il mosaico attraverso altri segmenti di info, e venirne a capo. Eravamo in tre: mia sorella, sua figlia e io e se ci ripenso ce n'erano cose che non quadravano fin dall'inizio. Al Bed & Breakfast sito in St. Pancras ci hanno  subito chiesto, non appena arrivate, il pagamento anticipato del soggiorno settimanale. Pezzenti, pensai tra me, il conto si chiede dopo il servizio. Ma dato che il servizio era piuttosto scadente, questi si sono cautelati subito, intascando. La  porta della nostra stanza si chiude dall'interno con un vecchio pomello di ceramica,  ma non si riapre. Così nella nostra prima mattina di risveglio in Inghilterra, dopo ripetuti goffi tentativi di aprire, siamo rimaste chiuse dentro. Mi affaccio alla ringhiera del balcone per cercare aiuto: inutile, perché gli inglesi tiran dritto senza alzare gli occhi. Chiamo HELP! e mi vengono in mente le parole dei Beatles (I need somebody help...) Finalmente quell'Alì Babà di magrebino inglesizzato che se ne stava flemmatico alla reception,  si affaccia e gli spiego la faccenda dalla finestra. La padrona arriva sul pianerottolo con un passepartout, ci apre e ci spiega che c'è una sicura che scatta automaticamente. Insomma, una serratura che era un vero gioiello della tecnica. Poi c''è la faccenda ben nota del bidet che gli inglesi non adoperano: pessima cosa, ma transeamus.


La metropolitana è fatiscente come un vecchio vespasiano con piastrelle ingiallite in confronto alla quale, quella di Milano è un vero salotto. Tra il mezzo pubblico sulle rotaie e il marciapiede c'è un profondo iato, nel quale se un bambino ci mette per sbaglio un piede, si rovina. Invece di porvi rimedio, c'è una voce robottizzata che ripete compulsivamente: " Mind the gap, mind the gap". E sistematelo questo "gap"!

Il cibo com' è noto fa schifo, perfino il pane di un  sandwich è precongelato e alla sera andavamo a rifocillarci da Casa Mamma, un ristorante italiano sito in St. Pancras dove ti portano l'olio extravergine in tavola e ti grattano il parmigiano col grattugino domestico direttamente sulla pasta cotta al dente: roba da non crederci. Qualcosa di commestibile a fine giornata, è pur sempre confortante.


Sui pullman non ti fanno salire se i posti a sedere sono occupati: motivi di sicurezza, dicono. Una buona cosa, ma poi non si capisce come mai i metrò siano pieni zeppi di gente di ogni colore e razza attaccati a grappolo alle maniglie e non applicano con rigore gli stessi "motivi di sicurezza". Per andare alle toilette delle metropolitane si paga mezza sterlina da mettere in una sbarra che se non l'azioni con la moneta giusta, non si apre. In caso contrario, te la tieni. La pipì voglio dire.

Ci sono bancomat  dappertutto e se ne possono trovare tre o quattro, appiccicati gli uni agli altri. Tutti lì a digitare e a smanettare soldi per la gioia delle loro banche d'affari. In compenso, non si trova un forno né un panificio. Le cattedrali e le chiese da visitare si pagano, of course. Westminster si paga, Canterbury pure, e parecchie sterline. Del resto se lì è stato assassinato St. Thomas Becket, figuriamoci se rinunciano a farne una fonte di lucro. Ci sono in vista i coltellacci appesi alle pareti, simboli del "murder in the Cathedral" ad opera dei soldati di Enrico II il Plantageneto. E' su questo orrendo sacrificio di un arcivescovo poi canonizzato dalla chiesa cattolica, che in fondo nasce la chiesa anglicana.

L'impressione che si riscontra è che come te movi te rapinano per ogni dove. Perciò abbiamo lasciato Londra per rivolgerci al più tranquillo Kent. Andammo a Slapehurst e da lì a Sissinghurst per visitare il famoso White Garden, il giardino monocromatico dove tutte le piante e i fiori sono bianchi, della scrittrice aristocratica Vita Sackville-West, animatrice della stagione di Bloomsbury e amica della Woolf . Ma con mio stupore il decantato pullmino del National Trust alla stazione non si vedeva. Ci accontentiamo del pullman di linea, ma ce n'erano pochi e ci toccò attendere. Una volta scese, non si vedeva lo straccio di un pannello di indicazione. Non ci restò che chiedere a un cottage lì nei pressi e alla notizia che il castello col giardino erano a circa mezz'ora di strada a piedi, ci mettemmo di buona lena in cammino. Il posto era stupendo, ma due arpie falsamente zuccherose del National Trust con mille moine volevano farci iscrivere al loro consorzio. Gli Inglesi sono gentili solo quando ti vogliono spillare quattrini. Resistetti con la scusa che eravamo di passaggio per pochi giorni e ricordando loro che non avevano aggiornato la pagina informativa di Internet. Che provvedessero a mettere il pullmino, o a informare via Internet che era stato soppresso. Il ritorno dal Kent a Londra fu travagliato perchè c'era un vento freddo che ti penetrava nelle ossa. Attendemmo il bus che arrivò in ritardo con una scolaresca di adolescenti  e l'autista si rifiutò di farci il biglietto per "motivi di sicurezza", tentando di farci scendere. Arrabbiata intrattenni un lungo negoziato con lui imputandogli un ritardo di un quarto d'ora nonché la scarsità di mezzi a disposizione per chi, come noi, doveva prendere il treno per Londra alle 17 in punto in stazione. Alla fine cedette e si rassegnò a farci i tre biglietti.

Ma le cattive sorprese non finirono qui, perché durante gli spostamenti per la città sentii una contestazione analoga con una comitiva di spagnoli con l'autista del pullman rosso a due piani. Alla fine il capo-comitiva riuscì a spuntarla sulla sua spossante trattativa ma non risparmiò le sue contumelie contro "los Britanicos todos cavrones! ". Da lì, mi sono resa immediatamente conto che pretendere di omologare un'unica Europa è una stolida chimera. Roba da cavrones, appunto.

Notting Hill è sempre un rione grazioso con case signorili  dalle facciate dipinte in colori pastello, ma se qualcuno crede di trovarci dei tipi alla Hugh Grant, si sbaglia di grosso: in fatto di immigrazione Londra è messa tre volte peggio di noi. Il mercato di Portobello si divide in due: una parte ancora caratteristica della old England (con vecchi orologi, tazze da thé Royal Albert (nella foto) antiche macchine da cucire, vecchie stampe ecc. ) e nella parte più estrema, la solita paccottiglia di cineserie e di etnicismi vari.

Viene finalmente il giorno della partenza. Ma fino all'ultimo respiro non mancarono le sorprese. L'autista del bus-navetta del Victoria Station ci portò con un notevole ritardo all'aeroporto di Stansted. Alla faccia della puntualità inglese! L'impiegata della Ryanair registrò il mio bagaglio e  quello di mia sorella, ma arrivata al turno di mia nipote si rifiutò di registrarlo. Ci guardammo in faccia sgomente. Come? in uno stesso nucleo familiare, due componenti sì, e uno no?! Altre rissa, altra discussione, perché mancavano cinque minuti alla chiusura e c'era ancora lo spazio e il tempo per farlo. Andammo da un impiegato spagnolo che parlava correntemente l'Italiano, oltre l'Inglese il quale ci risolse il problema non prima di aver fatto quattro o cinque telefonate presso i suoi colleghi cavrones. L'ultimo ostacolo fu alla sicurezza. Avevo i pantaloni in tessuto idrorepellente adatto ai piovaschi londinesi, ma una brutta faccia da Margaret Thatcher con l'arco dentale stretto continuava a mettermi il metal detector dappertutto. Io aprivo e chiudevo cerniere per far vedere che erano metalliche: "It's zip, it's zip". Ma questa becerona non mi lasciava passare: "I know, I know", continuava a ripetere; ma non si sbrigava. C'era una musulmana intabarrata in un lungo chador la quale invece la fece franca e non si degnarono minimamente di passarla in ispezione: a questo servono le tanto decantate misure antiterroriste. Intanto annunciano l'ultimo avviso per il nostro volo e ancora una volta ci becchiamo un'ulteriore scarica di adrenalina. Ci ritroviamo per ultime in coda al cancello di imbarco e riusciamo a prendere l'aereo per il rotto della cuffia. Pur di imbarcarmi e ritornare a casa, mi passa perfino la mia conclamata paura del volo. Meglio impastarsi sul suolo italiano che vivere là.


Leggo oggi che la linea Ryanair ha ricevuto una multa da tremila euro dall'ENAC per aver trattato in modo pessimo i passeggeri durante l'emergenza della nube vulcanica a Ciampino: ben le sta, personalmente, la sconsiglio vivamente. Le sue hostess imbranate sembrano uscite da un call center, non sanno una parola di Italiano né di Francese né di altra lingua: just English. Siete sui nostri cieli, Bellezze, e vi beccate tutto il nostro traffico turistico con annessi denari: ergo svegliatevi e imparate qualche lingua! Io a casa vostra me la sono cavata. Reciprocità, o ottusi Albionici, reciprocità.

12 May 2010

Borsa, piogge, nubifragi e nubi vulcaniche

Piove a dirotto da settimane e non puoi manco dire " piove, governo ladro", perchè a sgovernarci sono le banche centrali. Le notizie sugli attacchi speculativi contro l'Euro sono a dir poco scoraggianti. Non che io ami l'Euro, una moneta priva di immagine fatta di ponti, viadotti e carte geografiche. Ma già che ce l'hanno imposto con la forza facendoci pagare sopra la "tassa europea" (I remember Prodi),  già che per farci entrare in Eurolandia ci hanno rapinato  pure il 6 per mille dai conti correnti nell'annus horribilis 1992 (I remember Amato) beh, a questo punto che quest'euro funzioni e che non  faccia brutti scherzi da prete.
Siamo a Maggio, ma invece delle rose, dei mughetti e dei lillà, assistiamo a un inverno prolungato. Una "coda" dicono i metereologi. Sì, ma quanto dura 'sta coda? Così come una "coda" della crisi globale finanziaria è anche questa  che stiamo vivendo, ci dicono.
Prima, nel 2007 c'è stata la crisi dei mutui subprime americani, dove si confezionavano sogni  " a debito" agli immigrati in Usa che non hanno redditività, con il mito della home sweet home. Fortuna ha voluto che questa bolla speculativa non  abbia toccato noi italiani solo perché siamo un popolo di formichine col culto della casetta di proprietà (oltre l'80% è proprietario di una casa).
E allora  da quell'Eldorado di ricchezza chiamata America venne il secondo crack: il fallimento della Lehman Brothers, e di varie compagnie di assicurazioni (AIG, Fanny Mae e Freddie Mac), nel 2008. Avete presente? Venivano giù come quella cartapesta hollywoodiana del filone  cinematografico catastrofista.
Pensavamo di esserne fuori, ma troppo bello per essere vero. E allora ecco che la Grecia è andata quasi in bancarotta. Quasi. Fallirà? non fallirà? Colletta europea generale del fondo monetario europeo. Tutti  a pagare, tranne la solita "perfida Albione" che si dissocia. EuroNo thanks, I''m English e perciò jamais couché avec. La Gran Bretagna non entra nel fondo monetario europeo, che  è una sorta di Croce Rossa per gli stati membri, allo scopo di difendersi dalla speculazione "internazionale". Le colpe della Grecia le conosciamo perché del governo socialista di Papandreu, del suo assistenzialismo, della sua pletora di impiegati e funzionari di stato, ne hanno parlato abbondantemente  tutti i giornali. Quello che i giornali non dicono invece è chi ha lucrato sul debito greco. Goldman Sachs, innanziutto che ha piazzato i suoi titoli tossici (CDS) allo stato ellenico e  ha offerto pure consulenza per truccare i suoi bilanci allo scopo di bypassare i famosi (o famigerati) paramentri di Maastricht. Insomma, dei veri e propri consulenti fraudolenti che non pagano mai il dazio delle loro malefatte. La Grecia paga e pagherà. Tutti noi pagheremo per la Grecia. Et si  omnes ego non - dice invece Goldman che non paga, ma che viene pagata.
La BCE e gli Stati membri (tra i quali anche il nostro) si sono precipitati in realtà, a pagar caro il conto  greco, ossia quello in mano agli speculatori come Goldman Sachs. Infatti sono stati loro a provocare il default ellenico. La verità l'ha detta un operatore americano di Borsa: "Wall Street ha vinto perché possiede i mercati. Vanno giù, vanno su, e si guadagna comunque".
Grande stima per Tremonti e per Berlusconi per come si sono spesi  nella spossante notte dei lunghi coltelli per la difesa della moneta unica europea (non potevano fare diversamente), ma il passo successivo sarà uscire da questa trappola mortale detta Eurolandia.
Intanto la nube del vulcano islandese 2 (la vendetta), dopo le ceneri di Aprile ha ripreso a fumare sull'Europa anche di Maggio. Oggi si vola, domani forse no. Siamo nelle mani del Signore.

08 May 2010

Casa Italia e gli Italiani poveri

Venerdi sera 7 maggio ho assistito alla trasmissione "L'ultima parola" condotta da Gigi Paragone. Erano presenti in studio Feltri e Mentana. Tra i politici spiccava il solito polemico Adolfo Urso finiota doc e il sindaco leghista Tosi di Verona che ha espresso parole e proposte di buon senso, prendendo distanze dalla solita demagogia immigrazionista .
Il problema a cui il governo deve mettere mano quanto prima è la faccenda delle graduatorie per le case, nelle quali hanno la precedenza gli extracomunitari, considerati "più poveri" rispetto perfino agli Italiani autoctoni poveri. Su questo blog l'ho scritto già infinite volte, ma sarà bene ritornarci sopra. Cosa direste di una madre che corre a sfamare i figli degli altri facendo morire di fame i propri? Come minimo la si tratterebbe da pazza fanatica. I discorsi dell'Adolfo, finiano di "Nuova Generazione", rassomigliavano esattamente a queste madre "fanatica" perché intendevano mettere sullo stesso piano gli Italiani "autoctoni" coi "nuovi italiani" praticando un ingiusto e piatto "egualitarismo", che io chiamo l'uguaglianza diseguale. Giustamente Vittorio Feltri ha fatto osservare che gli Italiani che hanno lavorato nelle generazioni precedenti  i flussi migratori della globalizzazione versavano nella loro busta paga una trattenuta "Gescal" per l'edilizia popolare. Chi si è pappato gli accantonamenti di tutta l'edilizia popolare precedente? Chi ha fatto strame dei sacrifici compiuti dagli Italiani dal dopoguerra a oggi? E perchè chi risiede stabilmente nel nostro paese da "sempre" deve essere equiparato in materia di graduatorie e diritti sulla casa, esattamente ai "nuovi arrivati"?  In base a quale criterio di pseudogiustizia? Lo si spieghi, ma soprattutto lo si faccia capire a quell'ala del PdL legata ai finiani che ragiona esattamente da comunista rifondarola.
Nel mondo ci sarà sempre miseria, carestia, diseredati da sfamare e a cui dare un riparo. Ma quale madre corre a sfamare dando la precedenza ai figli degli altri trascurando i propri? sarebbe da esaltati velleitari.
Frattanto in numerose città del Nord Italia molti italiani hanno perduto il lavoro e sono sprofondati nella povertà, ma ovviamente la loro indigenza non "fa testo". Quella che conta è solo quella di chi proviene da altri continenti, della quale si fanno zelanti paladini la sinistra, i sindacati, la Caritas e anche l'ala finiota del PdL (Urso docet).
Il governo metta mano quanto prima a questi soprusi, perché il rischio di guerre intestine tra poveri autoctoni e nuovi poveri allogeni è molto elevato. Una graduatoria basata su criteri di "anzianità" e di precedenza di residenza diviene essenziale, quale primo passo di giustizia ed equità. E piantiamola coi soliti ricatti morali  "preventivi" dell'allarme razzismo. Far morire di fame e di ingiustizia gli autoctoni non sarebbe certamente meno vessatorio e razzistico. A certe panzane ci credono solo gli Urso, i Granata e la "nuova generazione" che avanza.
Postilla: Contro lo ius soli e la cittadinanza breve, leggere questa interessante intervista di Maroni sul Corsera.