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03 May 2006

Revel, la Francia non piange, ma lo rimpiangerà

E' morto in questi giorni all'età di 87 anni Jean-François Revel, filosofo, giornalista e direttore dell'Express. Fu  amico personale  del nostro Indro Montanelli che lo fece conoscere al pubblico italiano attraverso Il Giornale, ai tempi in cui ne fu il direttore, grazie ad una serie di articoli da lui pubblicati. Revel nacque a Marsiglia nel 1924 e rimase un sanguigno marsigliese curioso d'ogni cosa. Ha fatto la sua ultima apparizione da Ferrara durante la trasmissione "Otto e mezzo" dove in studio c'era un gran freddo e lui non faceva che starnutire interrompendo di continuo il suo eloquio e suscitando l'ilarità  un po' imbarazzata di Giulianone e di Ritanna Armeni. Nel corso di detta trasmissione dove presentò il suo libro "L'ossessione antiamericana" (Lindau editore), ebbe a dire che ultimamente in Francia si sentiva meno solo grazie a intellettuali come Finkielkraut e Glucksmann che avevano come lui, rotto la pesante cortina ossequiosa della political correctness francese tanto di destra, quanto di sinistra. Per un certo periodo (negli anni '60)  Revel fu sedotto dalla personalità audace di Mitterand, ma lo lasciò senza rimpianti quand'egli svoltò a sinistra e fece un programma comune col Partito comunista, mossa che un liberal-conservatore come lui, non poté mai perdonargli.
 
Di grande interesse, le sue analisi sull'antiamericanismo francese, tipico sia della droite (gollista prima e chiracchiana poi) che della gauche. La Francia è stata una nazione forte quando gli Usa erano deboli, ed ha iniziato ad indebolirsi quando gli States hanno iniziato a rafforzarsi. In tale prospettiva - secondo Revel - ciò rende comprensibile, se non giustificabile, un certo risentimento francese nei confronti dell'America come superpotenza dal primato geopolitico, tecnologico,  militare  e perfino culturale, ricordando alla Francia i suoi antichi splendori perduti.  America "società-laboratorio", secondo Revel, nel cui tessuto si sviluppa il presente e il futuro del mondo, e della "rivoluzione americana" (di cui pochi ricordano che precedette di qualche anno quella francese) come una dinamica di trasformazione profonda della società civile, il cui variabile e vitale dinamismo, è indipendente dalla collocazione "repubblicana" o "democratica" delle Amministrazioni di turno.
 
L'Ossessione antiamericana è per Revel più viva che mai, anche dopo l'11 settembre (data in cui eravamo "tutti americani") soprattutto nella sua Francia, dove trova consensi sia a destra (la caduta della grandeur) che a sinistra (l'America identificata come la società capitalista del Male).
Il mistero dell'antiamericanismo non è la disinformazione, ma la sua volontà di essere disinformati - scrive. Disinformazione che Revel assume come tattica politica riducendola a pratica propagandistica e che ascrive come attitudine mentale a quel pensiero debole di chi,  non volendo fare i conti con i fallimenti del passato, è condannato a riproporli nel presente, attraverso pensieri ed azioni contrari ad ogni principio di realtà. "L'iperpotenza americana non nasce da una volontà di dominio del mondo, bensì dall'impotenza degli altri, di noi europei in primo luogo". Chissà se lo capirà il nostro Toni Negri con quel  "Impero", divenuta la bibbia dei no global!Un liberale né à droite  à gauche come Revel, non poteva che essere bersaglio di entrambi. La gauche  ancora in bilico tra massimalismo e riformismo, la political correctness, quella che Revel ha ricordato come la causa di non pochi fallimenti politici ideali e morali della Francia. Fino all' "umiliante" successo di un certo Jean-Marie Le Pen. La droite, bersaglio preferito delle sue critiche per il suo statalismo, il suo patriottismo retorico e antieuropea (sì, di quell'Ue di cui pure aspira ad esserne a capo e per i propri comodi), la tentazione anticapitalista e antiamericana, la "monarchia" di fatto di Jacques Chirac.
 
La Francia, scrive Massimo Nava sul Corriere di lunedi 1 maggio, non lo piange  ma, essendo un Paese in profonda crisi identitaria e nel contempo ansiosa di cambiamenti, c' è da giurare che finirà per rimpiangerlo, rispecchiandosi prima o poi nelle sue coraggiose diagnosi. Come già accadde a Raymond Aron, il fustigatore liberale di non pochi luoghi comuni egualitari, progressisti e antiamericani, diventati , grazie al "sartrismo",  l'ortodossia della società francese dopo il fatidico maggio 1968.
 
"Ciò che si chiama sinistra è oggi soltanto una specie di tribù, un insieme di specialisti in frode delle relazioni pubbliche, di abili manipolatori che possiedono l'arte di presentare come progressiste, idee e teorie che hanno provocato le più grandi catastrofi della storia dell'umanità". Molti per queste affermazioni, non lo amavano. Noi, invece, siamo tra quelli che lo amano e che lo rimpiangeranno.

17 comments:

Nessie said...

Altri suoi libri.
Né Cristo né Marx (1971)
La tentazione totalitaria (1976)
La conoscenza inutile
Il monaco e il filosofo (1997)

Anonymous said...

Molto interessante questo post, Nessie.
Ho avuto modo in passato di leggere qualche articolo di Revel e di vederlo in televisione, ma di lui sapevo molto poco. Le sue teorie sulla disinformazione legata all'antiamericanismo meritano di essere approfondite. Credo comunque che alla base dei sentimenti anti-Usa di gran parte dei sinistri vi siano anche patologie psicologiche, come l'incapacità di riconoscere il giusto status ai propri benefattori. Ho l'impressione che, quand'anche fossero ben informati, i compagnucci non sarebbero in grado di trattare l'America come merita.

Nessie said...

Beh è chiaro che per i compagnucci nostrani il fenomeno non è solo quello della "rimozione" della gratitudine, ma anche quello della "scuola-quadri" di Partito. Ma l'analisi di Revel è soprattutto legata agli intellettuali francesi. E qui, la Francia, da una parte presenta legami ideologici che certi ambienti "gauchistes" intrattengono ancora con la cultura marxista. Dall'altra (e cioè nella destra)c'è un'idea della Francia come coscienza etica della civiltà - nazione ad un tempo cosmopolita e neutralista, dotata di un'intrinseca vocazione alla grandeur la cui luce comincia ad affievolirsi già con la II guerra mondiale, proseguendo al ribasso con il crollo del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda. Insomma nell'"ossessione antiamericana" francese, è chiaro che l'invidia di ciò che non ha più, la faccia da padrona. Ciao!

Lo PseudoSauro said...

Si comincia a scoprire il pentolone e saltano fuori i dissidenti europei. La "volonta' di essere disinformati" e' obbedienza ideologica; la prevalenza dell'auctoritas sul metodo cartesiano. In queste cose i francesi sono sempre un po' ridondanti, anche se nel caso in oggetto si tratta di un intellettuale piu' unico che raro.

Anonymous said...

Mamma mia Nessie, ne sai una più del diavolo...
Cosa fai nella vita? La studiosa di Revel? :-)

Nessie said...

Ma no, Siro!:-) E' che io e il Sauro siamo sempre un po' alla ricerca di quelli a cui in Ue hanno reso la vita difficile. Se è per questo apprezzo anche Glucksmann e Finkielkraut. Purtroppo la Francia è la capostipite dell'antiamericanismo europeo e in quanto tale va fermata. Un saluto a voi tutti. Ciao "liberale x israele". :-)

Nessie said...

Arm, lasciamoli perdere i Radicali va'! Mio Dio come sono caduti in basso a elemosinare qualche scranno da Prodi, che non li accontenterà. Per dovere di informazione, Tocqueville ha dedicato tutta una sezione (l'ultima in basso) a Revel. Last, but not least :-)

Lo PseudoSauro said...

Arm ha perfettamente ragione. La sciura Plesio ne sa una piu' del brontosauro. Quella della Bonino alla Difesa non la commento nemmeno se no la prostata non la tengo piu'...

Anonymous said...

Ciao Nessie, avevo letto qualche articolo di Revel, ma lo conoscevo poco, grazie al tuo bel post ho colmato una mia lacuna.
Leggendo quel che hai scritto ne viene fuori il ritratto di un vero liberale, che pensa in proprio senza condizionamenti esterni.
Molto azzeccata la sua analisi sulla sinistra. "Ciò che si chiama sinistra è oggi soltanto una specie di tribù, un insieme di specialisti in frode delle relazioni pubbliche, di abili manipolatori che possiedono l'arte di presentare come progressiste, idee e teorie che hanno provocato le più grandi catastrofi della storia dell'umanità".
Chapeau! L'ha "inchiodata" con grande lucidità.
Non lo conosco bene, ma così a pelle, da quello che hai scritto mi ricorda un po' Oriana Fallaci.
ciao Mary

Anonymous said...

Grazie Nessie per averlo ricordato. Io avevo letto tanti anni fa "La tentazione totalitaria". Mi era apparso come uno sprazzo di luce in quel periodo buio che va fino agli anno ottanta e passa.Oggi ricordo poco, ma mi sembra che illustrasse bene la "tecnica del salame" che i comunisti avevano utilizzato in Polonia o Cecoslovacchia, che consisteva ad assorbire gradualmente il partito socialista fino a papparselo tutto, fetta dopo fetta.

Ieri ho anche sentito alla radio la presentazione dell'ultimo libro di Bernard Henry Levy che parla dell'America sulle tracce di Tocqueville.Anche lui, fortunatamente, girando in macchina gli States ( con l'autista perché non giuda) ha raccontato l'America senza l'antiamericanismo.

Come Revel.

Nessie said...

Ragazze, ogni tanto metto dei post a carattere culturale informativo (pur sapendo che non sarò visitata come con quelli politici) per uscire dal solito pollaio e dagli squallidi teatrini nostrani. Diciamo che è una mia scelta "editoriale".C'è un'altra sua "provocazione" intelligente da sottolineare. Il suo studio attento di Marx ed Engels ci mostra che il genocidio "razziale" o di classe, è una teoria propria del socialismo di cui poi anche Hitler si impossessò. Ecco allora che crolla la fandonia Nazismo = male assoluto in quanto praticatore di sterminio; Comunismo= male necessario poichè utopia che vuole il bene della classe operaia. Col cavolo!!! (continua)

Nessie said...

Così Revel argomenta: "E' nelle origini più autentiche del pensiero socialista, nei suoi più antichi dottrinari, che si trovano le giustificazioni del genocidio, della purificazione etnica e dello Stato totalitario, impugnate come delle armi legittime, indispensabili al successo della rivoluzione e alla preservazione dei suoi risultati".
Engels nel 1849 chiedeva lo sterminio degli ungheresi ribellatisi contro l'Austria e successivamente consigliò di far scomparire i serbi, e altri popoli slavi. Stalin fece così suoi questi consigli che sterminò un bel po' di kulaki (i contadini russi). Be', mediatiamoci un po' su...

Anonymous said...

Già quella del comunismo "come male necessario in quanto utopia che vuole il bene della classe operaia" è la più grande mistificazione storica della realtà che è stata perpetrata a uso e consumo delle masse.
Ai comunisti interessa il potere fine a se stesso, nè più, nè meno come in qualsiasi altra dittatura.
Sono stati così furbi da spacciarla come una espressione del proletariato e purtroppo c'è ancora chi crede in questa balla mostruosa....
Mary

Nessie said...

Mary, però c'è chi se le beve ancora di brutto 'ste fandonie. Bertinotti è stato accolto come un trionfatore a Torino. Mentre invece per tutti gli altri politici fischi e malegrazie!

Lo PseudoSauro said...
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Lo PseudoSauro said...

Siccome sono sempre stato dell'idea che il baco fosse il socialismo senza aver letto grandi firme come quella in oggetto, mi sento un po' meno matto del solito. Pero' sugli attuali dirigenti socialcomunisti ho un'altra opinione. Essi hanno assunto la dottrina come un cattolico faceva con la religione tempo addietro. Non credo ne abbiano piena consapevolezza. Invece i grandi ideologi cercavano con i mezzi del loro tempo di risolvere gli annosi e nuovi problemi dell'uomo. Salverei i secondi senza alcuna eccezione, anche se preferirei collocarli in un limbo storico dal quale non potessero uscire. Quanto ai primi, se tutto il novecento non e' bastato a convincerli dubito che ci riuscira' un libro. :-) Se la dittatura e' gia' di per se un peso, quella basata sull'ideologia e' un autentico inferno. Se proprio non saremo capaci di conservare la democrazia, speriamo che l'alternativa sia del primo tipo.

Nessie said...

Sauro, l'ho detto mille volte e lo ripeto: io sono per il meno imperfetto tra tutti i regimi imperfetti, e cioè per la democrazia (Churchill). Ma non ovviamente, una democrazia permissiva e svaccata come quella che stiamo vivendo. E nemmeno sono una giuliva ottimista democratica. Ovviamente la "sfida democratica" odierna è assai più complessa e implica la revisione critica di tutte le dittature ideologiche, in particolare di quella più lunga e annosa: il social-comunismo. Mi fa piacere che ora tu ti senta "meno matto" :-). Il libro di cui ho parlato è già stato dal suo intelligente autore, preventivamente "consacrato alla disinformazione". E dunque all'oblio. Ma a noi le missioni impossibili piacciono molto. Ciao!