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23 April 2007

Pensieri e parole con la museruola

Ci risiamo con le tagliole e le mordacchie. Ne parla Andrea Morigi su Libero nell'articolo "Sarà vietato dire "immigrato"" di sabato 21 aprile. L'idea non è nuova. Con la scusa della buona educazione, del politicamente corretto, della paura di ferire le suscettibilità altrui, l'informazione sarà bonificata, epurata, emendata. Siamo alla purezza che ci epura e che si autocensura. In caso contrario, potrebbero fioccare querele fulminanti e accuse di diffamazione a mezzo stampa. Gli immigrati nelle sedi sindacali vengono già chiamati "migranti" come uccellagione di transito. I terroristi iracheni e afghani, sono dei "miliziani", "insorti" o "insorgenti". I tagliagole talebani, semplici "sequestratori" o "rapitori" quasi come i loro compari dell'Aspromonte e della Barbagia. Dunque ora nasce " La carta di Roma", che francamente sembra piuttosto la marcia su Roma delle parole a svantaggio totale dei giornalisti che devono fare i gargarsmi e sciacquarsi la bocca (pardon, la penna) prima di scrivere. L'Ordine Nazionale dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa hanno deciso divulgarne i contenuti : sei pagine fitte fitte di nominalismi ed eufemismi fatti con lo scopo di imbavagliare il diritto di cronaca. Questa carta "romana" dei doveri, spunta al Convegno sulla Libertà di informazione, organizzata da Stampa Democratica a Palazzo Marino alla presenza del garante della privacy Francesco Pizzetti (sì, quello che in 24 ore ha deliberato il decreto salva-Sircana, il braccio destro di Prodi, per toglierlo dai guai di essere stato sorpreso adescare un travestito).

Andiamo avanti col dizionario delle parole perbene. Si consiglia di sostituire il termine "clandestino", con "immigrato irregolare". E guai a fornire identità, generalità o nazionalità di passeggeri che approdano illegalmente (ma si potrà ancora usare quest'avverbio? o risulterà offensivo?), nelle nostre coste. Attenzione poi a sparare i titoli dei giornali e dei Telegionali in modo da non indispettire alcuni:"potrebbero essere rintracciati da agenti dei regimi da cui sono scappati", si scrive sulla Carta. Ci piacerebbe sapere se anche i trafficanti di Al Qaeda devono subire questo dolce trattamento in guanti di velluto. Pare che sulla stesura di detta carta ci sia lo zampino di Laura Boldrini dell'alto commmissariato dell'ONU.
C'è rimasta male, la signora, quando il tunisino Azouz è stato incriminato ingiustamente per la strage di Erba. E allora avrebbe preso carta e penna per scrivere ai professionisti dell'informazione per impartire lezioncine morali. Ma signora Boldrini, dello sputtanamento a mezzo stampa degli autoctoni nati e cresciuti in Italia, che ne dice? Per accontentare l'ONU, le teste d'uovo dell'informazione hanno così lavorato alla Carta di Roma. Mettendo il bavaglio a se stessi.
Il clima è già quanto mai favorevole alla repressione di pensieri e parole: c'è in corso il ddl Mastella sull'antinegazionismo (si veda qui il mio pezzo del 27 gennaio scorso in archivio) che usa gli ebrei (alcuni dei quali favorevoli al provvedimento, altri contrari) come foglia di fico per tarpare le ali a tutti, e che prevede la reclusione fino a 4 anni per chi parla di superiorità di cultura, civiltà, razza e sesso. C'è pure la proposta di reato di islamofobia da parte di 57 paesi arabi all'ONU con le relative Gestapo islamiste dei singoli paesi che le ospitano (MRAP, IADL ecc.) le quali premono in questa direzione (mio post del 22 febbraio 2006 "Che cosa nasconde la trappola dell'islamofobia"). Il tutto, mentre nei loro paesi si continua bellamente a sgozzare e a decapitare "gli infedeli" senza che i 57 stati arabi muovano un dito.
E ora, eccoci al decalogo del politicamente corretto secondo il buon cronista - decalogo da distribuire a testate e a network televisivi. A proposito, si potrà scrivere EURABIA in futuro? o finiremo nelle grane?
NdR: Ci scrive Andrea Morigi di "Libero":
"D'accordo sui commenti. Tranne che per un equivoco: Stampa Democratica è proprio la componente sindacale contraria alla "Carta di Roma". La denuncia è arrivata al loro convegno, infatti, come un allarme sul restringimento delle libertà di stampa".
Lo ringraziamo per la precisazione e ne prendiamo atto.

20 April 2007

Pezzana a Vanity Fair : "Meglio culattoni che DICO"

"Mi fa meno schifo il leghista Calderoli che ci dà dei "culattoni", perchè è un insulto che infanga chi lo fa e non chi lo riceve, piuttosto che questa melassa ipocrita partorita dai catto-sinistri, i quali credono soddisfatti di aver fatto ciò che potevano, come le dame di carità quando elargivano sussiegose il soldino al povero. Che orrore! Io - noi omosessuali - non chiediamo carità pelosa ma veri diritti, rispetto e non tolleranza. Angelo Pezzana, torinese 66 anni, è la persona, l'omosessuale, il politico (ex radicale) e l'intellettuale-giornalista (scrive per Libero sul Medio Oriente e interviene sul sito http://www.informazionecorretta.com/ ) che se non altro per anzianità avendo fondato il FUORI (Fronte Unito Rivoluzionario Omosessuali Italiani), ha più d'ogni altro i titoli per commentare i Dico (ovvero i diritti e doveri dei conviventi), la versione dei Pacs alla quale il governo ha dato via libera. E del disegno di legge non salva una parola:" Un insieme di regole spaventose che classificano dei cittadini di serie B. A leggere i 14 articoli si scopre che è molto difficile dimostrare la convivenza, e che se non si convive ci sono multe e condanne" (...) No guardi, preferisco un governo come quello passato di centrodestra - che neghi i diritti e ignori il problema (perché tanto l'evoluzione del costume ha la meglio), piuttosto che quest'obbrobrio".
Così parlò Pezzana sul magazine Vanity Fair del 22/2/07 a Isabella Mazzitelli.

E Paolo Poli, noto e geniale artista teatrale omosessuale (il migliore in un teatro italiano che langue sempre più), intervistato da Fabio Fazio a "Che tempo fa?", alla domanda se parteciperà anche lui ai raduni pro-DICO ha risposto celiando sdegnosamente: " Ma per carità! Sono orgoglioso di essere signorino!". E il regista Franco Zeffirelli: "Io sono un omosessuale, e se uno dice sono gay gli sputo in faccia".
Mi piacerebbe sentire a proposito di queste dichiarazioni, i commenti del fasullame del solito sinistrese. Tutti omofobi? anche i gay che non la pensano come loro? e che non si lasciano intruppare in qualche loro Gay Pride o ArciGay?

Perché un fatto è accertato. Se passerà la legge sui DICO avremmo cinque tipi di famiglie: 1) quella naturale prevista dalla Costituzione 2) quella dei conviventi eterosessuali 3) quella dei conviventi omosessuali 4) quella dei conviventi etero che non si registrano ai DICO per non aver problemi 5) quella dei conviventi gay che snobbano i Dico governativi.
Good Morning Babilonia!

16 April 2007

Sindrome Cinese a Milano


La notizia corposa c'è. Stasera alla Lega (dunque ad una forza politica italiana) la Prefettura impedisce di manifestare per i soliti "motivi d'ordine pubblico". E i leghisti sono costretti a rimediare con un meeting gastronomico di specialità lombarde. In compenso, mercoledi 18 Milano potrebbe essere invasa da cinesi proveniente di tutta Europa. La violenza e la facinorosità in questo Paese pagano sempre. Alcuni dicono che arriveranno perfino dalla Cina: si vede che di denari per viaggiare ne hanno. E parecchio. E non è tutto...
.
Hanno permesso che il console cinese venisse a casa nostra a impartirci lezioni di democrazia. Sì, avete capito bene. Un uomo politico proveniente da una delle dittature più feroci rimaste in circolazione viene a casa nostra a darci lezioni di democrazia. Ben ci sta a noi Occidentali del menga! A Milano abbiamo ceduto interi quartieri come la via Paolo Sarpi, la via Bramante e zone limitrofe, a loro. I quali, ovviamente hanno comprato negozi, scantinati e appartamenti a fior di soldi. E ora vengono a comandare a casa nostra credendo di trasferire i loro orari (interminabili) di lavoro, i loro cargo e montacarichi, i loro carica e scarica a tutte le ore sui marciapiedi ormai di loro proprietà, il loro abusivismo a casa nostra. Naturalmente i giornali di sinistra, pur di attaccare la Moratti si sono già messi ad accarezzare la pelle del Dragone Rosso. La loro scellerata stoltezza è subito stata accontentata. Beccatevi le vignette dai giornali cinesi con la polizia governativa (cioè del vostro governo) con la faccia da Mussolini. Mi spiace per i poliziotti, poverini, che non c'entrano nulla e che hanno fatto solo il loro dovere (tra l'altro molti di loro sono stati feriti e hanno avuto le auto fracassate duranti gli scontri in Via Sarpi), ma questa volta al Governo non c'è il Berlusca, c'è Prodi. Paradosso dei Paradossi: un governo postcomunista e cattocomunista attaccato da uno stato comunista che lo accusa d'essere addirittura "fascista". Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da rotolarsi per terra dalle risate. E per quale ragione lo si attacca? Perché reo di interdire a casa nostra quello che loro non permetterebbero mai sul suolo cinese: la violazione delle regole.

Inutile farsi delle illusioni, la manifestazione anche se "pacifica" (si fa per dire) sarà per loro una prova di forza della loro numerosità. Poiché - ficchiamocelo in testa - sono i numeri a fare la differenza. E a Milano ci sono già 3000 cinesi e altri 2000 clandestini. Dunque figurarsi un po' il raduno di mercoledi, quale impatto mediatico avrà. Come minimo sventoleranno bandiere comuniste: mica sono dei dissidenti, questi !?! Ed è inutile far finta di non vedere la verità: la Prefettura ha ricevuto ordini di scuderia da Roma. Cioè dal governo. Hanno paura che saltino i grossi affari economici con la Cina. E allora meglio zittire la Lega, c'est plus facile!
Intanto cediamo sempre più fette di sovranità territoriale del nostro Paese, delle nostre città. Non bastava il pericolo islamico. Ora c'è pure quello cinese. E con una loro economia, un progresso industriale, una competizione selvaggia molto aggressiva. Il tutto, intriso di un nazionalismo comunistoide che mantiene intatto il modello totalitario e dittatoriale, da un lato. Ma che spinge per un'economia di mercato selvaggio e senza regole, senza sindacati, né regolamentazioni dell'orario di lavoro, né rispetto per i minori sfruttati, dall'altro. La rivolta cinese di Via Sarpi è solo l'inizio di un nuovo fronte di lotta.

11 April 2007

Afghanistan, missione disonorevole


La missione afghana più che risultare "impossible" affonda sempre più nel fango del disonore. Al punto tale, che quando sentiamo parlare qualche afghano verace ci sembra avere le idee assai più chiare e distinte dei nostri pavidi politici. E' il caso dell'Ambasciatore dell'Afghanistan comparso di recente a Porta a Porta. Ed è il caso di Amirullah Saleh dei servizi segreti afghani, già "leoncino" al servizio del grande Massud, ucciso in un feroce agguato dai Talebani pochi giorni prima dell'attacco alle Torri gemelle dell'11/9. Gente tosta che sa il fatto suo. E Saleh è pure un tagiko come l'ex leone del Panshir, suo comandante. A chi dobbiamo credere? al duo Prodi & D'Alema o a Saleh nella sua intervista al Corriere di ieri 10 aprile a firma Lorenzo Cremonesi? Personalmente non ho dubbi: credo in chi si è fatto un mazzo grosso tanto, cioè in Saleh. Il quale ha parlato a chiare lettere dell'uomo di Gino Strada, Rahmatullah Hanefi come di un "facilitatore dei talebani".
E a chi dobbiamo prestare orecchio? A Prodi o a Karzai, quando quest'ultimo afferma che riceveva telefonate pressanti e insistenti per il rilascio di Mastrogiacomo, quale che fossero le condizioni dettate dai Talebani perché ci sarebbe stata di mezzo la debolezza della sua coalizione che non avrebbe votato per il rifinanziamento della missione e il governo avrebbe rischiato di cadere?
Credo a Karzai. Che interesse avrebbe a mentire? Oltrettutto le condizioni per il rilascio dell'ostaggio italiano (e cioè i 5 farabutti tagliagole rilasciati) l'hanno messo in cattiva luce col suo popolo. E deve inghiottire l'amaro calice di aver favorito Mastrogiacomo e aver lasciato due dei suoi nelle mani dei Talebani. Chi non si crea nessun problema e tira dritto con la sua consueta sfacciataggine è invece Prodi, il quale aveva mussolinianamente perfino disprezzato il Parlamento e non voleva neppure venire in aula a riferire sui retroscena della vicenda. Ci mancava che Romano dicesse "avrei fatto di quest'aula sorda e grigia, un bivacco di manipoli" eppoi si sentiva per davvero aria di ventennio. Ma il governo alla fine riferirà in aula. Vedremo come...
Questa sera al TG1 è stata oltremodo cinica, beffarda e sibillina l'intervista a D'Alema. Nessuna parola di commiserazione per i due afghani ferocemente sgozzati (l'autista Sayed Agha prima, e l'inteprete di Mastrogiacomo Adjamal Nashkbandi, poi). D'Alema ha insistito pervicacemente sulla teoria che si è dovuto salvare delle vite umane e che il governo ha agito per il meglio.
Quali vite Mister? Giochiamo al gioco dei fustini del Dash? Io vi lascio i due fustini in cambio di uno, cioè Mastrogiacomo? E questa la "nuova umanità" postcomunista? Due afghani morti in cambio di un italiano vivo? Inoltre ha insistito subdolamente sulla "linea di continuità" col governo precedente, circa le trattative e i patti nell'oscurità col nemico. Tipica chiamata di correo a Berlusconi, il quale c'è caduto come un tonno in un barile.
Altro che tirare una ciambella di salvataggio al governo Prodi! Che te ne cale, o Silvio? In un attimo sei riuscito a scontentare la tua base elettorale, e non ti sei garantito la stima solidale del governo, i cui galantuomini tanto gentili e tanto onesti, pensano già di fartela pagare con una bella commissione di inchiesta. Così, muoia Sansone con tutti i filistei. Cioè solo tu. E dato che sappiamo già da che parte tira la Magistratura, non ci vuole molta fantasia nel sapere in anticipo l'epilogo di tutta questa grottesca vicenda, a proposito dell'eliminazione del segreto di Stato.
Per carità di Patria! Non togliamoci anche quello, altrimenti dalla vergogna sprofondiamo nel ridicolo. Così in un attimo, siamo senza Patria, senza Stato, senza Servizi Segreti (Pollari del Sismi è già sotto processo) e con un Gino Strada for President. L'unico con potere assoluto di ricatto e di sputtanamento contro tutto e contro tutti. Ed è proprio grazie a questa stolida confusione se la trattativa ha avuto il tragico epilogo che sappiamo.

03 April 2007

Pasqua di Resurrezione

Ci fu un tempo che oggi mi appare remoto dove la mia vita subiva la scansione del calendario gregoriano. Si onoravano tutte le festività: i santi, i beati, i patroni del villaggio e di quelli adiacenti con le relative processioni e le fiere. E di tutte le festività, la mia preferita era la Pasqua, ancor più del Natale. Allora c'erano dei perchè non dissimili da quelli d'oggi: i giorni che si allungano fino a tarda ora, il risveglio di una natura festante, il tripudio di fiori... E le galline di mia nonna che facevano i pulcini e le uova. Mia zia mi portava dalla sua sarta perché mi confezionasse un nuovo elegante vestitino primaverile. Mia madre mi comprava le scarpe bianche un po' decolleté da bambola (col cinghino alla caviglia allacciato da un bottoncino) e dovevo preservarle immacolate per la giornata pasquale. Eppoi c'era l'uovo di Paqua di cioccolato fondente (il mio preferito) con le incrostazioni in zucchero . Oggi amo la Pasqua perché non si è costretti a passarla tra parenti come il Natale. Non ci sono fatui regali da fare e da ricevere né corse ai negozi affollati. I pranzi sono leggeri e a base di verdure primaverili. Gli alberi gemmano e fioriscono in veli rosa e bianchi, e il tintinnio giubilante delle campane mi infonde allegria.
Pesach, passaggio. Festa ebraico-cristiana. Per gli Ebrei rappresenta la liberazione dalla schiavitù degli Egizi; per i Cristiani la Resurrezione dopo la morte. Il trionfo dello spirito sulla caducità della materia. E la croce che è sofferenza ma anche salvezza eterna.


La domenica delle Palme si andava al mattino presto dal fiorista a comprare le palme dalle lunghe foglie lanceolate nuove di un bel gialletto tenero, intrecciate manualmente fino a farne delle piccole sculture vegetali. A Sanremo li chiamano parmureli e sono diffusi per tutta la Riviera ligure. Costavano care e mia madre me ne comprava una non molto grande. Mentre io l'avrei voluto gigantesca come quella che portava il parroco quando officiava la Messa. Poi c'era il momento solenne della benedizione nel quale alzavo la mia palmetta circondata da una "asparagina" (così la chiamavo) di rametti d'ulivo verde-argenteo più scuro e aspettavo che un po' di quell''incenso profumato si aspergesse su di me e sulla palma che riportavo a casa come se dovesse propiziare chissà quali benefici sulla mia vita. Quindi mia madre e mia zia, durante la settimana di Passione mi mandavano in chiesa per la Via Cruicis. Dove le donne invocavano delle iterazioni ossessive sulle piaghe del Signore ("siano impresse nel mio cuore" - questa era la rima che rammento vagamente). Queste donne coi loro cantici monotoni mi impressionavano un po'. Nel mentre, il sacerdote con i chierici percorrevano le stazioni del Gòlgota di un Cristo sofferente. Era un' età dove si aderisce ai riti e alle cerimonie senza spiegarseli. Lo si fa con la curiosità e l'entusiasmo dei bambini. Perfino il sepolcro mi pareva una festa di luci, di profumi di ceri accesi, di azalee e tuberose, e non qualcosa di mesto. Una strana pianta dai pallidi e lunghi germogli era lì in bella vista su una ciotola di rame brunito accanto all'urna del Signore.


Erano i lupini. Ovvero i germogli di luppolo. Mia madre mi aveva raccontato la sua leggenda. Quando il Signore venne braccato dai soldati lui si nascose in mezzo a un campo di lupini , ma questi si misero a fremere e a sibilare palesando la sua presenza. I soldati lo videro e lo catturarono. Non so quanto ci sia di vero in questa leggenda agiografica tramandata per via orale e che non ho mai visto riscritta. So che nell'Italia del sud mettono nei sepolcri germogli di fagioli, di ceci, lenticchie e anche di lupini quasi a indicare che pur nella morte, la vita germoglia, segue il suo corso, continua. E per propiziare questa continuità.

In Chiesa si doveva vestire con correttezza ed erano vietati i pantaloni alle donne. Il perché non l'ho mai capito, visto che una donna in pantaloni era più coperta che con le gonne. Ma si ubbidiva diligentemente alla regola. All'uscita della Messa pasquale, col mio bell'abitino nuovo plissettato e le scarpe candide scendevo sul lungomare con le mie amiche in uno scampanio festante e argentino che si propagava per il paese. Le giornate di Pasqua le ricordo gaie e solatie. A quel punto della mattinata, le donne più anziane del villaggio ci ordinavano di correre alla fontana a lavarci il viso per purificarci perchè Gesù Cristo era risorto. Noi si eseguiva di buon grado il semplice rito.

La vita scorre ora su altri binari. Sappiamo che oggi Pasqua sono i viaggi organizzati secondo gli itinerari turistici sui dépliants. Sono i turisti che si accalcano agli aeroporti all'inseguimento di mète tropicali. Ma io conserverò sempre nel cuore la gioia semplice di quell'inspiegabile splendore che mi sovrastava. Buona Pasqua!