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28 November 2005

Il bersagliere Capezzone e la nuova breccia di Porta Pia

Caduto nella nassa di Nessie: Capezzùn
 
Daniele Capezzone non lo sa, ma ha proprio l'aria di un chierichietto che deve prendere la Cresima e che pertanto  si reca ogni giorno al Catechismo. Da chi? Ma dal cardinale Pannella, naturalmente. A prendere lezione di laicismo dottrinario, la nuova religione di Stato. Il Danielino è un bravo ragazzo e veste sempre con certe giacchette da cresimando - di quelle con il fazzoletto profumato di bucato che gli esce dal taschino. Scrive bene anche. Di tanto in tanto lo ospita pure Libero dove ha un rubrica di piacevole lettura: cronache di Bisanzio. Peccato però che quando parla lo faccia in pannellese. Pensieri e parole sono infatti copyright Giacinto detto Marco. Perfino il tono della voce è clonato su quello di Pannella. BE YOURSELF CAPEZZONE!
Ma procediamo con ordine. Dapprima c'è stato il Referendum sulla fecondazione assistita. Il bersagliere Capezzone e la sue milizie avevano un'ambizione: una nuova breccia di Porta Pia contro lo Stato Pontificio. Bersaglio preferito: Il Papa, la Chiesa e i suoi cardinali. In particolare Camillo Ruini, che le petit monde di Le Monde (inteso come quotidiano francese) ha già battezzato Don Camillo, vero nuovo politico italianoForse le Monde pensava al cardinale Richelieu (il loro), ai Tre Moschettieri (i loro) ma non lo sapeva. 
Ovvio invece che chi oggi aspiri ad essere il baffuto on. Peppone non è il solito compagno comunista (che nel frattempo si è fatto furbo) , ma lui, il prode Capezzone. O meglio Capezzùn, ragazzo tutto d'un pezzo. Nonostante le fanfare, le trombe e altri ottoni a tutto fiato, le affannose corse dei bersaglieri con i loro cappelli dalle piume  nere del gallo cedrone che si agitavano rilucenti al sole, il  nuovo XX Settembre non ci fu. Esiste ancora,il XX Settembre, ma nelle targhe di qualche strada di città.
Il 13 giugno del 2005 (data storica) i bersaglieri radicali capitanati da Capezzone fecero un bel buco sì, ma nell'acqua. E gli Italiani bocciarono senza pietà e misericordia il Referendum sulla Fecondazione assistita con la legge 40 che rimase tale e quale.Ora il Radicale Libero (ma Junior) ci riprova col Concordato. Ritocchiamolo va' che è meglio. Silenzio di tomba, invece, sugli stupri che imperversano quasi ogni giorno per le nostre città a causa di una migrazione selvaggia e incontrollata (Ah Capezzò, ma non eravate per i diritti delle donne?). Non una parola sui tagliagole, i terroristi e i fondamentalisti islamici che premono alle nostre porte e che minacciano di far saltar per aria er Cupolone e, con esso, qualche millennio di vera civiltà e cultura. L'unica cosa che turba i sogni dell'on. Peppone-Capezzone è quell' 8 per mille riscosso da Don Camillo direttamente dalle Banche del Laterano. Roba da  mandare in bestia il nostro povero bersagliere! Io gli darei un consiglio: promuovere una bella raccolta di firme per l'abrogazione del Concordato. Chissà che anche stavolta il suo XX Settembre non diventi un XIII Giugno! Crapùn di un Capezzùn, come sei fuori dalla Storia e come non sai coglierne le vere contraddizioni! Evvai con le fanfare!

22 November 2005

Poligamia islamica nella Francia cristiana

Francia cristiana che però non sa di esserlo. O forse si rifiuta di esserlo. E' questo il punto cruciale quando ci ostiniamo a parlare di integrazione in Ue. Che sia governata dalla destra o che lo sia dalla sinistra, la Francia ha sempre praticato uno strano laicismo da ghigliottina (laicisme de combat). E allora ecco poi saltar fuori contraddizioni esasperate come quelle cui abbiamo assisitito in questi giorni di fuoco. Per l'Islam, sia la laicità che il laicismo - termine, quest'ultimo, che sta a significare la messa al bando in modo drastico dell'elemento religioso dalla vita pubblica (mentre nel primo caso significa includerlo), sono entrambi sinonimi di paganesimo e di miscredenza. Non facciamoci illusioni: è considerato parimenti infedele sia un cristiano osservante che un laico non praticante, che un ateo. E allora come si può pensare di trasformare i musulmani in ciò che per loro significa essere infedeli? In particolare, come si può essere tanto naif da credere che accettino la secolarità europea come un valore? Se ci definiscono comunque dei kuffar tanto vale tenerci la nostra religione e farcene scudo e vanto. Tenerci le nostre campane e suonarle in libertà. Tenerci le nostre chiese e cercare di non trasformarle in cattedrali nel deserto. Penso alle cattedrali gotiche di Chartres, di Rouen, di Reims, di Notre Dame e a come sono belle con queste guglie e pinnacoli che svettano verso il cielo in un verticalismo trascendente. Ma ripenso anche a quanto sarcasmo, boria e presunzione la Francia di Quai d'Orsay abbia mostrato facendosi paladina del laicisme de combat. Giscard d'Estaing è stato tra gli strenui oppositori dell'inserimento delle radici cristiane nella Costituzione europea. E il sussiegoso Chirac si è fatto beffe di Berlusconi chiamandolo "monsieur le pretre" a Pratica di Mare, quando lui glielo ha ricordato. La Francia di Bernard de Clairvaux, di Montaigne, di Descartes e di Pascal. La Francia dei Giansenisti di Port Royal, di Jacques Maritain e di molti altri pensatori cristiani ha creduto ciecamente nella scorciatoia della tabula rasa. Niente cenni religiosi, né preamboli nella Costituzione Ue, così sarà più facile integrare gli islamici. Piazza pulita dei simboli cristiani anche nelle scuole e tra gli studenti (niente croci). Così sarà più facile togliere anche il velo islamico alle studentesse. E chi l'ha detto? Non si può integrare chi non ama la Francia nella Francia che professa di non amarsi - sostiene Alain Finkielkraut. E più che non amarsi, forse, nella Francia sans mémoires et sans racines che non ricorda più nulla della sua cultura se non il giacobinismo sanguinario di quel 14 luglio della presa della Bastiglia che si festeggia ogni anno. Ma quello farebbero forse meglio a dimenticarlo. La Francia che si strappa i capelli per essere stata un tempo, potenza coloniale, e che elargisce generosi sussidi ai suoi creoli e meticci del Territori d'Oltremare nel tentativo di farsi perdonare. "J'ai quelques choses à toucher" (ho qualcosa da tastare, cioè soldi in arrivo) è uno delle espressioni gergali più comuni ripetute da nativi sorridenti e ammiccanti giù alla Martinica a proposito di assegni vitalizi da riscuotere.Come figli viziati e irresponsabili cui tutto è dovuto senza meriti.
La Francia che, contrariamente al generoso La Fayette, ha lasciato l'America tricolore in bianco, rosso e blu come lei (sebbene a stelle e strisce) da sola in trincea a gestire il problema della guerra irachena e del terrorismo internazionale di matrice islamica. Nell'illusione che quest'ultimo non la riguardi. La Francia sans frontières che rifiuta le quote di immigrazione e che ha deciso di farsi perdonare la sua guerra d'Algeria. Come? Attirandosi un'Algeria incandescente a casa propria. La Francia che si picca di dare lezioni di alta politica internazionale dicendo che è impossibile "esportare la democrazia", ma poi pratica l'importazione della poligamia islamica a casa propria facendo finta di nulla. Legalizzandola di fatto, attraverso i sussidi elargiti ai suoi imam poligami, al loro stuolo di mogli e alla loro numerosa prole - imam che non riesce più ad espellere. Perchè? Perché già diventati immeritatamente citoyens de France.Ma nazionalità e cittadinanza bisogna meritarsele, non sono dei diritti naturali!
Infine la Francia che emanò nel '93 una legge che vietava l'ingresso ai poligami e autorizzava l'espulsione di quelli che erano già entrati e che convivevano con più mogli, ma che poi cancellò tale norma per soddisfare i terzomondisti di sinistra e tutti i farisei della French political correctness, sicché oggi quei figli di nessuno degli immigrati poligami te li ritrovi in giro per le banlieues a dare fuoco alle auto, a lanciare bottiglie incendiarie contro i poliziotti, a mandare al rogo le scuole. E Chirac a fare appello al senso di responsabilità educativa delle famiglie musulmane. Ma quale famiglia se si è deciso di immettere nel tessuto sociale francese dei clan tribali in sfregio alla famiglia monogamica di tradizione cristiana? E come vogliamo chiamarlo tutto questo? Assimilazionismo alla République? Io lo chiamerei semplicemente idiozia. O se preferite un termine francese un po' più forte, connerie.

17 November 2005

Re: Coca-Cola al bando e antiamericanismo d'assalto

Chi la beve muoreDopo Roma scende in campo Torino, città che ospiterà i Giochi invernali 2006. Sotto accusa la solita Coca-Cola accusata di essere mandante di politiche repressive nei confronti dei lavoratori e sindacati della Colombia e di altri Paesi. Dodici consiglieri comunali sono riusciti a fare approvare l'Ordine del giorno che "auspica l'eclusione delle bevande prodotte dalla multinazionale Coca-Cola nei distributori degli uffici e dei locali dell'amministrazione comunale torinese". Il sindaco Chiamparino (DS) mostra una certa preoccupazione circa l'iniziativa e afferma di voler interpellare la Coca-Cola Italia per spiegare che l'Odg non rispecchia la posizione totale dell'amministrazione ma di una minoranza: quella dei 12 consiglieri su 51.
Ma chi sono i 12 apostoli del boicottaggio? Esponenti del PdCi (cioè il partito di Diliberto e Cossutta) di Prc, qualche Ds delle fronda. Il capogruppo diessino si astiene. Le motivazioni del boicottaggio ricordano che negli Usa la Coca-Cola è stata citata in giudizio, per violazione dei diritti umani, dai sindacati di alcune imprese colombiane. Inoltre è accusata di essere mandante di politiche repressive contro lavoratori e sindacati anche in Guatemala, Filippine, Pakistan, India, Israele e Venezuela. Il sindaco Chiamparino e la Presidente diessina della Regione Piemonte Mercedes Bresso minimizzano cercando di spegnere le polemiche: "Bere una Coca rientra nei "diritti banali" che credo vadano riconosciuti ai dipendenti comunali.(...) Spero prevalga il buon senso".
Ma qui come al solito di buon senso ce n'è poco. I soliti portavoce in giacca e cravatta dei no global di Porto Alegre, (cioè rifondaroli, verdi e pidiccini) parlano addirittura di voler promuovere sponsor etici ed equo commercio solidale. Ormai la piazza "rossa" da loro sobillata (o quanto meno giustificata) ci ha abituato ai soliti riti di bandiere a stelle e strisce date alle fiamme, di distributori di Coca-Cola presi a sprangate, di negozi Blockbuster e locali McDonald quali bersagli fissi di lancio di bottiglie molotov. Poi in Parlamento, nei consigli comunali e nelle sedi istituzionali, i compagnucci radical chic si dissociano. Siamo insomma alle tragicomiche del "qui lo dico e qui lo nego" - uno degli sport (invernali e non) preferiti del sinistrese italiota e della sua variegata galassia. Della serie, siamo contrari a ogni atto di violenza e di teppismo, MA ... Come si vede, c'è sempre un SE e sempre un MA. Qui Torino a voi Roma.

12 November 2005

Biffi il cardinale veggente e l'integrazione religiosa

Diamo a Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio, a cardinale ciò che è di cardinale. Prima dell'11 settembre, prima ancora della stessa Oriana Fallaci fu proprio lui, Giacomo Biffi, allora Arcivescovo di Bologna a vederci chiaro nell'oscurità di quel fatidico mese di settembre 2000. Cioè un anno prima dell'Apocalisse di Mannhattan, con le due Torri ancora in piedi. Renato Farina su Libero di giovedi 10 novembre ha stampato a chiare lettere le sue note pastorali, per sdoganarle dall'oblio, alla luce di quanto sta accadendo nelle periferie parigine e francesi. E nel timore di quanto possa accadere anche qui da noi  in Italia. Ecco dunque cosa chiedeva il cardinale assai "laicamente" ai politici di buona volontà in "La città di S.Petronio nel terzo millennio".
"I criteri per ammettere gli immigrati non possono essere solamente economici e previdenziali. Occorre che ci si preoccupi seriamente di salvare l'identità propria della nazione. L'Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza un'inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indisciminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di Umanesimo e di civiltà che non debba andare perduto".
E ovviamente sottolinea come  in vista di una fruttuosa convivenza nonché auspicabile integrazione, le autorità civili e politiche non dovrebbero trascurare di analizzare le diverse "condizioni di partenza dei nuovi arrivati".
"Sotto questo profilo, il caso dei musulmani va trattato con una particolare attenzione. Essi hanno una forma di alimentazione diversa dalla nostra, un diverso giorno festivo, un diritto di famiglia incompatibile col nostro, una concezione della donna lontanissima dalla nostra (fino ad ammettere la poligamia). Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, sicché la perfetta immedesimazione tra la fede e la politica fa parte della loro confessione indubitabile  e irrinunciabile, anche se a proclamarla e a farla vedere aspettano prudentemente di essere  diventati  preponderanti (ndr: allusione alla pratica della taqiya, la dissimulazione).
Alla domanda se l'Europa sarà cristiana o non sarà, Biffi risponde con estrema lucidità.
"Io penso che l'Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è "la cultura del niente" della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale che sembra essere l'atteggiamento dominante nei popoli europei, tutti più o meno ricchi di mezzi ma poveri di verità. Questa cultura del niente (sorretta dall'edonismo e dall'insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'Islam che non mancherà: solo la riscoperta dell'avvenimento cristiano come unica salvezza per l'uomo - e quindi solo una decisa resurrezione dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso".
Pochi giorni dopo, il 30 settembre 2000, Biffi stilò un elenco delle nazionalità da favorire: latino-americani, filippini, eritrei, europei dell'Est. Poi via via gli asiatici induisti, buddisti ecc. Il criterio è laico e non razziale, quello dell'inserimento più agevole e meno dispendioso. Chiese ,in detta nota, la reciprocità in materia religiosa con gli stati islamici.
Apriti cielo! Fiumi di accese polemiche a non finire anche all'interno della stessa Chiesa.  Primi fra tutti Don Zega ex direttore di Famiglia Cristiana. Poi, come è ovvio, il leader dell'UCOII (fratelli musulmani) Hamza Piccardo. Don Vitaliano Della Sala, il prete no global denunciò Biffi per odio razziale. Tra i laici, Mario Pirani di Repubblica, Michele Serra che lo accusò di volere la legge dell'occhio per occhio, dente per dente. A sinistra Biffi fu difeso solo da Giovanni Sartori. A destra, dalla Lega. In quegli stessi giorni il vescovo di Como Alessandro Maggiolini gli offrì (tra i pochi) supporto dichiarando: "Non esiste il diritto di invasione e di converso non c'è il dovere di lasciarsi invadere".
Poi avvenne quel che sappiamo: l'11 settembre 2001, l'11 marzo 2004, il 7 luglio 2005  e il cardinale bolognese, attualmente a riposo (ma non nella sua mente), lì a ribadire che non si può eludere la questione islamica tenendola separata dalla questione del terrorismo quasi che esso fosse senza radici e senza matrici culturali. A Biffi curiosamente  toccò lo stesso destino di Oriana: amato dal popolo, vilipeso da intellettuali e politici. 
La settimana di ferro, di fuoco e di violenze di ogni genere della Francia ci riporta alla ribalta quelle sue stesse intelligenti indicazioni fatte in tempi non sospetti. 
"Non si può integrare chi non ama la Francia nella Francia che professa di non amarsi", asserisce con vigore l'intellettuale ebreo-francese Alain Finkielkraut, inorridito da quanto accade nelle banlieues. E racconta al Foglio che era già tutto scritto in un rapporto del ministero della Pubblica Istruzione, "dove gli studenti alla domanda sulla loro nazionalità, ripondevano musulmana e non francese e dicevano di rifiutare i filosofi dell'età del Lumi. Ovvio che rifiutino l'integrazione: il volto della Marianna non può limitarsi a essere solo quello attraente ma secolare di Brigitte Bardot,  di Catherine Deneuve o di Laetitia Casta. Alla République è stato inferto un vulnus  assai grave. Un viol  (stupro, in francese) di cui recherà danno per molto tempo. Poiché, come ha preconizzato il card. Giacomo Biffi, l'Europa che davvero vuole risorgere  e preservarsi dagli assalti brutali sarà cristiana o non sarà affatto.

08 November 2005

Alle origini delle fiamme di Parigi


Quel che stiamo vivendo in questi ultimi 12 giorni, in queste ore a Parigi e per tutta la Francia era già tutto previsto. Chi lo ha fatto si è beccato il titolo di Cassandra menagrama, l'accusa di chi vuole fomentare lo scontro di civiltà. Inoltre l'epiteto di razzista e di xenofobo è sempre pronto per tutti coloro che si oppongono a orde di migrazioni selvagge e sono fautori di un'integrazione strettamente sorvegliata e governata in Europa: prima fra tutti il povero Pim Fortuyn, il leader olandese barbaramente assassinato in circostanze ancora tutte da chiarire. La parola a chi ha saputo vedere le fiamme prima che divampassero.

Nel 1993 la Francia emanò una legge che bandiva l'immigrazione dei poligami e autorizzava l'espulsione di quelli che erano già entrati e quindi vivevano con più mogli. Ma i maccabei del Politically Correct e i terzomondisti del vittimismo si misero a strillare in nome dei Diritti-Umani e della Pluralità Etnico-Religiosa. Accusarono i legislatori di intolleranza, razzismo, xenofobia, neo-colonialismo, ed oggi in Francia gli immigrati poligami li trovi ovunque (da "La Forza della Ragione di Oriana Fallaci- p. 55).

A Strasburgo l'Associazione Parlamentare per la Cooperazione Euro-Araba istituì addirittura un comitato permanente di ben 360 funzionari da tenere a Parigi. Quasi nel medesimo tempo la rivistina col terrificante nome di Eurabia venne alla luce, e con ciò eccoci alla prova che nel 1975 l'Europa era già stata venduta all'Islam (...) (p.149 op. cit.)
Tra i provvedimenti speciali della suddetta Associazione:
...Anzitutto "l'esigenza di mettere gli immigrati e le loro famiglie in grado di praticare la vita religiosa e culturale degli arabi". Poi "la necessità di creare attraverso la stampa e i vari organismi di informazione un clima favorevole agli immigrati e alle loro famiglie". Infine, quella di "esaltare attraverso la stampa e il mondo accademico il contributo dato dalla cultura araba allo sviluppo europeo". Temi questi che vennero ripresi con le seguenti parole: "Insieme all'inalienabile diritto di praticare la loro religione e di mantenere stretti legami coi loro paesi d'origine, gli immigrati avranno quello di esportare in Europa, la loro cultura...". (p.151-152 da "La Forza della Ragione").
Chi arriva in Europa provenendo da un paese musulmano è incoraggiato all'isolamento autoimposto o favorito dal contesto delle comunità islamiche che tentano tutte di conservare lo stesso atteggiamento nei confronti del mondo esterno. La Lega araba europea, un'associazione di difesa dei musulmani operativa in Belgio e in Olanda dichiara di credere nella "società multiculturale come un modello politico e sociale dove culture differenti coesistono con diritti uguali sotto la stessa legge". Respinge con sdegno l'idea di un'assimilazione o integrazione nella società europea. "Non vogliamo essere assimilati o diventare una specie di via di mezzo. Vogliamo mantenere la nostra identità, insegnare ai nostri bambini la lingua, la storia araba e la fede islamica" ( "Fiamme multiculturali" da il Foglio di venerdi 4 novembre - editoriale a cura di Giuliano Ferrara ).
Non è il generico mondo degli "extracomunitari" a scatenare le rivolte - ora e in futuro, oggi in Francia, domani qui - ma una sua componente precisa e ben identificabile, quella islamica. In Europa, infatti, non ci sono mai state ribellioni, né spontanee né organizzate, da parte delle comunità filippine, dell'Est, o del Sud America, assai più numerose di quelle musulmane. Il discrimine è dunque quello religioso: da una parte gli extracomunitari ebrei, cattolici o cristiani, che si integrano più facilmente, pur tra mille difficoltà, nel nostro tessuto sociale; dall'altra le comunità islamiche riottose ad accettare le nostre regole, le nostre usanze e tendenti invece a imporre regole che garantiscano la loro diversità, se non ancora a tentare di imporla a tutti. E' il mondo islamico, del resto a essere aggressivo verso i diversi e gli infedeli". ("Violenza islamica" da "Il Giornale" di domenica 6 novembre - editoriale a cura di Giordano Bruno Guerri).
Sono questi, tre tipi di interventi che ridimensionano profondamente le anguste interpretazioni tipiche del sociologismo anni '60 che la maggior parte dei giornali e dei media tende ancor oggi ad accreditare: quelle del degrado delle periferie, degli agglomerati urbani istigatori di odio e di discordie, della ghettizzazione e della segregazione (anche se cercata e autoimposta). Va inoltre aggiunto che in queste banlieues parigine i primi a tagliare la corda sono stati cittadini ebrei, seguiti a ruota da indiani. Le ragioni sono fin troppo evidenti! Ma di questo si tace sia sui giornali francesi che su quelli italiani. Ivi compreso sul nostro Corriere della Sera che ieri concedeva un'intervista a Oreste Scalzone di Potere Operaio: più che Scalzone, un vero mascalzone, viste le sue posizioni sul terrorista Cesare Battisti. Sono personaggi che in queste ore è meglio perderli che trovarli. Invece si offre loro una visibilità mediatica del tutto fuori luogo.

02 November 2005

La guerra di Piero e gli elogi del Corriere

Caduto nella nassa di Nessie: Piero Fassino
 
Oddio! Pescare Piero Fassino non è pesca grossa. In nessun senso. Specialista nel fare il Re Tentenna, ogni volta che il povero Piero  fa un passo avanti, è costretto a farne poi due o tre indietro. Perciò - mi chiedo io - che cosa ha detto  e fatto di così straordinario per meritare di essere oggetto di elogi sperticati da parte di Pierluigi Battista sul Corriere, il quale gli ha dedicato nientemeno che un recente editoriale?! Mah...ha detto che andrà alla fiaccolata del 3 novembre per il diritto all'esistenza di Israele, manifestando davanti all'Ambasciata iraniana.
Lodevole da parte sua, ma a dire la verità, Fassino non è nuovo a queste trovate. E non fa in tempo ad annunciarle che, se anche non le mette in atto, ecco la stampa più accreditata, già bell'e pronta lì a  spellarsi la mani e ad applaudire. Calma, calma. Aspettiamo a vedere come evolvono le cose. E quasi sempre finisce che tra il dire e il fare c'è di mezzo quel che sappiamo. La stampa di prestigio si commosse fino alle lacrime, quando l'indomani delle elezioni irachene, lui affermò che i veri resistenti erano loro, gli elettori e le elettrici iracheni col dito blu, accorsi in massa alle urne a rischio di saltare per aria. Poi sull'Iraq si votò in Parlamento per rifinanziare la missione di peace keeping dei nostri soldati a Nassiriya, ma Fassino e i suoi votarono contro.  E il prode Corrierone multicolor? Credete forse che gli rinfacciò l'incongruenza?
Domani non credo che ci sarà il Mussi (detto il piccolo hitler toscano) lì in corteo con lui. E nemmeno i suoi compagni dell'Unione arcobalenista Rizzo, Diliberto, Cento, Pecoraro Scanio  e Bertinotti. Perché Piero la sua guerra contro il terrorismo del fondamentalista  iraniano Ahmadinejad e contro le relative minacce d'estinzione a Israele, se  la farà solitaria e in singolar tenzone. Anzi, "a titolo personale". Mi piace questa faccenda del  a-titolo-personale. Quando c'è stato da mobilitare tutto l'apparato organizzativo dei DS contro il ddl Moratti, il Piero ha dimostrato di essere ben capace di scendere in campo con la sua gioiosa macchina da guerra. Perché non in questa occasione? Ma soprattutto perché al Corriere Pierluigi Battista, Paolo Franchi, Massimo Franco o Michele Salvati non glielo ricordano?
Un'iniziativa geniale  e meritoria quella di Giuliano Ferrara e de Il Foglio. Non solo giusta e sacrosanta per saggiare chi sono davvero gli amici, i falsi amici e i nemici di Israele. Ma anche per rilevare il potenziale livello di unità e di coesione della cosiddetta Unione.
E in politica estera sappiamo che a sinistra cascano sempre gli asini e gli asinelli alla Parisi. Ma perché Fassino, dello schierarsi in modo unitario per il diritto all'esistenza di Israele, non ne fa un punto d'onore per il suo partito? Beh, io ho una mia personale opinione nel merito.
-  Fassino sa che il suo partito si spaccherebbe, poiché molti dei suoi quadri antisionisti se ne andrebbero nel Prc con Bertinotti
   (lo ha fatto anche Pietro Folena per altre questioni politiche).
 - Fassino non è un vero leader capace di prendere decisioni e misure impopolari, ma un apparatchik erede di una vecchia 
   concezione di partito, basata sul centralismo democratico.
 - Siamo già entrati in campagna elettorale e presentare agli occhi degli Italiani un partito disarmonico e un'ancor più disarmonica     coalizione, non è per lui conveniente.
Ergo, domani Piero sfilerà in corteo. A titolo personale, ovviamente. Pronto ad altri tentennamenti su altri questioni cruciali di politica estera: un passo  avanti e due indietro. A proposito, ma non era Lenin il teorico di questa singolare danza?